A cura di Antonio Prete e Alessandra Aloisi. San Cesario di Lecce, Manni, 2010
La bella antologia di opere
leopardiane Il gallo silvestre e altri
animali, curata da Antonio Prete
e Alessandra Aloisi, edita da Manni nel 2010, mostra un nuovo modo di indagare
e considerare la produzione letteraria del celebre autore recanatese sotto il
segno delle presenze animali.
La subitanea presa d’atto della
mole di scritti che Leopardi ha dedicato all’universo animale in tutto l’arco
della sua attività creatrice, dall’infanzia alla maturità, con modi sempre
differenti, è segno, secondo Prete, della passione dell’autore per la scienza
naturale e della sua attenzione alla pluralità e diversità delle forme del
vivente.
Le 184 pagine del volume sono
arricchite da illustrazioni di Mario Persico e da due disegni dello scrittore, tratti
dal Quaderno 3 del Centro Nazionale di Studi Leopardiani, il primo si trova a
pagina 108 e rappresenta un cigno, il secondo, a pagina 110, è di un passero. I
testi sono raggruppati e divisi e in sei sezioni (quando non sono riportati
interamente ma solo dei passi viene dato loro un titolo tra parentesi quadre), tutte
introdotte da Alessandra Aloisi, cui segue una notizia bibliografica.
Il volume si apre con una densa
riflessione di Prete intitolata Corpo
animale e disegno dell’alterità nella quale si da conto del rapporto
vivente-natura e natura-civiltà su cui Leopardi si è più volte interrogato.
Secondo lo studioso, la presenza animale nei Puerilia è governata da un sentimento di compassione e, insieme, di
identificazione; mentre, nel bestiario fantastico degli scritti adolescenziali,
Leopardi, mettendo al centro il mito, avrebbe dato vita ad un tipo di
produzione erudita che poi, nelle Operette
morali si intreccerebbe con il reale. Ovviamente, alla base di tutte queste
opere si pone la questione filosofico-comparativa tra l’animale e l’uomo, chiaramente
esplicitata nella Dissertazione sopra
l’anima delle bestie.
Così, Prete passa in rassegna
diversi pensieri dello Zibaldone e
mette in evidenza quali siano le differenze e le somiglianze tra animali e
uomini nel confronto operato da Leopardi fra questi due esseri. Entrambi sono
dotati di ragione e anima, ma si differenziano per la lingua e danno vita ad un
diverso tipo di società, una naturale e larga, propria degli animali, e l’altra
è la società stretta degli uomini, vincolata da forme di potere. “Tra gli
animali lo stesso essere in società ha
la sua ragione nel reciproco giovamento di tutti gli
individui e nella ricerca del bene
pubblico”.[1]
Invece, dove domina la diseguaglianza, come negli uomini, non ci può essere
alcuna società tant’è che l’uomo risulta il più insociale di tutti gli animali,
capace di muovere guerra anche contro i suoi simili. In quest’ultimo aspetto gioca
un ruolo tragicamente importante il legame tra civiltà e progresso della
tecnica.
Si passa poi a trattare della
disposizione alla quiete come stato di privazione dalla noia, ignoranza del
tedio e esclusione dell’ansietà che caratterizza gli animali, in quanto essi
sono rimasti in perfetto accordo con il vivente della natura. Oltre ai
confronti con le Storie Naturali, Prete da conto di altri aspetti che hanno
impegnato lo scrittore, come: il non sapere animale, la differenza nel rapporto
con il tempo rispetto agli uomini, il riso di questi ultimi, inteso come
delirio in confronto al canto degli uccelli. Infine, viene evidenziata la vera
preoccupazione di Leopardi rispetto al mondo animale: l’estensione di criteri
di giudizio dall’ordine degli uomini a quello delle bestie. L’idea della
perfezione umana rispetto alla specie animale è fortemente osteggiata dal
recanatese che, al contrario, ritiene l’uomo il più imperfetto fra gli esseri
terrestri perché allontanatosi dallo stato di natura. Secondo Prete una tale
concezione va spiegata “all’interno della […] riflessione leopardiana intorno a
quel tema che è il cuore dell’antropologia leopardiana, cioè l’assuefazione”.[2]
Un’antropologia, quindi, che è cosmologica e interessata alla totalità di un
universo in cui uomo e animale, con gradi diversi, sono congiunti nello stesso
processo di vita e condividono lo stesso destino di souffrance che tocca a tutti gli esseri.
La prima sezione, La favola, introdotta da Alessandra
Aloisi, come le restanti, dà conto soprattutto delle prime prove di Leopardi in
questo genere letterario in cui egli fa prevalere un atteggiamento burlesco e
satirico sovvertendo spesso la morale tradizionale. Particolare rilievo viene
dato a I Filosofi, e il Cane, (posto
alla fine dei testi che compongono questa sezione) per la ricostruzione del
pensiero leopardiano sull’animalità. Vengono
antologizzati, inoltre: L’Uccello; I
Fringuelli; La Rosa, il Giglio, e il Serpillo; Epitaffio ad una cagnolina; Dialogo
tra il passeggero e la tortora; L’Asino, e la Pecora; Il Pastore, e la Serpe.
Nell’introduzione alla seconda
sezione, intitolata Bestiario fantastico,
la curatrice spiega come nella produzione leopardiana sia presente non solo la
componente razionalistica ma anche una certa ispirazione poetica immaginifica.
Così, vengono messe in luce le caratteristiche di alcuni animali favolosi della
tradizione biblica, mitologica e letteraria, quali il gallo silvestre, simbolo
escatologico nella tradizione ebraica, talmudica e cabalistica, la lince e la
fenice. Mentre, facendo riferimento al Saggio
sopra gli errori popolari degli antichi sono presi in considerazione anche gli
esseri ibridi a metà strada tra uomo e animale, quali i Centauri, gli Arimaspi
e i Cinocefali. Pertanto, vengono a comporre questa sezione alcuni passi del Cantico del gallo silvestre e del Saggio sopra gli errori popolari degli
antichi intitolati rispettivamente: ‘Del gallo silvestre’, ‘Della fenice’,
‘Della lince’.
La sezione Vita degli animali è dedicata allo sguardo distaccato e filosofico
che Leopardi rivolge al mondo animale. Prende spunto dai Disegni letterari (III, 5), in
cui l’autore progetta di scrivere un poema didascalico sulle selve e sulle
foreste, e dalla considerazione della vita degli animali e delle cose come non dipendente
dagli uomini, né da quelli che secondo la scansione del tempo umano sono
chiamati avvenimenti. Così Aloisi precisa che:
Nella prospettiva anti-antropocentrica
propria di Leopardi, la suddivisione proposta da Buffon tra “storia naturale” e
“storia civile”- l’una oggetto di studio dei filosofi, l’altra dei
politici-sembra svuotarsi […] di significato […] perché perde consistenza la
separazione stessa tra i due diversi tipi di oggetto di cui l’una e l’altra
dovrebbero occuparsi.[3]
In sostanza, il mondo umano non
sarebbe altro che una parte ristretta della natura e di tutto l’universo in cui
l’uomo è solo una delle tante razze di animali fra le altre; la storia civile risulta,
allora, annullata in quella naturale che la comprende.
Segue poi la sottosezione Anima, animalità, in cui sono incluse la
Dissertazione sopra l’anima delle bestie
e la poesia A favore del gatto e del cane
insieme ad alcuni passi dello Zibaldone
(Zib. 436-437, 22 Dicembre 1820; Zib. 437-440, 22 Dicembre 1820). La
seconda sottosezione, Società animale e
natura, è composta da: Zib. 209-210,
14 Agosto 1820; Zib. 287-288, 20
Ottobre 1820; Zib. 370, 2 Dicembre
1820; Zib. 3773-3778, 25-30 Ottobre
1823; Zib. 3778-3783, 25-30 Ottobre
1823; Zib. 3789-3795, 25-30 Ottobre
1823; Zib. 4279-4280, 13 Aprile 1827;
Zib. 4280, 13 aprile 1827; Zib. 4419, 1 Dicembre 1828. La terza
sottosezione ‘Carattere, virtù, costume’ riporta: Zib. 55; Zib. 69; Zib. 2221, 3 Dicembre 1821; Zib. 4180-4181, 3 Giugno 1826; i vv.
105-143 del Canto notturno di un pastore
errante dell’Asia; Zib. 1378, 23
Luglio 1821; Zib. 4272, 3 Aprile
1827; Zib. 3510-3512, 24 Settembre
1823; Zib. 4062-4063, 8 Aprile 1824; Zib. 4092, 21 Maggio 1824.
Nell’introduzione alla quarta sezione,
Forse s’avess’io l’ale, Alessandra
Aloisi si sofferma sulla presenza degli uccelli nell’opera di Leopardi, animali
che rispetto all’uomo hanno la capacità di volare e essere liberi. Così,
vengono antologizzati: l’Elogio degli
uccelli; La metamorfosi del poeta in cigno; Il passero solitario; Zib. 159,
8 Luglio 1820 e Zib. 1716-1717, 16
Settembre 1821.
L’introduzione alla sezione Punto di vista animale e parodia dell’umano
si sofferma a considerare come Leopardi, cercando di assumere spesso il punto
di osservazione animale, ha di fatto uno sguardo critico, straniante e
corrosivo sul mondo umano e le sue certezze, ma anche conoscitivo. Infatti,
tale punto di vista consente di vedere la realtà in maniera diversa ed è
funzionale anche alla costruzione di una nuova estetica e di una nuova teoria
della conoscenza sensibile, in quanto prende in considerazione il modo di
sentire animale. Se poi, come già confermato nelle altre sezioni, Leopardi sostiene
che gli animali hanno un’anima analoga a quella umana, è ovvio che anche a loro
spettino gli stessi privilegi che orgogliosamente credono di possedere solo gli
uomini, come, per esempio quello della vita dopo la morte. La parodia di questa
presunzione tipicamente umana, attribuita agli animali, si riscontra nel Canto ottavo dei Paralipomeni della Batracomiomachia, antologizzato nelle stanze
20-27; nelle stanze 40-51 del Canto settimo
e nelle 33-44 del Canto sesto che
chiudono questa sezione. Prima si trovano: Dialogo
di un cavallo e un bue; un passo tratto dal Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica; Zib. 49; Zib. 67; Zib. 155-156,
6 Luglio 1820; Zib. 156-157, 7 Luglio 1820; Zib. 158-159, 7 Luglio
1820; Zib. 1578-1579, 28 Agosto 1821.
L’ultima sezione è dedicata al
rapporto uomo-animale che, secondo Leopardi, spesso si basa sulla violenza e
sulla brutalità del primo sul secondo. In proposito, Alessandra Aloisi fa
notare come lo scrittore in più pagine dello Zibaldone, nei Ricordi
d’infanzia e di adolescenza e nei Sonetti
in persona di ser Pecora fiorentino beccaio testimoni la violenza gratuita
e immotivata di alcuni uomini ai danni di animali deboli e indifesi. Tale
violenza sarebbe frutto e segno della dimenticanza da parte dell’uomo della
comune appartenenza al mondo animale.[4] Si
ricorda, infatti, come in Zib. 1658
Leopardi concepisca un’immagine della natura come ‘sistema di assuefazione’ che
si basa sui concetti di qualità, disposizioni a essere e disposizioni a poter
essere, che consentono di passare per gradi dall’inorganico all’organico, dal
piano dell’esistenza a quello della vita, dalla materia alla forma, senza
soluzione di continuità. I testi riportati in questa sezione dimostrano,
dunque, che per Leopardi la vita è un grado di conformabilità, è il prevalere
delle disposizioni sulle qualità e del divenire e della differenza
sull’identità. L’uomo e l’animale vengono allora collocati sullo stesso piano e
si cancella la presunzione di una differenza di natura. La differenza tra i due
è solo accidentale e non necessaria, è di grado e non di natura e, in questo
senso, anche il linguaggio articolato, propriamente umano, non sarebbe il segno
di una superiorità o di una raggiunta perfezione voluta dalla natura, ma il
segno dell’imperfezione degli uomini. Il linguaggio, cioè, viene considerato
come la faticosa conquista di un perfezionamento che non è la vera e metafisica
perfezione che porta alla felicità. Così, in ragione della comune appartenenza
alla totalità della natura, il rapporto tra l’uomo e le bestie può essere
caratterizzato anche dalla compassione, intesa come virtù innata comune a tutti
gli esseri, che porta non solo i più forti a soccorrere i più deboli ma anche alla
condivisione della sofferenza fra tutti gli esseri senzienti di fronte
all’indifferenza della natura. Per questo motivo, l’ultima sezione è divisa in
altre due sottosezioni intitolate rispettivamente: ‘Tra violenza e rimozione’ e
‘Della compassione’. La prima comprende i cinque Sonetti in persona di ser Pecora fiorentino beccaio; un passo dei Ricordi d’infanzia e di adolescenza,
marzo-maggio 1819; diversi passi di Zib:
204, 19 agosto 1820; 238, 2 Settembre 1820; 1630, 5 Settembre 1821; 1761-1763,
21 Settembre 1821; 1764, 21 Settembre 1821; 1786-1787, 24 Settembre 1821;
3974-3975, 11 Dicembre 1823; 1960-1961, 20 Ottobre 1821; 2692-2693, 16 Maggio
1823; 1102, 28 Maggio 1821; 2588-2589, 30 Luglio 1822; 2895-2900, 6 Luglio
1823; 3374-3382, 8 Settembre 1823. La seconda sottosezione antologizza altri
quattro passi tratti dallo Zibaldone:
il 29; il 3554-3556 del 29-30 Settembre 1823; il 3765-3767 del 24 Ottobre 1823
e il 4233 del 9 Aprile 1825.
Come si vede, l’antologia porta a
riflettere su un autore che compone il canone dei classici della letteratura
Italiana da un punto di vista nuovo e insolito rispetto ad un argomento ancora
così complesso e tanto attuale sul quale i diversi saperi continuano ad
interrogarsi oggi come allora.
Se la parte iniziale scritta da
Prete fa la summa di tutti gli
aspetti toccati da Leopardi sul tema animali-uomo, sviscerandoli e conducendoli
sapientemente ad un unicum complessivo
del pensiero dell’autore a riguardo; le varie sezioni introdotte da Alessandra
Aloisi si soffermano ad approfondire ognuno di questi aspetti da cui poi deriva
la scelta dei testi antologizzati. Pertanto, in ragione della sua stessa
produzione letteraria e filosofica, Leopardi ci lascia una concezione dell’uomo
che lo pone, alla pari degli altri esseri dell’universo, come uno dei tanti
partecipanti alla vita, che si differenziano fra loro soprattutto in base al
loro grado di sensibilità. Questa antologia contribuisce al ricordo di tale
lascito stimolando il vivo interesse di coloro i quali si interrogano da sempre
sulla vita e sul mondo.
[Maria Luisa Pani]