["That was an old-fashioned invitation to adopt a new identity" (Glendalough, March 2014). Foto Rb]
Anthony Elliott, Reinvention. Abingdon (Oxford) e New
York, Routledge, 2013
Sulla scorta dell’analisi della società
tardo-moderna, liquida, flessibile, da parte di sociologi quali Bauman, Beck,
Giddens, Sennett, questo volume, proseguendo gli studi di Elliott
sull’individualismo, esamina una manifestazione specifica del comportamento
personale e collettivo in relazione alle modalità di integrazione sociale e di
sviluppo psicologico.
Il concetto base è qui quello di “reinvenzione” di
sé in un’evoluzione costante da un’esperienza di vita, o lavorativa, alla
seguente: reinventare il proprio modo di essere pare essere diventata una
necessità che consente avanzamenti di carriera come pure maggiore sicurezza in
se stessi.
Perché?
Secondo Elliott, una delle ragioni è che “if reinvention reigns supreme it is
because flexibility, adaptability and transformation have become intricately
interwoven with the global electronic economy. In a world of endless corporate
lay-offs, institutional off-shorings and company reorganizations, people are
scrambling to adjust to new definitions and experiences of self, relationships,
intimacies, work and many others”.
Tra le aree d’indagine di Elliott troviamo
l’industria della bellezza, soprattutto le plastiche e altre metamorfosi
cosmetiche, e le diete, elemento quest’ultimo di una nuova moda consumistica
che propone “instant change and fast solutions” a un’altra e opposta moda
consumistica, che è quella del “fast food”, entrambe legate non solo
all’apparenza, ma alla rapidità con cui la trasformazione di sé è oggi
richiesta, in parte a imitazione delle vite illustri delle celebrità del mondo
dello spettacolo, e scendendo a diventare prodotto di massa, diffuso tra strati
ampi della popolazione.
La reinvenzione si collega al neo-individualismo,
che impone il rovesciamento dei segni dell’età e la riformulazione di una vita
personale, dopo esperienze di fallimento come il divorzio o il licenziamento,
in nome non tanto di una produttività accresciuta, quanto di una vanità
istituzionalizzata, determinata a ogni buon conto dalle dinamiche consumistiche
che caratterizzano ogni istante della vita associata contemporanea, per cui un
corpo o una personalità “reinventati” si “vendono” meglio sul mercato del
lavoro, dei sentimenti, delle relazioni interpersonali in genere:
“When we engage in reinvention practices, in
whatever ways, we move away from inherited or traditional notions of what is
considered appropriate ways of doing things, or conventional ways of living
lives. Reinvention is […], in effect, an experiment with possible versions of
the self, an experiment with alternative versions of social life. From this
angle, reinvention can be enabling, indeed freeing; it can however also be
disabling, and even pathological”.
[Roberto Bertoni]