15/04/15

Nevil Shute, LE DUE FRONTIERE

1956. Traduzione di B. Tasso. Milano, Mondadori, 1967


Nato in Inghilterra nel 1899, ingegnere aeronautico, costruttore di aviogetti, scrittore, Nevil Shute Norway emigrò con la famiglia in Australia nel 1950, dove visse in una fattoria di sua proprietà fino alla morte (nel 1960).

L’esperienza australiana è dunque di prima mano e connotata da ammirazione per la natura, le attività rurali e pionieristiche, le culture autoctone.

Le due frontiere è un titolo italiano effettivamente adatto, in parte, alla tematica, dato che il protagonista Stanton Laird proviene dall’Oregon, in una regione degli Stati Uniti già caratterizzata da elettrodomestici, consumismo, villette, classe media, pubblicità, come viene messo in rilievo con frequenza nel romanzo, ma allo stesso tempo solo una cinquantina d’anni (siamo nel 1955) dopo la fine della “frontiera” occidentale, ovvero la cultura dei coloni, degli indiani, delle esplorazioni, delle immigrazioni massicce di europei e persone di altri continenti in cerca di fortuna, dunque con una memoria collettiva ancora viva di quel periodo.

Ciò permette a Stanton di comprendere, almeno parzialmente, la “frontiera” australiana, dove si reca per conto di una società petrolifera per trivellare una zona in cui vivono sparsi proprietari terrieri, sulle fattorie denominate “stations” in Australia (e malamente tradotte con la parola italiana “stazioni”, che veramente non fa capire cosa siano): aree vastissime, talora, come la proprietà dei fratelli Regan, pastori su vasta scala, ricchi ma dediti a una vita primitiva, dura e frugale, in lotta con la calura feroce e la siccità, in una situazione etica insolita, in cui la moglie di uno dei due fratelli, dopo aver avuto dei figli tanto dal primo marito, quanto dal secondo, il primo dei due fratelli, Tom, si unisce al secondo fratello, Pat, senzza sposarlo, e vivono tutti insieme, tra parecchi figli bianchi e alcuni mulatti, nati da precedenti unioni dei fratelli con donne aborigene.

Con riferimento alla vita dei Regan e al tipo di attività e livello di sviluppo, la zona australiana, che nel romanzo viene denominata Lunatic, è meglio definita dal titolo inglese: Beyond the Black Stump, al di là del ceppo nero, ovvero del punto convenzionalmente indicante in Australia la fine delle zone in qualche modo urbanizzate e l’inizio della vita selvatica.

Molly, una delle figlie di Pat, è cresciuta in questa situazione, con una cultura impartita, intelligentemente, da un ex giudice che vive sulla sua proprietà e in parte dalle scuole, e una personalità al contempo giudiziosa e sincera. L’attrazione di lei per il consumismo statunitense, ancora non esistente nel Western Australia a quel tempo, e l’interesse di lui per la sua personalità e bellezza, li portano l’uno verso l’altra.

È l’incontro di due culture, il cui esito resta in sospeso fino alle ultime pagine. Quando Molly va nell’Oregon a conoscere i futuri suoceri, viene trattata con gentilezza, ma presto si determina il pregiudizio della provincia statunitense sui fratellastri e sorellastre di colore della ragazza, per esempio, e su altri fattori discriminanti.

Stanton, frattanto, con onestà, racconta la propria storia di adolescenza a Molly. A sedici anni, in un periodo diciamo di “gioventù bruciata”, aveva giocato con amici al gioco rischioso di scontrarsi con la macchina contro la macchina di altri giovani: in una collutazione con l’auto di Stanton, una ragazza era morta mentre partecipava al gioco. All’ospedale si era scoperto che un’altra ragazza ferita nello stesso gioco, Ruth, era incinta: sicuramente di Stanton, ma aveva indicato come padre un altro ragazzo della compagnia, Chuck, decidendo di sposare lui. Stanton si era ravveduto, non toccava più alcool e si era avviato seriamente a una professione rispettabile, lavorando con scrupolo. Ciò che stupisce Stanton è la mancanza di falso perbenismo di Molly: non la offende che il futuro marito, a sedici anni, avesse avuto un figlio da un’altra, ma che lui non si renda conto di avere ucciso una ragazza investendola e attribuendo la responsabilità alla casualità, a un incidente.

La situazione è trattata dall’autore con civiltà e delicatezza. I sentimenti di Stanton e Molly sono contraddittori. Lei alla fine decide di non sposarlo perché capisce che appartengono a due mondi diversi, gli consiglia anzi di unirsi con Ruth, rimasta frattanto vedova. Stanton pensa che Molly si fidanzerà con David, un inglese innamorato di lei e che vive su una proprietà particolarmente arida, confinate con la sua, e prima che riparta per l’Australia, non senza generosità, le regala una cartografia delle trivellazioni, che ha riscontrato l’assenza di petrolio, ma la presenza abbondante di acqua in vari punti della fattoria dell’inglese.

L’incontro di culture è simmetricamente raddoppiato da un racconto dentro il racconto: i fratelli Regan erano nazionalisti irlandesi che avevano partecipato all’insurrezione del 1916 e ai fatti storici degli anni successivi, sempre in funzione antinglese, mentre il padre di David faceva parte dei Black and Tans. Pur appartenendo a due tradizioni contrapposte, tanti anni dopo quelle vicende, in Australia, è possibile una convivenza e un mutuo soccorso nato dall’umanità che li accomuna e dalle esigenze di sopravvivenza.

È un romanzo al contempo di avventure e di riflessione.


[Roberto Bertoni]