05/05/14

Edward W. Said, ORIENTALISM

Londra, Routledge and Kegan Paul, 1978


A più di trentacinque anni dalla prima edizione, questo saggio ha tuttora autorevolezza e viene ristampato oltre ad apparire in bibliografia per corsi e relazioni.

Il punto base probabilmente resta valido, se delimitato, oggi, all’interno dello sviluppo dell’argomento e delle dinamiche sociali che si sono avvicendate e susseguite. Il concetto, cioè, che Oriente e Occidente siano nozioni costruite culturalmente (“man-made”, p. 5). L’Oriente, nella mentalità occidentale, non è stato tale in quanto Oriente di per sé, bensì in quanto era passibile di esserlo, era un’interpretazione che individuava gli Europei in relazione ai non Europei, esprimendo un’egemonia europea anziché un approccio paritetico all’Oriente: “representations, not [...] ‘natural’ depictions of the Orient”.

Said reiterava che non si trattava semplicemente di una dinamica di imperialismo culturale, bensì, piuttosto, di una “distribution of geopolitical awareness into aesthetic, scholarly, economic, sociological, historical, and philogical texts” (p. 12).

“Orientalizing the Orient” (p. 167) significò, per i francesi in Egitto e gli inglesi in India, creare una materia di studio che costruisse un’appendice dell’Europa, definendo l’Oriente in alternativa all’Europa e, nei lati negativi così individuati, provvedendo a modificarli “occidentalizzando”. Questo anche nelle versioni apparentemente positive, articolate sul “pellegrinaggio” (p. 168), come in Chateaubriand e Byron, per cui in Oriente l’io si dissolve “in the contemplation of the wonders it creates” ma per poi “enjoy its interpretations” (p. 173).

Restando il valore dell’individuazione dell’idea di Orientalismo, le categorie interpretative di Said si applicano più propriamente agli esempi che scelse che a tutti coloro che hanno parlato dell’Oriente. Oggi una pariteticità di giudizi si verifica con maggiore frequenza, non solo col diffondersi dell’Oriente e delle sue concezioni nelle società occidentali, ma anche per i mutati equilibri geopolitici. Per quanto riguarda l'influenza culturale, l’attenzione va inoltre spostata in gran parte sull’Asia di sud-est piuttosto che sull’Asia occidentale e centrale. Infine, ci sono stati stati il dibattito postcoloniale, di cui tenere conto, e anche il suo superamento parziale nei dibattiti successivi sull’ibridismo e la globalizzazione; pur restando tanto l’idea di Orientalismo che quella di postcolonialismo attive in situazioni specifiche.


[Roberto Bertoni]