19/01/14

Carlo Rossetti, COREA E COREANI



[In the foreground, some remnants of how it was (Seoul, 2013). Foto Rb]


Carlo Rossetti, Corea e Coreani. Bergamo, Istituto d’Arti Grafiche Editore, 1905. Sottotitolo: Impressioni e ricerche sull’Impero del Gran Han. Ristampa: Breinigsville (Pennsylvania, USA), Nabu Press (Nabu Public Domain Reprints), 2011. Traduzione francese di No Mi-Sug e Alain Génetiot, La Corée et les Coréens, Parigi, Maisonneuve & Larose, 2002

Siamo riusciti a leggere la seconda parte di quest’opera in italiano, reperendola tramite la libreria online di Zanichelli, ma il primo volume risulta esaurito, cosicché siamo ricorsi alla traduzione francese, di cui per la prima volta avevamo preso visione in una libreria dell’usato a Bruxelles nel 2007 e che infine abbiamo acquistato un paio d’anni fa.

Questo per dire, al di là delle Biblioteche (per esempio la Nazionale di Firenze), quanto sia tuttora piuttosto raro un testo che invece sarebbe destinabile a un largo pubblico per la sua piacevolezza stilistica consistente in un italiano d’inizio secolo vivace e ben concepito, oltre che per l’ingente apparato fotografico, che costituisce una documentazione fondamentale sulla Corea del 1902/1903, cioè il periodo di otto mesi che Rossetti, facendo le veci di Console in attesa del titolare, trascorse a Seoul, riferendo in questo libro su fatti storici e sociali.

L’importanza delle fotografie è stata sottolineata tramite le mostre a Roma nel 2003 (La Corea e i coreani all’inizio del Novecento) e a Seoul nel 2012 (La Corea di inizio ’900 vista dal Console Rossetti). Col titolo di Rossetti: Photos, un ristretto campionario è disponibile online.

Più ancora delle immagini dei luoghi, che ci hanno interessato per il confronto con la Seoul moderna, e la verifica, diciamo così, della città vecchia prima della ristrutturazione giapponese, ci colpiscono le riprese di persone: contadini, funzionari, artigiani, bambini, gisaeng.

Quanto al commento insito nel testo scritto, anch’esso rappresenta una testimonianza di rilievo (se ne ha giustificato la traduzione anche in coreano) e si orienta in parte su esperienze personali di rapporti con rappresentanti della burocrazia e delle alte sfere dello Stato, compresa la Corte, con altri stranieri che operavano in Corea in quegli anni, e di visite a luoghi, botteghe, scuole e così via, dato che per sua dichiarazione Rossetti si rivelava un viaggiatore intento a rendersi conto di prima mano; e in parte, come si accennava, su considerazioni sociologiche. 

In questo secondo campo, su alcuni aspetti c’è una comprensione piuttosto chiara, soprattutto in aree della cultura, per esempio la descrizione dell’alfabeto, la ricezione di alcune narrazioni tradizionali, la divisione di classe.

I due volumi riflettono anche su un periodo specifico di crisi dello Stato e delle istituzioni alla fine dell’era Joseon, che sarebbe terminata ufficialmente nel 1910 con l’annessione da parte del Giappone, ma questo Stato controllava il territorio coreano fin dal 1905 (anno del Protettorato) e già nei mesi del soggiorno di Rossetti espandeva la propria presenza.

Non ci pare corrispondente a verità il giudizio piuttosto lapidario del prefatore francese, Alain Delissen, che mette in rilievo vari aspetti che a suo parere rendono poco attendibile scientificamente quest’opera: la brevità del soggiorno, un “patchwork hétérogène” e un “Orientalisme génerique” (p. 12). In realtà, contando proprio il tempo limitato del soggiorno, e il contesto culturale italiano del primo Novecento, è al contrario un testo originale e utile e che, pur se resta nel pregiudizio occidentale di possedere una civiltà ovunque esportabile, dimostra curiosità intellettuale e interesse per una realtà diversa dalla propria.


[Roberto Bertoni]