Cina, 2007. Fotografia
di Wang Liu. Con Li Jie, Wu Jia Ni, Yank Li Shin
Istruttivo,
come altri, soprattutto Under the Hawthorn Tree di Zhang Yimou, per gli occidentali che stranamente rifiutano la logica della vita quando si
tratta di Cina maoista e immaginano la Rivoluzione Culturale e gli anni immediatamente successivi come un deserto
dei sentimenti e delle disposizioni positive, un gulag totale in cui nemmeno
esiste la solidarietà. Ovviamente non fu così, nonostante gli errori politici
di quel periodo, i prezzi di conflitto e anche di vite umane, le fratture
sociali.
The Western Trunk Line è ambientato nel 1978, quindi
al termine del periodo in questione, significativamente l’anno dell’inizio
delle riforme economiche di Deng Xiaoping. Siamo in una Cina provinciale del
Nord Est, in cui la nuova fase non sembra essere stata ancora pienamente recepita dagli abitanti. Si tratta di una zona iperindustrializzata, inquinata e ancora legata ai valori del periodo
che termina. Il grigiore domina la resa a colori della città, dei paesi, dei
campi, degli opifici.
Indubbiamente notiamo un’allegoresi della Cina di una
volta. È tuttavia proprio all’interno di questa caratterizzazione ambientale
cupa che si determina il nascere dei sentimenti tra due personaggi ai margini: Li
Siping, un giovanotto diciottenne che rifiuta il lavoro in fabbrica e vive
facendo lavoretti di riparazione di transistor che cerca di rivendere, e Yu
Xueyan, una sua coetanea di Pechino, costretta a vivere in provincia a
causa della decadenza politica del padre, accusato di essere un reazionario.
Una
comune inappartenenza li accosta gradualmente, delicatamente, mentre scorrono
altri personaggi, e tra questi si distingue Dengfeng, il fratello di Siping, un
bambino della scuola elementare con la passione per il disegno, repressa dal
padre per ragioni politiche, ma appoggiata da Xueyan, che ne diventa amica.
L’ozioso
Siping si redime entrando in marina e morendo per salvare dei compagni
durante un tifone; al che Xueyan resta in provincia, si direbbe, deducendo dalla reticente introversione di questa pellicola, in omaggio al fidanzato deceduto, diventando insegnante di
musica, mentre Dengfeng e la madre si trasferiscono a Pechino, seguendo, anche qui inferiamo, la tendenza della modernizzazione e del futuro.
È un film ben concepito, ben eseguito, attento ai
valori umani, privo di retorica, secco, dolce, minimalista, capace di fornire
uno spaccato di realtà con minimi dettagli, architettato nella lentezza e nei
silenzi più che nel chiasso e nelle parole.
[Roberto Bertoni]