15/01/14

Yasuhiro Kawamura, AKKO CHAN: THE MOVIE

Giappone, 2012. Titolo in giapponese: 映画 ひみつのアッコちゃん (Eiga Himitsu no Akko-chan). Tratto dal manga di Fujio Akatsuka. Con Aruka Ayase, Masaki Okada, Riko Yoshida   

Lo specchio dei desideri di questo film per ragazzi e allo stesso tempo commedia sentimentale rappresenta l'archetipo senza tempo del genio della lampada in una delle sue manifestazioni. Come nelle fiabe tradizionali, la scoperta dei desideri non porta alla felicità, perché qualcosa si perde sempre, una volta realizzati i desideri; e come nelle fiabe del canone del genio si torna per lo più al punto di partenza, ma non puniti (ci sono fiabe in cui il ricco torna povero, per esempio): qui, con compassione, il genio dello specchio concede, dopo l'ultimo desiderio esaudito, l'ultimissimo e assennatamente la protagonista sceglie di tornare a essere se stessa, ha imparato la lezione.

La protagonista, Akko, una ragazzina delle scuole elementari, riceve in dono uno specchietto con cui diventa di volta in volta quello che vuol essere, come spiega il genio che glielo regala nelle vesti di un adulto in giacca e cravatta. Non deve rivelare a nessuno il segreto, pena la fine dell'incantesimo. Si trasforma in una ragazza di una ventina d'anni e lavora fianco a fianco di un giovane manager un che geniale, aiutandolo, con idee infantili che risultano al suo interlocutore invece fresche e originali e lo spingono a innamorarsi della ragazza, a sviluppare le sue invenzioni per una ditta di cosmetici. 

Alla fine mette in gioco il suo segreto per salvare la vita a colleghi minacciati da una bomba posta nello stabilimento dei cosmetici da loschi manipolatori che vorrebbero vendere una delle invenzioni all'esercito. A quel punto scompare, ritrasformandosi in bambina. 

La morale consiste in una serie di motivazioni etiche non presentate in modo codino e pesante, al contrario. Il genio le spiega che ha conosciuto il dolore, dunque ha capito la vita adulta. Le offre, come si accennava, la chance di restare ventenne e continuare a lavorare e sposare il manager, o tornare se stessa. 

La coda, o lieto fine, vede dieci anni dopo Akko, ormai adulta, presentarsi a un colloquio di lavoro nello stabilimento di cosmetici. Gestisce il colloquio una commissione presieduta dal manager di tanti anni prima e si capisce che le cose finiranno con una storia tra i due.

Questo film ha una sua leggerezza anche se qualcuna delle gag a volte estremizza le situazioni con una certa esagerazione che riduce l'aspetto comico.

Colpisce tra gli attori la carica vitale della bambina, impersonata da Riko Oshida.

Aruka Ayase, da parte sua, recita con brio, attrice nota al pubblico giapponese.

Non ci dispiace il fatto che l'innocenza si presenti in questa storia come un valore non solo della fanciullezza. 

Altri legami coi topoi fiabeschi si possono trovare nella tradizione del personaggio che dorme un lungo sonno e si risveglia anni dopo senza avere vissuto il tempo che intercorre tra il passato e il nuovo presente più avanzato nell'età [1].

Più simile ad Akko Chan, nell'ambito della trasmissione globalizzata delle storie, il film statunitense di Gary Winick, 13 Going 30 (2004), per quanto, sul piano tematico, la differenza sia, nella pellicola occidentale la realizzazione dei desideri della protagonista e in quella orientale l'altruismo che la conduce ad aiutare un'altra persona, con comune conclusione del ritorno all'identità originaria, adolescenziale in Winick e fanciullesca in KawamuraIl fumetto di Akatsuka uscì negli anni Sessanta e il film giapponese fa rivivere quell'opera, dunque si presuppone una filiazione a questo livello per Akko Chan oltre che per il tramite dei vari film su Akko Chan realizzati prima di questo del 2012 [2]. La ricircolazione rispetto a 13 Going 30 in che termini è con questi precedenti giapponesi, alcuni dei quali, del resto, tradotti in inglese?



NOTE

[1] Si veda la sezione intitolata "Literary Forerunners" in un articolo di Wikipedia sul romanzo di Irving, Rip van Winkle.
[2] Cfr. Himitsu no Akko-Chan, sempre in Wikipedia.



[Roberto Bertoni]