05/02/14

Marina Pizzi, SOQQUADRI DEL PANE VIETO (2010-11, strofe 92-96)



["Autumn calls for a pick of leaves", as well as withering flowers. (Foto Rb)]


92.

nella focaccia della rimembranza
ho visto le iene del lutto
tutte recluse le donne del latte.
invano le risorse delle dune
inventano gli amori che collassano
al sole. inverno lapidario senza consorte
le regole del gioco le epifanie del destino
di perdere le fatue consolanze del verbo
addetto. ora la frotta della ronda
tacita la passeggiata dell’angelo.
si resta occlusi in una spiaggia di catrame
insieme alla girandola bambina
immobile alla ringhiera.
in mare l’aperto occaso piange
la genia del sangue che non spiega
la gravità dell’alba. verso conserve
della nonna estinta virano le vespe
le tirannie del fato senza storia.
così si ammazza la falena credulona
tutta luce e oasi negata.


93.

trionfo e nido questo fagottello
strumento al sopravvivere per vivere
elemosine ripetenti per il sempre
agire sull’impulso di rivolta.
impegni da ragazzi questi acini
divini nei castelli della madre.
i morticini della goliardia hanno il sangue
marmoreo. fu quando si credeva
alla linfa del fare aurora
e oggi si termina in acrobata zoppo
questa calcina che non darà una casa.
invano sotto l’eremo del lutto
tutto trasfigura in pane
per le novelle folle delle figure.
incauto almanacco la retata
di portar via giorni. a cavallo di baci
non basta amore né la moderna ricerca
della gioia accumula speranze. la cicatrice
del saggio ha ucciso il responso del bello.


94.

madre breve che visiti il mio tempo
abbi pietà di me fammi un tatuaggio
che io possa averti a fior di pelle
con l’inganno del mastino che non vuole
averti accanto a me. indice del male
questo stipetto che annulla la vita
fa menzogna l’acredine in gola.
in moltitudine carezzami la faccia
madre multipla palese occaso.
in mano al riordino del fosso
sono la salma che non sa morire
né guardare l’origine d’amore.
impegno contumace battere le mani
per vivere ancora in un silenzio d’estasi
tra le bambine coronate con fiori
illesi. in parco ci sarà la mano tragica
dell’ultima calunnia sulla fronte
dove dio non trova che valvole fulminate.
medicine d’arato stare al mondo
dove non manca il campo disadatto
la sponda bambina per il gioco a dondolo.
non resta l’alchimia della risposta
ma la disperata alleanza con la furia a sbando.


95.

chiama l’autunno un apice di foglie
e tu sarai il vano della steppa
come qualunque acidulo pensiero
per la madre trapassata il padre trapassato
in fase acuta contro la vita
di rompere le statue faccendiere.
così s’intana il palio della memoria
dentro una finestretta atavica di strazio.
del mio morire chi sarà apostolo
stolto acrobata ancora di baldanza?
di me rimane una lucida scacchiera
campo di campioni per la resistenza.
suvvia fai di me un atleta volante
un imprendibile stuolo di catene
un’uva zuccherina per l’uccello più savio.
resti con me la luna di fanghiglia
un gioco da ragazzi ancora un poco
per resistere la nenia della sfinge
senza consolanza. in stanza ho un abaco
cortese con conti esatti e silenzi di zattera:
tutti morti e le comete non possono nulla
né la meraviglia della rabbia dello squalo.


96.

scatto d’ira mi finì la voce
il nulla anatomico del sospiro.
a terra prendevo il sole da cadavere
brullo il regno di papaveri.
nei lutti di silenzi mansueti
ascoltavo mia madre immortale
cigno coraggioso tra i proiettili.
l’elemosina di una foglia fece nascere
una quercia. vergogna dolorosa solo
un tacito cipresso spiato dal vento.
vera calunnia il rivolo di sangue
che guerreggiava con le lacrime
crimini bambini senza minaccia.
indagini da brivido sorvolare
i cuori di chi si dice innocente
finanche di un pugno di sabbia.
ma l’innocenza è un progetto
inadempiente parente con la stima
degli assassini.


[Le strofe precedenti sono sui numeri scorsi di “Carte allineate”]