19/07/14

Lucien Goldmann, PER UNA SOCIOLOGIA DEL ROMANZO

Ed. originale 1964. Traduzione dal francese di G. Buzzi: Milano, Bompiani, 1967


Quanto resta della cultura di mordente sociale e letterario degli anni Sessanta? Da un lato le avanguardie letterarie hanno compiuto il loro corso; e risulta sensato l’approccio di un contemporaneo a quella fase, Goldmann appunto, che in Natalie Sarraute e Robbe-Grillet cercava una tematica e una rappresentazione della realtà piuttosto che accodarsi alla celebrazione dell’innovazione linguistica. Sebbene Goldmann riconosca in Robbe-Grillet “le modificazioni che il contenuto ha fatto subire alla forma romanzesca”, insiste sul fatto che “se si attribuisce alla parola realismo il significato di creazione di un mondo la cui struttura è analoga alla struttura essenziale della realtà sociale in seno alla quale l’opera è stata scritta, Natalie Sarraute e Robbe-Grillet sono da annoverare tra gli scrittori più radicalmente realisti della letteratura francese contemporanea” (p. 203). In Robbe-Grillet, Goldmann individua la raffigurazione dei “ problemi del rapporto tra il soggetto, il mondo disumanizzato della reificazione e la possibilità della speranza umana” (p. 206). In effetti, se non resta un contenuto, a distanza di tempo dalle polemiche letterarie delle avanguardie, non si darà una permanenza dell’opera nel futuro, cioè nel nostro presente, insomma una qualche trasformazione dell’innovazione in scuola e della provocazione in canone e classicità. Il puro esperimento linguistico ha perso significato in quanto la sua sperimentalità si è dissolta nella recezione di massa di tecniche linguistiche ormai superate.

A sua volta, cosa resta dell’innovazione di metodo di Goldmann medesimo? Qui non sappiamo dare una risposta precisa. A noi tuttora preme una teoria corretta del riflesso e il legame della letteratura con la società, oltre al valore di per sé, sul piano estetico, delle opere che divengono patrimonio culturale collettivo nel trascorrere dei decenni. Goldmann, dunque, è in parte artefice di concezioni compatibili, per quanto datate, con le nostre posizioni. Il suo “strutturalismo genetico” (p. 211) si basa sull’idea che “le realtà umane si presentano come processi a due facce: destrutturazione di strutturazioni antiche e strutturazione di totalità nuove atte a produrre equilibri che possono soddisfare le nuove esigenze dei gruppi sociali che li elaborano” (p. 212); e “le relazioni tra l’opera veramente importante e il gruppo sociale che – grazie alla mediazione del creatore – si trova ad essere, in ultima analisi, il vero soggetto della creazione, sono dello stesso ordine delle relazioni tra gli elementi dell’opera e il suo insieme” (p. 214). Si evidenziava così non solo il rapporto di contenuto tra testo e società, ma anche la compatibilità tra le dimensioni strutturali della letteratura e le “strutture mentali di determinati gruppi sociali” (p. 216).


[Roberto Bertoni]