[How many stories behind those mobile texts and dialogues? (Myeondong, 2013). Foto Rb]
Corea del Sud, 2013. Sceneggiato
in 16 puntate sul canale KBS2. Romanizzazione del titolo coreano: Pimil. Altro
titolo inglese: Secret Love. Testo e sceneggiatura di Choi Ho Chul e Yoo Bo Ra.
Con Bae Soo Bin, Hwang Jung Eum, Ji Sung, Jo Mi Ryung, Lee Da Hae, Lee Deok Hwa
La commozione, il pentimento, la compassione, il dolore, il
risentimento, l’amore impossibile sono tutti elementi di questa fiction di successo, i cui attori
protagonisti Hwang Jung Eum e Ji Sung hanno ottenuto premi sia delle giurie che
del pubblico di Internet e giustamente perché sono soprattutto loro a conferire
un movimento non ingessato e stereotipato alla riproduzione in scena delle
passioni e dei sentimenti, impersonandoli con naturalezza studiata e profondità
psicologica.
Il punto di avvio della storia è un incidente d’auto
fatale, in cui Do Hoon, aspirante procuratore proveniente da famiglia povera,
investe l’amante, avversata dalla famiglia dell’uomo che ama, Min Hyuk,
rampollo di una dinastia imprenditrice potente e promesso, con un matrimonio
d’affari, a Da Hae, un’amica d’infanzia che è invece innamorata di lui. Va in
carcere al posto di Do Hoon la fidanzata Yoo Jung che era al suo fianco al
momento dell’incidente proprio la sera in cui egli le aveva proposto di
sposarlo. La ragazza si sacrifica per altruismo, con topos che abbiamo trovato in diversi sceneggiati coreani.
L’incidente modifica la vita dei quattro personaggi principali. Con una serie
di vicende che si complicano mentre la versione reale dei fatti viene alla luce
di puntata in puntata, il figlio di Yoo Jung, nato in carcere (era in stato
interessante al momento dell’incidente) viene ritenuto morto per percosse per
toglierle la possibilità della libertà condizionata. Da un lato, per le prime,
ci pare di ricordare nove puntate, Min Hyuk cerca di vendicarsi e le rende la
vita impossibile, mentre il fidanzato ascende nella carriera proprio
nell’impresa di Min Yuk, lui che era il vero responsabile della morte
dell’innamorata del padrone. Min Yuk poco per volta si allontana da Yoo Jung,
anzi le uccide il padre infermo mentalmente, abbandonandolo perché l’anziano sa
chi è il vero colpevole e cerca di ostacolarla in tutti i modi. Con la
frequentazione di Yoo Jung, paradossalmente Min Hyuk si innamora di lei e man
mano che scopre le trame di questo e altri misfatti, si rivela anche
l’innocenza di Yoo Jung. Nel frattempo, per salvare la ditta, il matrimonio
d’affari viene svolto, ma si risolve in un divorzio per decisione dettata da
sincerità dei sentimenti da parte di Da Hae. Dopo parecchie traversie, tra cui
la scoperta che il bambino era ancora vivo (l’aveva dato in adozione la madre
di Do Hoon per togliere un problema al figlio), si ha il pentimento dei
malvagi, la redenzione del ricco che sceglie la ragazza povera e rinuncia alla
direzione dell’impresa pur mantenendo un lavoro dignitoso nella medesima, la
confessione di Do Hoon e il carcere.
Quante volte abbiamo notato la complessità
degli intrecci negli sceneggiati coreani? Secret
davvero non delude da questo punto di vista.
Il dilemma etico è un altro aspetto di
rilievo; e viene attuato senza forzare i personaggi a redenzioni esagerate. È
l’esperienza del dolore e la consapevolezza della perdita che li conduce a
rinunciare a quanto dà infelicità a sé e agli altri. La prospettiva, in questo
caso, pare più buddhista che cristiana.
Il classico occidentale di riferimento, che
non è raro trovare nelle fiction
coreane, è questa volta, più volte citato, Wuthering
Heights. Uno dei personaggi, anzi, dopo la lettura di quel romanzo, mette in rilievo anche
la maniera in cui Secret, oltre a ispirarsi al testo di Brontë, ne modifica la
natura, in questo caso con la domanda: “Se Wuthering
Heights racconta la storia di un amore trasformato in vendetta, cosa
succede quando una vendetta si trasforma in amore?”
Una delle canzoni della colonna sonora, 눈물이 맘을 훔쳐서 (Tears stole the heart), è affidata a una
cantante di notevoli capacità e di ampio spettro sonoro, Ailee.
Belli gli interni delle case signorili.
Autentici quelli delle dimore proletarie.
Forse non piacerebbe a tutti in Europa. A noi
sì: soprattutto perché, nella sua estremizzazione, ci ricorda però, anche in
negativo per i personaggi che lo infrangono, un codice di valori che pare sempre
più lontano dal nostro quotidiano e andrebbe invece recuperato per vivere
meglio.
[Roberto Bertoni]