Nel palmo della mano le dita della vita
scalano conversazioni nomadi cercando insperati esterni
la fame densa che astri rilevano malvestita
come fossero sempre così i rifugiati
dirimpettai dei nostri marciapiedi
neppure la mano interroga se stessa
nella divinazione uno spettro si aggira vuoto
fa intravedere una rimozione
la fame densa che astri rilevano malvestita
come fossero sempre così i rifugiati
dirimpettai dei nostri marciapiedi
neppure la mano interroga se stessa
nella divinazione uno spettro si aggira vuoto
fa intravedere una rimozione
l’eco irradia generazioni disgregate dai sogni
a fiato corto piedi scalzati da nettuno
come Omero un’ondivaga cresta abita
esseri in penombra
s’infiltrano incognite costringono passi a due
per tornare agli astri incompleti
né santi o improvvisati uno spartiacque
fra il braccio e l’indice dei nomi
a fiato corto piedi scalzati da nettuno
come Omero un’ondivaga cresta abita
esseri in penombra
s’infiltrano incognite costringono passi a due
per tornare agli astri incompleti
né santi o improvvisati uno spartiacque
fra il braccio e l’indice dei nomi
in ogni dito c’è un viaggio
e l'assedio del tema natale che ritiro dal tempo