[That sculpture... Perhaps a time capsule from a parallel universe? (Seoul 2013). Foto Rb]
Cina, 2011. Con Roy Cheung, Suet Lam, Rai Li, Francis Ng,
Patrick Tam, Zimu Xu
L’angelofilia nel cinema
appartiene tanto al cinema occidentale che a quello orientale. Per limitarci
qui a opere consone, anzi legate intertestualmente, questo film di Zimu Xu,
nella rappresentazione di dèi della morte rimodernati, vestiti di nero,
somiglia al Cielo sopra Berlino di
Wenders (1987), anzi ci sono anche delle citazioni, come un dialogo tra due
degli esseri soprannaturali dall’alto di un grattacielo; e nell’amore dell’angelo
per una mortale alla Città degli angeli
di Silberling (1998). Si tratta insomma di un intreccio tra cinematografia dell’Est
e dell’Ovest, non priva di interesse, con variazioni in parte di mediazione
culturale (non angeli, ma esseri preposti alla somministrazione di Thánatos
quando viene il momento deciso dal destino e alla verifica e registrazione dell’accaduto,
più impiegati che altro, nondimeno privi di legami materiali forti (mangiano
soltanto arance) e stretti da leggi che sono contemporaneamente quelle
metafisiche per cui devono, pur visibili agli umani, restare in clandestinità
quanto ai loro veri compiti; e quelle del fantastico, per cui la spiegazione
dell’essenza di meraviglioso, in cui si iscrive questo film cinese, ha come
tramite la commozione, il cedimento sentimentale insomma, che sposta dallo
stato di distacco ultramondano in cui i nerovestiti si trovavano, spingendo il
protagonista, per amore verso una ragazza vitale, dolce e generosa, a rivelarle
chi egli sia veramente, e fin qui riesce a farla franca col Direttore Generale
del suo lavoro, ma non quando la salva dalla morte decisa fatalmente, con
variante rispetto alla morte di Meg Ryan nella pellicola di Silberling.
Varie dichiarazioni in rete sul
film (non abbiamo trovato una vera e propria recensione) lo giudicano noioso e
scadente. Non è vero. Oltre alle sopra notate intertestualità, il film è ben
recitato, conserva un quoziente di mistero, si rivela come nelle opere del
meraviglioso che si rispettino, usa il colore per delimitare il contrasto tra
il mondo comune e quello soprannaturale, in particolare i colori delle arance
in raffronto con quello luttuoso degli abiti maschili.
Radiosa Rain Li, che impersona la
semplicità, la natura e la disponibilità umana. Il più abile degli attori non
il protagonista ma un suo collega, impersonato da Suet Lam.
[Roberto Bertoni]