07/05/12

PIZZI, Marina, SOQQUADRI DEL PANE VIETO (2010-11, strofe 15-20)



["A small hedge gate" (Rocchetta, 2010). Foto Rb]


15.

da tempo sta morendo la mia diaspora
quel fannullone intrigo che mi perseguita
in guisa di nullaggine giornata
sotto il gingillo della luce pavida
per un vernacolo d’inedia in far di spada.
D’Annunzio rabbrividisce perché guerriero
Pascoli mi ama perché usignolo
Pasolini m’incoda nel dolore.
la fame è sedata sugli scalini del metrò
dove chi corre è un manipolo d’ascia
un polo di preda per chi è vile
e mozza la cometa della malinconia.
un sudario di madonne l’idroscalo
dove finì la madre Pasolini
e la vergogna è un inguine di tram.
l’ultima uccisa è una bambina bionda
cipresso di se stessa per la felicità
di nascere appresso ancora appresso
una venia per la forca di rinascere.
poi si vedrà chi ha cervello d’anima
per accovacciare i morti resi bambini
in un brevetto di chissà qual senso.


16.

in vaghe acque trascino ciò che avvisto
la nomenclatura delle stelle blasfeme
queste cicale orride ripetenti
con le rovine dense di fanghiglia.
io genero la viltà che mi troneggia
da dietro lo zuccherino del sonnifero
che mi dà la cheta del risparmio di luce.
martirio di conchiglie il brecciolino
quando si gioca a divorare l’antro
con risultati blasfemi financo i miti.
l’arringa della voce è dar di frottole
sotto ponti che non reggono le volte
né le cautele che si dicono bambinaie.


17.

ho finito col domare il mio panico
a forza di bestemmie. in mano ad Alice
non ho visto nessuna meraviglia. semmai
la caviglia è sporca di fango a forza
di cammino. in straccio alla diaspora
la spora non porta fiore. vorrei
piangere la foga della vergine
quando quaggiù si giunge alla ventosa
altalena e si smorza l’amore ben comunque
futile. l’altalena l’andare fa conquiste
con le nuvole. in mano alla filandra credo
avvenga l’odissea del filo pagato
dallo sguardo. Domodossola la città
della villa di Contini. i grandi critici
si contano in un abaco di coma. è
finita la norma di credere al futuro
è tutto una blasfemia di torri in esuli
mattini. qui si accorcia la vita in una
mattonella di morgue. il sasso occiduo
non basta a giustificare la morte una nel
simbolo del semaforo verde.
qui l’acuta fandonia della stirpe
solitudine cruenta sulle spalle.


18.

il fiabesco delle rondini si fa cicatrice
crepa di scompiglio panico.
il fiasco della cimasa scompiglia
verdetto in masso d’uccisione.
me ne andrò con far di stagno
sotto la nuca delle epoche.
mansione d’epitaffio la coda delle balene
quando la targa è gomito di schiaffo
sotto le genti delle rime stanche.
per la bambina che gioca con la brina
la faccenduola del sale da scappare
per felicità una doglia da scassare.


19.

nulla sarà questo vanto acerbo
questo dispaccio d’era in fondo al mare
si andò così che la vita tacque
per l’elemosina di copiare il sole.
nessun patema ingaggi l’anfiteatro
ma resistenza al quanto nonostante
sia di panico l’orizzonte e l’afa.
così in silenzio la genia dell’uomo
per la condanna di servire zolle
nomee di ieri che uccisero le vette.


20.

a ridosso del muro la farfalla
non esce più. gli angeli dell’afflato stanno inerti
verso le tattiche di perdere la vita
nei gironi del plasma. immune solo resta
un cancelletto di siepe che Leopardi
prescrisse da maestro e fanciullo sommo.
in mano alla maestria del sillabario
nessuno è randagio ma domestico colto
dai vespri di capire la crisalide
che si ostina nel fantasma di farsi.
con il periglio di perdere staffetta
questa lunatica fiamma di sterpaglie
impigliate all’addendo di capire
perché giammai la fionda è così perfida
da uccidere uccellini da nido o appena evasi.
i cercatori nella mondezza hanno uncini
da far paura a chiunque si avvicini.
chissà che tempo intralcia il mio destino
sorpassato da eventi di costrutto
esule comunque nella pigrizia.
già tomba la nenia di capire
perché così sia valso il mio destino
stinco di atleta anima di grinze.


Le strofe precedenti di SOQQUADRI DEL PANE VIETO sono uscite sui numeri di marozo e aprile 2012 di "Carte allineate".