05/12/14

Ko Un, COS’È?



Trad. di Vincenza D’Urso, Roma, Nottetempo, 2013 (Ed. Kindle)


Quello che più ha colpito l’estensore di queste note nel libro di Ko Un è il pervicace disfarsi di luoghi comuni e idee ricevute, il fare a meno delle definizioni stantie, il rinnovare la conoscenza del mondo. Così in “Ananda”: “Getta via tutto ciò che sai. / Getta via tutto ciò che non sai. / Solo allora brillerà una stella”.

In “I canneti sull’isola di Cheju”, l’essere che percepisce il paesaggio non è una persona, ma “uno spaventapasseri” e sta in posizione intermedia “nel mezzo”, di modo che il mondo lo percepisce mentre lui percepisce il mondo: “lui guarda il mare, / il mare guarda lui”; la conoscenza si produce nell’interazione tra soggetto e oggetto.

In “Onde”, l’osservazione assorbe la complessità dell’insieme, rendendola con una lingua semplice, percorsa da ironia:

“Guarda! Diecimila onde si muovono
Perché se n’è mossa una?
No.
Le diecimila onde si muovono tutte
nello stesso istante.
Si vede che la prima era già fuori posto”.

Animati dalla filosofia del Buddhismo coreano Sǒn, questi componimenti ridisegnano l’approccio alle cose e alla vita. L’autore chiarisce nella prefazione che “Il Sǒn non si prefigge di giungere alla verità di tutte le cose rifiutandole”, nondimeno è difficile non pensare, quando si legge la poesia di Ko Un, che l’assodato possa resistere. In “Semplicemente”, con un paradosso:

“La strada che ciascuno di noi oggi percorre,
dice di percorrerla
perché qualcuno gli ha detto di farlo.
L’acqua che scorre giù dai monti
diciamo che scorre
perché qualcuno le dice di farlo.
Va compatita, la saggezza del mondo”.

Kevin O’Rourke scrive:

“Ko Un tells us that ‘Sǒn (Zen) comes alive by first denying speech and writing’. […] I think he means by this that Sǒn goes to the heart of experience, in the process cutting through the hypocrisy and pretentiousness of much of our speech and writing. […] Ko Un tells us that Sǒn literature is an intense act of the mind liberated from the established systems of speech and writing” [1].



[Roberto Bertoni]




[1] Recensione a Ko Un, Beyond Self: 108 Korean Zen Poems, transl. Kim Yoong-Moo and Brother Anthony, Berkeley, Parallax, 1997. La recensione in Korean Literature Today, 3.1, 1998