Con Lee Byung Hun, Han Hyo Joo, Ryoo Seung Ryon.
Il titolo coreano significa “Ghwanghae, l’uomo che divenne re”. Ghwanghae,
nella storia reale, fu un re della dinastia Jeoson che cercò di distanziarsi
dalla Cina e riformò aspetti del sistema sociale. La vicenda dello scambio di
ruoli tra il re e Ha Sun, un teatrante che gli somiglia, durante un periodo di
malattia del sovrano dovuta ad avvelenamento, centrale nel film, è immaginaria.
Abbiamo trovato un riferimento al Principe
e il povero di Mark Twain [1], interessante intreccio di assunti narrativi
occidentali e orientali, come spesso accade nella cinematografia e nelle serie
coreane. Nondimeno un richiamo filmico va fatto al Kagemusha di Kurosawa. In ogni caso, Masquerade, pur riprendendo il motivo fabulistico, si differenzia
da entrambi, procedendo per proprio conto.
L’elemento principale è che, a sostituzione avvenuta, Ha Sun si rivela non
un pupazzo nelle mani del potere, bensì è dotato di indipendenza di giudizio,
autorevolezza e sentimenti di solidarietà per il popolo oltre che di senso di
indipendenza nei confronti del potente vicino cinese. Riesce a imprimere alla
corte un andamento nuovo, a operare con giustizia, a restaurare fiducia nella
figura regale e a riconquistare il cuore della regina, che Ghwanghae aveva
trascurato, relegandola in un ruolo secondario. Sarà proprio lei a scoprire l’impostura,
ma provando misericordia per l’impersonatore che si è frattanto guadagnato la
stima del primo ministro e di un generale che, quando il re riprende le proprie
funzioni e cerca di far eliminare, come comanda la ragion di stato, Ha Sun, lo
difende fino all’ultimo, consentendogli di fuggire.
Accurata la ricostruzione degli interni e dei palazzi, dei costumi e dei
comportamenti, con un che di sontuoso ma non esageratamente. Composta e ben
eseguita la recitazione.
[Roberto Bertoni]
[1] Cfr. Asianwiki.