Introduzione di M. Scaini. Postfazione di F. Pettinari. Milano-Udine, Mimesis, 2012.
Abbiamo letto con una certa irritazione vari reportage occidentali sulla Corea del Nord, che, riferendo su un
soggiorno di pochi giorni, pretendono di rappresentare in modo esauriente la
realtà di quel Paese; al contrario guardano in realtà con occhio ideologico e
con pregiudizi anticomunisti prefigurati in partenza, per cui non si sa la
verità, bensì si viene a conoscenza di qualcosa che era già definito prima dei
viaggi compiuti da questi autori. Da tali reportage
sulla Corea del Nord risultano dunque totalitarismo, chiusura verso il mondo esterno,
sofferenze economiche, Stato-prigione. Non è questo un buon servizio reso alla
verità, che ha invece bisogno di documentazione storica, dati statistici,
osservazioni a-pregiudiziali che consentano di riferire anche semplicemente impressioni
di viaggio in modo obiettivo e accompagnate da adesione umana alla realtà
rappresentata. In tal modo sarebbe possibile formarsi un’idea più
rappresentativa del Paese in questione.
Tuttavia, con la medesima irritazione, pur se di segno opposto, abbiamo
letto Pyonyang, l’altra Corea, reportage di Davide Rossi, in cui
esistono solo apprezzamenti positivi sulla Corea del Nord, confortati da
osservazioni oculari, ma una volta di più non da dati statistici, tranne rare
eccezioni.
Da un lato, fa piacere che ci sia chi, come Rossi, va in Corea del Nord e
cerca di individuare aspetti positivi di anticonsumismo, di valorizzare la cura nordcoreana per l’istruzione
e di eseguire notazioni sul fatto che gli abitanti non sono strani animali da
zoo ma gente che esce, sorride, va nei parchi, mangia, beve, dorme come le
altre persone di tutto il mondo, cioè non c’è, da parte di Rossi, una
demonizzazione pregiudiziale, appunto.
Dall’altro lato, pare infondato il suo giudizio totalmente ed
esclusivamente positivo, come se quella società non fosse totalitaria e
costituisse un modello utopistico da seguire docilmente.
Oltretutto, ci sono distorsioni storiche. Per esempio, se è vero che nella
guerra di Corea ci fu l’intervento della Cina perché gli Stati Uniti volevano
proseguire verso nord invadendo anche la Repubblica Popolare Cinese, è però
taciuto, in questo volume, il dato di fatto storicamente accertato che fu la
Corea del Nord a invadere la Corea del Sud nel 1950 e non viceversa.
Sostenere poi che la Corea del Sud costituisce un modello economico in
declino in opposizione alla Corea del Nord è quanto meno un rilievo bizzarro. La
Corea del Sud ha senz’altro un modello capitalista e consumista, ma è oggi tra
i maggiori protagonisti dell’economia mondiale, è secondo alcune statistiche al
quindicesimo posto tra i paesi più sviluppati e, tra parentesi, al primo posto
nelle classifiche mondiali per qualità dell’istruzione scolastica e
universitaria. Inoltre, chiamare “regime” il governo di Seoul, come fa Rossi,
ha un che di paradossale, visto che tale è stato per decenni di dittature
militari, ma ha infine, nella fase più recente, messo in atto un passaggio alla
democrazia che, tra l’altro, ha rivitalizzato il paese dal punto di vista
finanziario, culturale, esistenziale. Si potrà semmai usare, nel periodo
attuale, la parola “regime” per il governo ereditario di Pyeongyang.
Non crediamo che sia compito di un osservatore occidentale prendere parte
per l’una o l’altra Corea, bensì semmai quello di guardare entrambe in modo il
più possibile non influenzato dai cliché dominanti
e con accostamento umano e sociologico imparziale, cosa che il libro di Rossi
evita di fare.
[Roberto Bertoni]