[Buddhist Temple (Nara 2013). Foto Rb]
Kaisuke Matsumoto, Manuale di pulizie di un monaco buddhista. Milano,
Vallardi, 2012 (Citazioni dall’edizione Kindle)
Matsumoto appartiene alla comunità buddhista del tempio
Komyoji di Tokyo, ovvero alla scuola Jōdo shinshū
(inserita nella più generale corrente del Buddhismo della Terra Pura), che
segue gli insegnamenti di Shinran (1173-1263).
Lo scopo di questo manuale è di divulgare in modo
chiaro alcuni precetti centrali del Buddhismo.
Insistendo sulla ricerca di “quiete” e “serenità”
(due parole citate fin dalla Prefazione dell’autore), il metodo è subito
enunciato:
“La giornata dei monaci inizia dalle pulizie:
ramazziamo il giardino, puliamo il cortile, tiriamo a lucido il santuario. Non
tanto perché siano effettivamente sporchi o in disordine, ma perché tali azioni
hanno il fine ultimo di eliminare dallo spirito qualsiasi ombra” (p. 7).
In breve, la pulizia e il riordino sono allegorie
delle attività interiori che purificano la mente, spingono alla concentrazione
sul presente, evitando il rimpianto (ma non sottraendosi alla comprensione
degli errori) del passato e stornando la preoccupazione ansiosa (ma non accantonando
la responsabilità) nei confronti del futuro.
Dare aria agli ambienti in cui si risiede
corrisponde alla costruzione di stati d’animo positivi, oltre che a
rappresentare comprensione del rapporto di interazione tra interno ed esterno,
tra esseri umani e natura.
Nella comunità monastica, i lavori di rassetto
sono svolti collettivamente, il che riconduce all’importanza dell’“equilibrio”
(p. 20) e della collaborazione col prossimo.
Stirare allegorizza la cura delle “grinze” dell’anima,
il compito di “mantenere giovane il proprio spirito” (p. 64).
Il cambio stagionale degli indumenti negli armadi
consente la percezione del tempo che scorre.
La riparazione degli oggetti evita gli sprechi e
rappresenta un’azione di consapevolezza dell’uso delle risorse.
Quanto alla trasparenza:
“Se nei giorni nuvolosi i vetri delle finestre
sono coperti di ditate, anche la nostra anima si rannuvolerà. Nel Buddhismo la
cosiddetta ‘giusta visione’, ossia il vedere, attraverso il filtro di noi
stessi, il nostro io, sconfigge ogni nube e permette di comprendere la vera
essenza delle cose. Le finestre sono, dunque, in qualche modo legate alla
giusta visione delle cose e pulirle fino a farle sembrare trasparenti, fino,
cioè, a farci dimenticare della loro esistenza, ci permette di vedere dall’altra
parte senza renderci conto che c’è qualcosa che ci separa. Puliamole, dunque,
fino a far sparire ogni ombra” (p. 110).
[Roberto Bertoni]