[Children (Deoksugung, 2010). Foto Rb]
Eric-Emmanuel Schmitt, LES DIX ENFANTS QUE MADAME MING N'A JAMAIS EUS. Parigi, Albin Michel, 2012
Si articola come un racconto di viaggio e come una fiaba questa storia di
Schmitt ambientata in Cina, ma con viaggi del mondo globalizzato tra l’Estremo
Oriente e Parigi.
Narrata in prima persona, si orienta sull’amicizia tra un cliente di un Grand
Hotel del Guandong e un’inserviente, Madame Ming, disposta verso il sentenziare
con sfondo confuciano (“Invece di lamentarsi dell’oscurità, meglio far luce”,
p. 8; “Inutile pronunciare anche una sola parola, so bene quel che devo fare”,
p. 10) [1].
Nonostante le severe leggi cinesi sulla natalità, Madame Ming rivela al narratore di
avere dieci figli sparsi per la Cina. Verità? Menzogna?
Scopriamo la verità solo verso la fine del libro, quando la figlia unica
di Madame Ming, sul letto di sofferenza della madre malata, spiega che in
seguito a un incidente che le aveva procurato problemi di memoria aveva
escogitato quella bugia per rendere felice la madre; e riesce tramite amici e
sodali a far concretizzare in realtà il sogno, invitando i presunti “figli” al
capezzale della donna.
Una storia narrata con leggerezza: su “nove figli virtuali” (p. 108); sul rapporto tra Oriente e Occidente; e su un’umanità compassionevole che supera i
confini geografici.
[Roberto Bertoni]
NOTE
[1] Traduzioni dello scrivente.