07/02/13

Marina Pizzi, SOQQUADRI DEL PANE VIETO (2010-11, strofe 46-50)



46.

madre di tregua
officia per me la rivoluzione tenera
contro il dileggio che mi strappa
bonomie dal leggio che mi fa leggere
miraggio la ragione che dissimula
gerundio senza fossa il mio pendolo.
invece nei gendarmi senza dio
la celia degli angeli è impotente
senza festaiola la gioia della rondine.
la guerra consacra le matrigne
queste risate che mentono le risa
bandiere che bruciano sotto terra.
le coralità del sale non ammettono
zuccherine rarità le frasi del fraterno
orgoglio di avere una cresima nel sisma
nonostante. qui mi crepa la voce per
la lite che non dovrebbe tessere nessuna
contro dismisura né polvere contraria.
madre di tregua
rendi ingenua la mia strada
senza pretese le nuche
le rime delle foglie che silenziose spiccano
cadaveri con le vene colorate arcobaleno.


47.

utero di salsedine guardarti
ultimi rantoli. così per schivare
la disfatta si aggiusta il paravento
di morente. andai via prima
di renderti l’anima al fato
al bracconiere atavico del boia.
qui si resta senza di te parenti
bilancia di selciato non vederti
malia di madre rendita balsamica.
ecco qua il cipresso che ti prende
eco di madre malasorte sempre
per il brevetto reo tiranno occaso.
so prospero il risveglio di cuccioli
quali i ranuncoli che vegliano la bara
e la natura incolta bella come Miss.


48.

bilico del buio il mio sottratto
amore. malinconia del fiore
perdere colore. attrito di gerundio
credere la vita felicità di tatto.
nella cimasa che brevetta il cielo
c’è la stanza che simula letizia
con la risorsa del livido d’occaso.
tu alla panchina del chiostro
strofini una allerta d’ansia un sia
che sia amore d’àncora la perforata
oasi del pianto. tu dammi d’estasi
la sorte introdotta all’ebete del fango
a dismisura e gomito. un citrullo
alfabeto la sfinge senza sogno.
qui basterà starsene fasulli senza
bacche d’angeli. libagioni darsene
le perle delle preganti aureole. erte
di seni le maestrie di madre.


49.

non amarmi in saldo
dove si sgretola il crepuscolo
e la purità insidia la credenza
di sillabare il duolo dello scarto.
metti con me un’ernia di ristoro
una maretta agile di regno
dove si ammetta che essere è
salsedine breviario sulla forca
della grandine. marina la rendita
del pianto nella gimcana di perdere
la nuca cara bambina. brevetto di ciliegio
starti ad amare rettifica del male.
in cielo e in apnea le statue vantano
nomee del senza cuore. addio al tarlo
che sventurò la casa lasciandola
rubata bara di fato. in tutta questa acredine
guardo marcire il circo della vetta
del sorriso. permesso d’ascia
sconfiggere la tromba delle scale.


50.

non c’è neanche un angelo
né un cifrario azzurro
per immaginare le frottole del sole
con le lanterne di chi muore
verità del giro concluso esame.
preso dal burrone il treno innocente
cede la rotta al fato che detiene
tutte smilze le beltà più cedue.
in mano alla risacca del tramonto
la frotta di ragazzini si stacca tutta
per finire sotto il grido del furto.
il futuro della giacca è avere gelo
marionette con i fili in spezzo.
tu domani mi darai la giostra
per fingere di essere viva
vanesia curva nuziale.





[Le strofe di Soqquadri del pane vieto vengono pubblicate a gruppi di cinque ogni mese su "Carte allineate"]