13/05/14

Giacomo Leopardi, IL GALLO SILVESTRE E ALTRI ANIMALI


A cura di Antonio Prete e Alessandra Aloisi. San Cesario di Lecce, Manni, 2010


La bella antologia di opere leopardiane Il gallo silvestre e altri animali, curata da Antonio Prete e Alessandra Aloisi, edita da Manni nel 2010, mostra un nuovo modo di indagare e considerare la produzione letteraria del celebre autore recanatese sotto il segno delle presenze animali.

La subitanea presa d’atto della mole di scritti che Leopardi ha dedicato all’universo animale in tutto l’arco della sua attività creatrice, dall’infanzia alla maturità, con modi sempre differenti, è segno, secondo Prete, della passione dell’autore per la scienza naturale e della sua attenzione alla pluralità e diversità delle forme del vivente.

Le 184 pagine del volume sono arricchite da illustrazioni di Mario Persico e da due disegni dello scrittore, tratti dal Quaderno 3 del Centro Nazionale di Studi Leopardiani, il primo si trova a pagina 108 e rappresenta un cigno, il secondo, a pagina 110, è di un passero. I testi sono raggruppati e divisi e in sei sezioni (quando non sono riportati interamente ma solo dei passi viene dato loro un titolo tra parentesi quadre), tutte introdotte da Alessandra Aloisi, cui segue una notizia bibliografica.
Il volume si apre con una densa riflessione di Prete intitolata Corpo animale e disegno dell’alterità nella quale si da conto del rapporto vivente-natura e natura-civiltà su cui Leopardi si è più volte interrogato. Secondo lo studioso, la presenza animale nei Puerilia è governata da un sentimento di compassione e, insieme, di identificazione; mentre, nel bestiario fantastico degli scritti adolescenziali, Leopardi, mettendo al centro il mito, avrebbe dato vita ad un tipo di produzione erudita che poi, nelle Operette morali si intreccerebbe con il reale. Ovviamente, alla base di tutte queste opere si pone la questione filosofico-comparativa tra l’animale e l’uomo, chiaramente esplicitata nella Dissertazione sopra l’anima delle bestie.

Così, Prete passa in rassegna diversi pensieri dello Zibaldone e mette in evidenza quali siano le differenze e le somiglianze tra animali e uomini nel confronto operato da Leopardi fra questi due esseri. Entrambi sono dotati di ragione e anima, ma si differenziano per la lingua e danno vita ad un diverso tipo di società, una naturale e larga, propria degli animali, e l’altra è la società stretta degli uomini, vincolata da forme di potere. “Tra gli animali lo stesso essere in società ha la sua ragione nel reciproco giovamento di tutti gli individui e nella ricerca del bene pubblico”.[1] Invece, dove domina la diseguaglianza, come negli uomini, non ci può essere alcuna società tant’è che l’uomo risulta il più insociale di tutti gli animali, capace di muovere guerra anche contro i suoi simili. In quest’ultimo aspetto gioca un ruolo tragicamente importante il legame tra civiltà e progresso della tecnica.

Si passa poi a trattare della disposizione alla quiete come stato di privazione dalla noia, ignoranza del tedio e esclusione dell’ansietà che caratterizza gli animali, in quanto essi sono rimasti in perfetto accordo con il vivente della natura. Oltre ai confronti con le Storie Naturali, Prete da conto di altri aspetti che hanno impegnato lo scrittore, come: il non sapere animale, la differenza nel rapporto con il tempo rispetto agli uomini, il riso di questi ultimi, inteso come delirio in confronto al canto degli uccelli. Infine, viene evidenziata la vera preoccupazione di Leopardi rispetto al mondo animale: l’estensione di criteri di giudizio dall’ordine degli uomini a quello delle bestie. L’idea della perfezione umana rispetto alla specie animale è fortemente osteggiata dal recanatese che, al contrario, ritiene l’uomo il più imperfetto fra gli esseri terrestri perché allontanatosi dallo stato di natura. Secondo Prete una tale concezione va spiegata “all’interno della […] riflessione leopardiana intorno a quel tema che è il cuore dell’antropologia leopardiana, cioè l’assuefazione”.[2] Un’antropologia, quindi, che è cosmologica e interessata alla totalità di un universo in cui uomo e animale, con gradi diversi, sono congiunti nello stesso processo di vita e condividono lo stesso destino di souffrance che tocca a tutti gli esseri.

La prima sezione, La favola, introdotta da Alessandra Aloisi, come le restanti, dà conto soprattutto delle prime prove di Leopardi in questo genere letterario in cui egli fa prevalere un atteggiamento burlesco e satirico sovvertendo spesso la morale tradizionale. Particolare rilievo viene dato a I Filosofi, e il Cane, (posto alla fine dei testi che compongono questa sezione) per la ricostruzione del pensiero leopardiano sull’animalità.  Vengono antologizzati, inoltre: L’Uccello; I Fringuelli; La Rosa, il Giglio, e il Serpillo; Epitaffio ad una cagnolina; Dialogo tra il passeggero e la tortora; L’Asino, e la Pecora; Il Pastore, e la Serpe.

Nell’introduzione alla seconda sezione, intitolata Bestiario fantastico, la curatrice spiega come nella produzione leopardiana sia presente non solo la componente razionalistica ma anche una certa ispirazione poetica immaginifica. Così, vengono messe in luce le caratteristiche di alcuni animali favolosi della tradizione biblica, mitologica e letteraria, quali il gallo silvestre, simbolo escatologico nella tradizione ebraica, talmudica e cabalistica, la lince e la fenice. Mentre, facendo riferimento al Saggio sopra gli errori popolari degli antichi sono presi in considerazione anche gli esseri ibridi a metà strada tra uomo e animale, quali i Centauri, gli Arimaspi e i Cinocefali. Pertanto, vengono a comporre questa sezione alcuni passi del Cantico del gallo silvestre e del Saggio sopra gli errori popolari degli antichi intitolati rispettivamente: ‘Del gallo silvestre’, ‘Della fenice’, ‘Della lince’.

La sezione Vita degli animali è dedicata allo sguardo distaccato e filosofico che Leopardi rivolge al mondo animale. Prende spunto dai Disegni letterari (III, 5), in cui l’autore progetta di scrivere un poema didascalico sulle selve e sulle foreste, e dalla considerazione della vita degli animali e delle cose come non dipendente dagli uomini, né da quelli che secondo la scansione del tempo umano sono chiamati avvenimenti. Così Aloisi precisa che:

Nella prospettiva anti-antropocentrica propria di Leopardi, la suddivisione proposta da Buffon tra “storia naturale” e “storia civile”- l’una oggetto di studio dei filosofi, l’altra dei politici-sembra svuotarsi […] di significato […] perché perde consistenza la separazione stessa tra i due diversi tipi di oggetto di cui l’una e l’altra dovrebbero occuparsi.[3]

In sostanza, il mondo umano non sarebbe altro che una parte ristretta della natura e di tutto l’universo in cui l’uomo è solo una delle tante razze di animali fra le altre; la storia civile risulta, allora, annullata in quella naturale che la comprende.

Segue poi la sottosezione Anima, animalità, in cui sono incluse la Dissertazione sopra l’anima delle bestie e la poesia A favore del gatto e del cane insieme ad alcuni passi dello Zibaldone (Zib. 436-437, 22 Dicembre 1820; Zib. 437-440, 22 Dicembre 1820). La seconda sottosezione, Società animale e natura, è composta da: Zib. 209-210, 14 Agosto 1820; Zib. 287-288, 20 Ottobre 1820; Zib. 370, 2 Dicembre 1820; Zib. 3773-3778, 25-30 Ottobre 1823; Zib. 3778-3783, 25-30 Ottobre 1823; Zib. 3789-3795, 25-30 Ottobre 1823; Zib. 4279-4280, 13 Aprile 1827; Zib. 4280, 13 aprile 1827; Zib. 4419, 1 Dicembre 1828. La terza sottosezione ‘Carattere, virtù, costume’ riporta: Zib. 55; Zib. 69; Zib. 2221, 3 Dicembre 1821; Zib. 4180-4181, 3 Giugno 1826; i vv. 105-143 del Canto notturno di un pastore errante dell’Asia; Zib. 1378, 23 Luglio 1821; Zib. 4272, 3 Aprile 1827; Zib. 3510-3512, 24 Settembre 1823; Zib. 4062-4063, 8 Aprile 1824; Zib. 4092, 21 Maggio 1824.

Nell’introduzione alla quarta sezione, Forse s’avess’io l’ale, Alessandra Aloisi si sofferma sulla presenza degli uccelli nell’opera di Leopardi, animali che rispetto all’uomo hanno la capacità di volare e essere liberi. Così, vengono antologizzati: l’Elogio degli uccelli; La metamorfosi del poeta in cigno; Il passero solitario; Zib. 159, 8 Luglio 1820 e Zib. 1716-1717, 16 Settembre 1821.

L’introduzione alla sezione Punto di vista animale e parodia dell’umano si sofferma a considerare come Leopardi, cercando di assumere spesso il punto di osservazione animale, ha di fatto uno sguardo critico, straniante e corrosivo sul mondo umano e le sue certezze, ma anche conoscitivo. Infatti, tale punto di vista consente di vedere la realtà in maniera diversa ed è funzionale anche alla costruzione di una nuova estetica e di una nuova teoria della conoscenza sensibile, in quanto prende in considerazione il modo di sentire animale. Se poi, come già confermato nelle altre sezioni, Leopardi sostiene che gli animali hanno un’anima analoga a quella umana, è ovvio che anche a loro spettino gli stessi privilegi che orgogliosamente credono di possedere solo gli uomini, come, per esempio quello della vita dopo la morte. La parodia di questa presunzione tipicamente umana, attribuita agli animali, si riscontra nel Canto ottavo dei Paralipomeni della Batracomiomachia, antologizzato nelle stanze 20-27; nelle stanze 40-51 del Canto settimo e nelle 33-44 del Canto sesto che chiudono questa sezione. Prima si trovano: Dialogo di un cavallo e un bue; un passo tratto dal Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica; Zib. 49; Zib. 67;  Zib. 155-156, 6 Luglio 1820; Zib. 156-157, 7 Luglio 1820; Zib. 158-159, 7 Luglio 1820; Zib. 1578-1579, 28 Agosto 1821.

L’ultima sezione è dedicata al rapporto uomo-animale che, secondo Leopardi, spesso si basa sulla violenza e sulla brutalità del primo sul secondo. In proposito, Alessandra Aloisi fa notare come lo scrittore in più pagine dello Zibaldone, nei Ricordi d’infanzia e di adolescenza e nei Sonetti in persona di ser Pecora fiorentino beccaio testimoni la violenza gratuita e immotivata di alcuni uomini ai danni di animali deboli e indifesi. Tale violenza sarebbe frutto e segno della dimenticanza da parte dell’uomo della comune appartenenza al mondo animale.[4] Si ricorda, infatti, come in Zib. 1658 Leopardi concepisca un’immagine della natura come ‘sistema di assuefazione’ che si basa sui concetti di qualità, disposizioni a essere e disposizioni a poter essere, che consentono di passare per gradi dall’inorganico all’organico, dal piano dell’esistenza a quello della vita, dalla materia alla forma, senza soluzione di continuità. I testi riportati in questa sezione dimostrano, dunque, che per Leopardi la vita è un grado di conformabilità, è il prevalere delle disposizioni sulle qualità e del divenire e della differenza sull’identità. L’uomo e l’animale vengono allora collocati sullo stesso piano e si cancella la presunzione di una differenza di natura. La differenza tra i due è solo accidentale e non necessaria, è di grado e non di natura e, in questo senso, anche il linguaggio articolato, propriamente umano, non sarebbe il segno di una superiorità o di una raggiunta perfezione voluta dalla natura, ma il segno dell’imperfezione degli uomini. Il linguaggio, cioè, viene considerato come la faticosa conquista di un perfezionamento che non è la vera e metafisica perfezione che porta alla felicità. Così, in ragione della comune appartenenza alla totalità della natura, il rapporto tra l’uomo e le bestie può essere caratterizzato anche dalla compassione, intesa come virtù innata comune a tutti gli esseri, che porta non solo i più forti a soccorrere i più deboli ma anche alla condivisione della sofferenza fra tutti gli esseri senzienti di fronte all’indifferenza della natura. Per questo motivo, l’ultima sezione è divisa in altre due sottosezioni intitolate rispettivamente: ‘Tra violenza e rimozione’ e ‘Della compassione’. La prima comprende i cinque Sonetti in persona di ser Pecora fiorentino beccaio; un passo dei Ricordi d’infanzia e di adolescenza, marzo-maggio 1819; diversi passi di Zib: 204, 19 agosto 1820; 238, 2 Settembre 1820; 1630, 5 Settembre 1821; 1761-1763, 21 Settembre 1821; 1764, 21 Settembre 1821; 1786-1787, 24 Settembre 1821; 3974-3975, 11 Dicembre 1823; 1960-1961, 20 Ottobre 1821; 2692-2693, 16 Maggio 1823; 1102, 28 Maggio 1821; 2588-2589, 30 Luglio 1822; 2895-2900, 6 Luglio 1823; 3374-3382, 8 Settembre 1823. La seconda sottosezione antologizza altri quattro passi tratti dallo Zibaldone: il 29; il 3554-3556 del 29-30 Settembre 1823; il 3765-3767 del 24 Ottobre 1823 e il 4233 del 9 Aprile 1825.

Come si vede, l’antologia porta a riflettere su un autore che compone il canone dei classici della letteratura Italiana da un punto di vista nuovo e insolito rispetto ad un argomento ancora così complesso e tanto attuale sul quale i diversi saperi continuano ad interrogarsi oggi come allora.

Se la parte iniziale scritta da Prete fa la summa di tutti gli aspetti toccati da Leopardi sul tema animali-uomo, sviscerandoli e conducendoli sapientemente ad un unicum complessivo del pensiero dell’autore a riguardo; le varie sezioni introdotte da Alessandra Aloisi si soffermano ad approfondire ognuno di questi aspetti da cui poi deriva la scelta dei testi antologizzati. Pertanto, in ragione della sua stessa produzione letteraria e filosofica, Leopardi ci lascia una concezione dell’uomo che lo pone, alla pari degli altri esseri dell’universo, come uno dei tanti partecipanti alla vita, che si differenziano fra loro soprattutto in base al loro grado di sensibilità. Questa antologia contribuisce al ricordo di tale lascito stimolando il vivo interesse di coloro i quali si interrogano da sempre sulla vita e sul mondo.


[Maria Luisa Pani]






[1] Antonio Prete, Corpo Animale e disegno dell’alterità, in Giacomo Leopardi, Il Gallo silvestre e altri animali, a cura di Antonio Prete e Alessandra Aloisi, San Cesario di Lecce, Manni, 2010, p. 10.
[2] Ibidem, p. 15.
[3] Alessandra Aloisi, Vita degli animali. Introduzione, cit, p. 49.
[4] Cfr. Antonio Prete, La traccia animale in Il pensiero poetante, [1980], nuova ed. ampliata, Milano, Feltrinelli, 2006, pp.166-77.