Il narratore in prima persona, John Dowell, esponente della classe agiata degli Stati Uniti del primo Novecento, ed europeizzato quanto critico nei confronti degli Europei, in modo simile a Henry James, espone la situazione di una lunga amicizia trasformatasi in intrico di tradimenti, gelosie, eventi drammatici, con tre decessi in particolare, tra se stesso e la moglie Florence e i coniugi Ashburnham.
A causa di quello che il narratore giudica un
esasperato sentimentalismo, nonché, con spirito cinico di stampo modernista,
una forma di imbecillità, le infelicità coniugali di Edward Ashburnham e il
tradimento, l’ennesimo, della moglie con Florence Dowell, conduce al suicidio
di lei, quindi quello di lui, pur se motivati anche da un malinteso senso di
aver infranto il bon ton e le
circostanze della reticenza, residuo aristocratico di un comportamento
anglosassone di origine imperiale, anche se in parte qui rappresentato da
personaggi statunitensi. La terza morte è quella per incidente (con anticlimax dell’inciampo in una tenda)
di una delle amanti di Edward.
Il macabro si configura sulla soglia della crisi dei
valori della famiglia, come pure sul tramonto di un mondo di sfarzo e di
potere. Se Leonora Ashburnam cade in piedi, risposandosi in una sorta di “normalità”
e seppellendo così il passato, nonché, pur se in prevalenza vittima del marito,
le responsabilità di avere allontanato l’ultima amante di lui, Nancy, che
impazzisce, il narratore non troverà alcuna catarsi, dato che sposando Nancy
sarà condannato all’assistenza di una persona alienata e per sempre dunque
rimosso da quella “normalità, appunto, cui sembrava massimamente aspirare.
La prima pagina afferma che la storia che verrà
narrata è “the saddest story I have ever heard” (p. 13). La parte quarta si
apre con dichiarazioni metatestuali sul fatto che “I have, I am aware, told
this story in a very rambling way so that it may be difficult for anyone to
find their path through what may be a sort of maze” (p. 147). L’impressione di
labirinto, anch’essa intimamente modernista, è dovuta alla frammentazuione dei
punti di vista, dato che il narratore si pone di voolta in volta, nelle varie
parti del volume, dal punto di vista di Edward (che nonostante i difetti viene
assolto in quanto parzialmente alter ego di John, come egli stesso dichiara,
cioè persona che è riuscita a realizzare nella pratica quanto John ha solo
immaginato di poter fare, trattenuto dall’attuazione dell’infrazione da un
senso di rispettabilità e da valutazioni di ragionevolezza), di Leonora (con
insistenza sulla sua educazione cattolica in contrasto col protestantesimo degli
altri personaggi), di Nancy e di Florence (quest’ultima invece giudicata
negativamente, e la cui leggerezza nei rapporti con gli uomini emerge solo
lentamente devastando il matrimonio).
Uno dei capolavori del Novecento inglese, che l’autore, nella dedicatoria a Stella Ford, giudicava il suo romanzo migliore, di stampo “francese” (pp. 3-6).
[Roberto Bertoni]