11/11/12

PIZZI, Marina, SOQQUADRI DEL PANE VIETO (2010-11, strofe 36-40)



36.

maretta e contumacia questa estasi
stato di cose in parco di consiglio.
percorso calunnioso lutto vivo
soccorso immenso senza apice.
nell’ammanco che dà croce questa furia
di dolore al sempre, sempre presente
quanto un ammasso di doglie senza figlio
o lusinga di luce voce di conchiglia.
resta atavico il mosto dell’aceto
nulla disseta. quale un anello spezzato
nella carne moribonda. la porta tombale
si umanizza ancora d’àncora. qui il gemellaggio
col tuono non basta a vagheggiare quiete.
voglio staccare la catena del sudario
dalla linguaccia dei mostri accanto
questo stradario senza nomi di vie.
mira di fosso lo stato del rito
intonacato d’arpe per pulsazioni d’altro.


37.

chi è che mi brucia dentro
mi fa odissea questo sbucciare
il fegato dell’alba in una bara
vuota. il caso si compiace
di togliermi la spada.
la realtà lunga di divieti
va a fare la vendita dell’ombra
con la paura del fiumiciattolo
per sciarpa. in un pantano di casi
senza speranza la foga della rabbia
è un cardellino disfatto all’angolo
del davanzale. una squadriglia di miseria
spalanca il portone dell’abitato.
sotto la palanca del tuo dispiacere
si registra la notte senza ossigeno
il genio vuoto di campare ancora.


38.

archivio di pagelle stare al mondo
sotto rondini sfinite. domenica chiusa
dalla pioggia questa ruggine densa
smantellante la sala delle vestali.
la mattanza atavica ripete
sangue su sangue le gaiezze vinte.
torna ancora al tuo sigillo infante
quando i crepa cuori prendevano la voce
dal vano della forca la vicina.
non ardori di vento si conclude
questo ludo cattivo questo dado
fratellastro del dondolo avvenire.


39.

il cane piange il marciapiede perenne
il lutto che piaga la risorsa
della fuga. grandine e sale la ciotola
del grido: marea d’autunno le foglie
mortali che braccano nidi per la nuda
voglia di calare il fosso della tragedia
in gelo. dove si affanna l’acume della
lucciola? resta giunonica la falla
del verdetto la nomea agonica
di piangere per sempre già detti.
pattume d’energia dover la morte
di tutti i dettagli infantili. la tagliola
è sul fegato dell’angelo, nessuno sarà
graziato.


40.

il cielo basso di piangere per sempre
creatura indaffarata per le elemosine.
non persi dì a rendere soqquadro
questa bravura atavica di morte
ribellione senza rendita giammai.
in mano al letamaio della stirpe
io non vengo a tribolar vendetta
né acredine sul volto faccio soldato.
nella culla del sale i dì futuri
frazionano le melme per i posteri
il fato senza acrobata e malìa.
intanto le girandole fanciulle
danno a credere che ci sia ventura
per le festanze inedite del porto.