Global Osaka 2013. Foto Rb
Abbas Kiarostami, Qualcuno da amare. Produzione: Giappone
e Francia, 2012. Sceneggiatura: Abbas Kiarostami. Con Ryo Kase, Tadashi Okuno, Rin
Takanashi.
Akiko studia all’università lontano dal luogo natio,
lavorando come prostituta per un’agenzia che la invia da un anziano docente ed
autore di libri, Takashi, rimasto solo e desideroso forse più di comunicazione
e compagnia che di una prestazione sessuale pura e semplice. Così, per una serie
di circostanze, si instaura un legame di umanità, in cui Akiko viene come
adottata e protetta da Takashi dai sospetti di Noriaki, il fidanzato geloso e ignaro della
vita segreta della ragazza, la quale fa passare l’anziano per il nonno. Infine
la scoperta della verità condurrà a un finale in cui non si sa se
Takashi viene semplicemente ferito o perde la vita e Akiko è colpita da Noriaki.
Al di là della denuncia della violenza sulle donne, che è ben evidente, c'è la contraddittorietà del vivere in parametri di tradizione che sono saltati. A un livello diverso e, ci pare, dominante, quello dell'emotività, si profilano l’innocenza e l’autenticità dei rapporti, basati
più sulla spontaneità e sulla solidarietà che sulle convenzioni. L’attività alienante di Akiko è svolta con un atteggiamento che
rivela un desiderio di saldatura naturale con gli altri e come un oblio del sordido in cui opera mentre mantiene professionalità nel mestiere e un non
semplicistico occhio disincantato che non distrugge la linearità quasi infantile dell’adesione
alla vita. Risulta condannabile, nel contesto del film, dall'angolazione con cui l'autore propone il soggetto, piuttosto Noriaki per
la violenza che Akiko per la perdizione. La menzogna crea le
maschere di lei. Duplicità traspare dall'eticità paradossale dell’anziano, il quale svolge un ruolo non cinico,
cercando di aiutare la ragazza e rimettendoci per questo di persona. Quel che
si evince è la complessità dei destini in un universo di variazioni molteplici
dei ruoli sociali giocati per sopravvivere.
Scrive A.O. Scott: “The gap between appearance and
reality is Mr. Kiarostami’s native territory. He is fascinated by the ease with
which people can pretend to be, and thus become, different versions of
themselves, and sensitive to the ways that cinema can collude in such
impostures” [1].
La struttura del film è propria di Kiarostami. Una buona
parte della storia si svolge in automobile: il taxi che porta Akiko a casa del
docente, l’auto di Takashi, e Noriaki è di per sé un meccanico. La sequenza
mobile, che abbiamo visto in altri film del regista, consente di costruire i
retroscena per allusioni e addizioni successive accompagnate da inferenze che
nascono dall’uso costante del cellulare. Movimento, dunque, e comunicazione
indiretta.
Perché il Giappone? Lo spiega l’autore, con cui
concordiamo a sigillo del meglio che consente la globalizzazione, ovvero una
comprensione tra individui al di là delle appartenenze nazionali, come parte di
una compagine umana ampia pur se imbevuta di realtà locale (che nel film si
rivela tramite indicazioni sui modi di vita e sugli ambienti, sia interni che
esterni):
“I did respect Japanese specificities and I tried to
avoid any cultural mistake [in making Like
Someone in Love] [...]. But my whole purpose in making films and in going
to Japan or to Italy is not to focus on our differences as people in the world,
but on our resemblances, in terms of our feelings and thoughts and the problems
that we face” [2].
Veramente notevole, nella parte di Akiko, l’attrice Rin
Takanashi per le sue capacità espressive e di penetrazione psicologica del
personaggio.
NOTE
[1] Just Another Deal Becomes Complicated, “The
New York Times”, 14-2-2013.
[2] C.
Wallenberg, Iranian filmmaker Kiarostami ventures into Japan, “The Boston Globe”, 9-3-2013.
[Roberto Bertoni]