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INDICE ALFABETICO / INDEX
Le voci elencate qui sotto senza il nome dell'autore sono state scritte, e le foto sono state scattate, da Roberto Bertoni. / Entries listed below without the name of the author were written, and pictures were taken, by Roberto Bertoni.
- BENEDETTI, Carla, DISUMANE LETTERE. Note di lettura, 9-4-2012.
- BOBBIO, Nadia, HISTORY AND MYTH MAKING IN UMBERTO ECO’S BAUDOLINO AND BRIAN FRIEL’S MAKING HISTORY (PART II). Riflessione, 25-4-2012.
- CHAN, Jackie e LI, Zhang, 1911. Storie di film, 15-4-2012.
- DONINELLI, Luca, TORNAVAMO DAL MARE. Note di lettura, 5-4-2012.
- ERCOLANI, Marco, SENTINELLA. Note di lettura, 13-4-2012.
- JORDAN, Neil, MISTAKEN. Note di lettura, 1-4-2012.
- LEE,Thean Jeen, LOVE 50%. Storie di film, 27-4-2012.
- MYERS, Lindsay, MAKING THE ITALIANS. POETICS AND POLITICS OF ITALIAN CHILDREN’S FANTASY. Note di lettura di Rossana DEDOLA, 29-4-2012.
- PINI, Angelo, CONGLOMERATI FRA ETEROGENEI. Testo, 17-4-2012.
- PIZZI, Marina, SOQQUADRI DEL PANE VIETO (2010-11, strofe 6-14). Testo, 3-4-2012.
- SUDDA, Nabin, NUMAFUNG (BEAUTIFUL FLOWER). Storie di film, 23-4-2012.
- YOON, In-Jin, MULTICULTURAL MINORITY GROUPS AND MULTICULTURAL COEXISTENCE IN KOREAN SOCIETY. Note di lettura, 3-4-2012.
Rivista in rete di scritti sotto le 2.200 parole: recensioni, testi narrativi, poesie, saggi. Invia commenti e contributi a cartallineate@gmail.com. / This on-line journal includes texts below 2,200 words: reviews, narrative texts, poems and essays. Send comments and contributions to cartallineate@gmail.com.
A cura di / Ed. Roberto Bertoni.
Address (place of publication): Italian Dept, Trinity College, Dublin 2, Ireland. Tel. 087 719 8225.
ISSN 2009-7123
30/04/12
29/04/12
Lindsay Myers, MAKING THE ITALIANS. POETICS AND POLITICS OF ITALIAN CHILDREN’S FANTASY
[Childhood as it was... (Monmartre, 2012). Foto Rb]
Lindsay Myers, MAKING THE ITALIANS. POETICS AND POLITICS OF ITALIAN CHILDREN’S FANTASY. Berna, Peter Lang, 2012
Il libro di Lindsay Myers ricostruisce con grande attenzione un genere della letteratura dell’infanzia in Italia: il “Fantasy”. Tuttavia proprio la definizione di questo genere come “Fantasy” mette sin dall’inizio a confronto con un problema in cui Myers stessa si imbatte: questo genere non ha in Italia un nome che lo classifichi. All’inglese “Fantasy” non corrisponde infatti alcun termine italiano che lo identifichi. Mentre in ambito anglosassone è subito chiaro che il “Fantasy” rimanda a un genere di narrazione in cui il lettore è trasportato in un mondo diverso da quello reale, in italiano il termine “fantasia” non indica un genere narrativo. Di qui potrebbe nascere e in effetti è nata un’idea sbagliata che si è diffusa tra i critici: la convinzione dell’assenza di questo genere nella letteratura italiana dell’infanzia.
In realtà, come dimostra ampiamente la studiosa, l’Italia ha fornito una grande quantità di romanzi per bambini che appartengono a tale genere, non soltanto PINOCCHIO, che sembrerebbe il classico per eccellenza del “Fantasy” della letteratura dell’infanzia italiana. Prima del burattino, delle sue trasgressioni e delle sue metamorfosi erano apparsi in Italia tra i libri per i ragazzi gatti parlanti, famiglie di topi e autobiografie di scimmie a dimostrare un bisogno di allontanarsi dalla trita realtà quotidiana e di penetrare in un’altra dimensione.
Una rigorosa esigenza classificatoria permette a Myers di fare ordine in un materiale apparentemente disomogeneo e disperso, individuando le caratteristiche principali del genere nei differenti momenti che caratterizzano la storia italiana dagli anni Settanta dell’Ottocento sino al 2010. Nell’indagare le forme, i contenuti, la struttura e gli scopi di questo particolare genere all’interno della letteratura per l’infanzia, l’autrice attraversa perciò più di un secolo, analizza vari testi e pone l’accento sui momenti fondamentali della vita politica e sociale dell’Italia.
La studiosa propone nove definizioni del genere suddividendolo in altrettanti sottogeneri cui corrispondono in successione cronologica nove differenti momenti storici: “The Microcosmic Fantasy” (1908-1915), “The Quest Fantasy” (1915-1918), “The Surreal Fantasy” (19189-1929), “The Superhero Fantasy” (1930-1939), “The Community Fantasy” (1940-1950), “The Pinocchiesque Fantasy” (1950-1980), “The Compensatory Fantasy” (1980-2010). Non traduco volutamente in italiano tali termini perché questa scelta implicherebbe ulteriori problemi di classificazione e collocazione; mi sembra infatti difficile tradurlo con “letteratura fantastica”, mancando l’elemento di esitazione che Tvetan Todorov negli anni Settanta del secolo scorso indicava come caratteristico del genere.
Per ogni epoca analizzata (il periodo post unitario, gli anni della Grande Guerra, il fascismo, l’Italia post bellica, l’Italia del boom economico fino agli anni Ottanta e dagli anni Ottanta ai primi dieci anni del nuovo Millennio) si individuano alcuni testi che permettono non solo di definire i sottogeneri e di distinguerli da altre coeve produzioni narrative sia per bambini che per adulti, ma soprattutto di guardare all’Italia da un’ angolatura particolare.
Come dice esplicitamente il titolo del saggio, una volta fatta l’Italia bisognava ora dedicarsi al compito che le battaglie per l’indipendenza avevano rimandato a un secondo tempo: fare gli italiani. Per gli autori della letteratura dell’infanzia si trattava soprattutto dei piccoli italiani. I tanti romanzi per bambini usciti in quegli anni con il loro intento anche educativo hanno contribuito ad attuare questo compito.
I romanzi di Ida Baccini, MEMORIE DI UN PULCINO, di Eva Cettermole Mancini (Contessa Lara) UNA FAMIGLIA DI TOPI e di Anna Vertua Gentile, STORIA DI UNA BAMBOLA, sono scelti da Myers come esemplificativi della “Memoir Fantasy”. I protagonisti sono spesso animali domestici o oggetti parlanti o bambole di porcellana che attraverso la loro biografia raccontano ai piccoli lettori come si possa passare dalla sventura alla felicità o viceversa, capitando tra le mani di padroni buoni o meno buoni. Con le loro buone maniere pulcini, topi e altri animali mostrano ai bambini l’importanza dell’educazione, dell’ubbidienza, dell’umiltà e addirittura dello stoicismo.
Se tali romanzi non mettono in discussione la gerarchia e la divisione di classe che sono presentati come fenomeni naturali, essi tuttavia sembrano non perdere mai di vista e farsi carico di un fenomeno sociale ampiamente diffuso in quel periodo che riguarda direttamente l’infanzia: l’abuso sui bambini. Significativamente nel ROMANZO DI UNA BAMBOLA, la Contessa Lara sembra adombrare la propria triste vicenda personale che si concluse tragicamente: fu infatti uccisa dal suo amante, il pittore Giuseppe Pierantoni.
Attraverso l’analisi dei motivi, degli intrecci e dei temi che caratterizzano tali romanzi, l’autrice riesce ad aprire uno spaccato sull’Italia di fine Ottocento con i problemi che la attraversavano: l’enorme analfabetismo che caratterizzava soprattutto la vita delle campagne, lo sfruttamento, la violenza che colpivano anche i bambini poveri delle città costretti spesso al vagabondaggio. Ma il fatto stesso che i protagonisti siano animali sembra anch’esso un prodotto dello spirito dei tempi; come ricorda Myers, quattro anni prima della pubblicazione del PULCINO della Baccini era nata l’ENPA, l’Ente nazionale per la protezione degli animali; nello stesso periodo, la legge Zanardelli aveva riconosciuto come punibile il maltrattamento degli animali.
Del periodo successivo, che vede la nascita dell’industria in Italia, la studiosa prende in esame altri tre romanzi: IL FRATELLO DI PINOCCHIO di Egisto Ghiselli, LE AVVENTURE DI CIUFFETTINO di Anrico Novelli (Yambo) e LE ORECCHIE DI MEO di Giovanni Bertinetti. I protagonisti della “Monello Fantasy” hanno un tratto fisico che li caratterizza rendendoli differenti dagli altri (Meo ha le orecchie d’asino, Ciuffettino un ciuffo e il fratello di Pinocchio un naso che cresce quando dice bugie); e rivelano un carattere più sovversivo che conservatore.
Diretto modello narrativo è il romanzo di Carlo Collodi, cui la Myers riserva pagine molto interessanti sottolineando l’importanza della traduzione collodiana delle fiabe francesi della corte del Re Sole che sicuramente contribuì alla nascita del burattino o a dar vita e a rendere indimenticabili alcuni particolari del romanzo, come per esempio quello della carrozza con cui Pinocchio viene trasportato a casa della Fata dai Capelli turchini. Essa pare generata dalla carrozza di Cenerentola in cui la fata madrina ha trasformato la zucca. Per inciso aggiungo qui che nella traduzione di Collodi la zucca della tradizione francese è diventata un umoristico citriolo.
Se la lezione che i tre autori sembrano riprendere da Carlo Collodi è la trasformazione individuale, la studiosa mostra anche come i cambiamenti politici e sociali verificatisi nel giro di pochi anni in Italia abbiano portato gli autori del genere “Monello Fantasy” a non cercare più sentimenti di pietà nei loro piccoli lettori, come capitava con i lettori della “Memoir Fantasy”. Essi paiono invece più interessati a sfidare i lettori e intrattenerli con “parodie sofisticate e giochi di parole”.
I testi che illustrano la “Microcosmic Fantasy” sono L’OMINO TURCHINO di Giuseppe Fanciulli, STORIA DI PIPINO di Giulio Gianelli e UN REPORTER NEL MONDO DEGLI UCCELLI di Paola Lombroso Carrara. Si tratta di romanzi che parlano di un mondo in miniatura che trovava nel CIONDOLINO di Luigi Bertelli (Vamba), uscito nel 1895, un precedente illustre, benché i loro microscopici protagonisti siano adulti e non bambini come Ciondolino. Il genere della “Microcosmic Fantasy” si focalizza più sulla dimensione collettiva che su quella individuale; attraverso le gesta dei suoi “eroi” protagonisti vengono proposti un miglioramento e un cambiamento del sistema sociale che i tre autori vedono rispettivamente nel nazionalismo, nel cattolicesimo e nel socialismo.
LA REGINA DEGLI USIGNOLI di Teresa Ubertis Gray (Térésah), L’AEROPLANO DI GIRANDOLINO di Arturo Rossato e CIUFFETTINO ALLA GUERRA di Enrico Novelli sono i tre romanzi scelti da Myers a rappresentare il sottogenere “Quest Fantasy” che si diffonde in Italia negli anni della Grande Guerra. Il contrasto con i testi del genere precedente pare evidente: l’uso di concetti astratti, dell’allegoria per parlare della guerra in atto mostra un interesse verso il mondo del fiabesco e della magia più che verso l’impegno sociale. Significativa è per Myers, che lo considera un vero e proprio colpo di genio, la figura del professor Schizzi, lo scienziato pazzo di CIUFFETTINO ALLA GUERRA, per molti tratti simile alle contemporanee raffigurazioni futuriste, soprattutto nella scena in cui danza sino a morirne.
La scelta della descrizione della guerra in termini non realistici da parte di questi autori dipenderebbe, a parere della studiosa, dall’età dei bambini a cui si rivolgevano, che erano molto più piccoli rispetto agli adolescenti cui era dedicata la coeva letteratura realistica sulla guerra.
Tra il 1919 e il 1929 viene collocata la “Surreal Fantasy” con i tre romanzi VIPERETTA, LA SCACCHIERA DAVANTI ALLO SPECCHIO e SUA ALTEZZA! di Antonio Rubino, Massimo Bontempelli e Annie Vivanti.
Per il periodo successivo, che vede il domino assoluto del regime fascista la studiosa fa riferimento a altri tre romanzi che sarebbero rappresentativi del sottogenere della “Fantasy del super-eroe”: I PUGNI DI MEO di Giovanni Brunetti, PICCHIO CAMPIONE DEL MONDO di Bruno Roghi e I BIRICHINI DEL CIELO di Salvator Gotta. L’interesse centrale per lo sport, della forza fisica e dell’agonismo esaltati dal fascismo sono fatti propri dagli scrittori di questo sottogenere che attraverserebbe gli anni Trenta del Novecento in Italia.
“The Community Fantasy” occupa solo 5 anni dal 1945 al 1950 e vede tre romanzi rappresentativi: LA FAMOSA INVASIONE DEGLI ORSI, LA REPUBBLICA PINGUINA e le AVVENTURE DI CIPOLLINO di Dino Buzzati, Carmen Gentile e Gianni Rodari. Si narra di città o organizzazioni sociali che si oppongono nettamente alla gerarchia classista del fascismo.
Gli ultimi due sottogeneri individuati e analizzati abbracciano due lunghi periodi. Dal 1950 al 1980 il primo, che è definito “Pinocchioesque Fantasy” ed è rappresentato dai romanzi GELSOMINO NEL PAESE DEI BUGIARDI di Gianni Rodari, le AVVENTURE DI CHIODINO di Gabriella Parca, ATOMINO di Marcello Argilli e Le AVVENTURE DI BARZAMINO di Daniele Pinchirole (Franco Bedulli). Con le loro ibridazioni, frammentazioni e indeterminatezza i tre romanzi mostrerebbero il loro debito nei confronti del postmoderno.
Il secondo comprende invece gli anni tra il 1980 e il 2010. L’Italia subisce in questo trentennio forti trasformazioni con il fenomeno dell’immigrazione dall’Asia e dall’Africa che provoca un profondo cambiamento demografico; e con l’avvento dell’impero mediatico di Berlusconi il sopravvento del suo schieramento politico nella politica italiana che combina insieme controllo mediatico e potere politico.
In questo periodo viene collocato dalla studiosa il sottogenere definito “The Compensatory Fantasy”, di cui si analizzano IO NANO di Donatella Ziliotto, IL CERCHIO MAGICO di Susanna Tamaro e L’ISOLA DEL TEMPO PERSO di Silvana Gandolfi.
Negli ultimi anni la letteratura dell’infanzia in Italia è segnata da una straordinaria maturazione e al suo interno la “Compensatory Fantasy” con la sua percezione extratemporale, il tempo non lineare, i mondi paralleli, dimostra di essere al centro della trasformazione globale cui anche l’Italia partecipa. Tale sottogenere, come dice il termine che lo definisce, sembra assumere un forte valore compensativo di tipo spirituale e anticonsumistico nei confronti delle degenerazioni che la vita politica, sociale e culturale subiscono nell’Italia di questi anni.
Mi sono dilungata a presentare le diverse classificazioni proposte dall’autrice perché contribuiscono a mio parere a ricostruire un genere della letteratura dell’infanzia italiana che non è stato oggetto di attenti studi. Mi pare anche molto interessante il tentativo di accompagnare la classificazione dei generi e l’analisi delle strutture compositive con uno sguardo che tiene sempre di vista anche condizioni sociali e momento storico.
Questa attenzione storica, a mio parere, accanto all'ampio respiro dell’opera, permette che il libro conservi una sua indubbia originalità nonostante l’evidente schema compositivo adottato per cui di ogni periodo, a parte il penultimo, si analizzano sempre tre testi. L’arbitrarietà di questa scelta è compensata dalla vastità degli spunti interpretativi e della quantità dei materiali presi in esame. Tuttavia, come fa la studiosa stessa a conclusione del suo lavoro, non si può non notare come tale approccio critico mostri contraddittoriamente dei limiti proprio nella scelta del rigore classificatorio che, per circoscrivere la tassonomia di un genere, rischia di appiattire sullo stesso piano autori e testi con valore creativo e letterario ben diversi. Proprio per la ricchezza del saggio, dispiace che degli autori non si siano fornite le informazioni biografiche che li avrebbero collocati in un contesto non solo storico ma anche geografico che appare indispensabile per capire l’identità dell’Italia, il suo passato e il suo futuro.
[Rossana Dedola]
27/04/12
Lee Thean Jeen, LOVE 50%
[Edited network. Foto Rb]
Lee Thean Jeen, LOVE 50%. Singapore, 2010. Con Chin, Celeste Chong, Kingone Wang
Wen Kai è un cinico che lavora nel campo delle assicurazioni. Fidanzato con la figlia del proprietario della sua ditta, ne segue i capricci e i desideri con la prospettiva di fare carriera, che è il suo principale obiettivo. Il giorno di San Valentino si reca a Singapore per fare la fatidica proposta di matrimonio alla futura sposa, ma le cose non vanno secondo le aspettative. All’aeroporto smarrisce la valigia con l’anello ed è costretto ad acquistarne un altro. Viene derubato e perde anche il cellulare.
Si imbatte in questa serie di circostanze sfortunate in Hannie, una ragazza di mezzi economici modesti, ma con una personalità accattivante in quanto emotiva, confusionaria, altruista. Sarà proprio lei, come un aiutante magico da fiaba, a prestargli i soldi (quasi tutti i suoi risparmi) per ricomprare l’anello e a farlo arrivare all’appuntamento guidandolo attraverso la città, mentre frattanto anche il suo San Valentino viene distrutto dalla scoperta dell’egoismo dell’uomo con cui ha da anni una relazione: è sposato e non ha nessuna intenzione, contrariamente alle promesse, di lasciare la moglie.
Ci sono molte più complicazioni in quest’intreccio denso e ben articolato di commedia della perdita e del ritrovamento, che ha uno sfondo etico non pedante di scelta tra l’opportunismo e l’autenticità, la quale ultima trionfa alla fine, dato che Wen Kai e Hannie, quasi senza accorgersene, si innamorano l’uno dell’altra, o meglio si accorgono che il destino ha consentito l’incontro delle loro anime gemelle; e scoprono in negativo quanto di erroneo c’era nel perseguire rapporti sentimentali con la persona sbagliata.
Il tutto si tiene su un tono leggero e divertente. Il film è estremamente ben recitato. C’è una Singapore ripresa in varie sue guise. Ci è piaciuto.
[Roberto Bertoni]
25/04/12
Nadia Bobbio, HISTORY AND MYTH MAKING IN UMBERTO ECO’S BAUDOLINO AND BRIAN FRIEL’S MAKING HISTORY (PART II)
[Myth-making hero (Tuileries, 2011). Foto Rb]
Whereas Friel’s approach to the question of history-writing is stimulated by the Irish debate about national history, Eco’s BAUDOLINO can be seen in the light of a theoretical debate on historiography without reference to a specific national context. BAUDOLINO’s doubtful account investigates history telling and “historiographic metafiction” as discussed by Linda Hutcheon in A Poetics of Postmodernism (1988), where she sees postmodernist critical rediscovery of history as opposed to the detachment from history of early modernist formalism and aestheticism [2]. In “Postille a IL NOME DELLA ROSA”, Eco, too, argues that Postmodernism views both literature and history as discourses and systems of signification through which we deal with the past. While postmodernism re-establishes the historical context as relevant, it also problematizes the very notion of historical knowledge. The implied notion is that there cannot be a single transcendent concept of “genuine” history as all goes through a dialogical reviewing of the forms and values of the past [3]. Post-modernism undermines all assumptions of objectivity, neutrality and impersonality allegedly attributed to historical statements. In postmodernist interpretations, historiography is a method of rescuing aspects from the past for a study of the present.
Eco argues that irony is the essential feature of the postmodernist reply to the modernist rejection of the past (NDR, 530). Parody is the discursive procedure which questions the past rather than destroying it, and this is especially evident in BAUDOLINO. This picaresque adventure uses parody to confront authority - both the political authority of Friedrich (as well as of contemporary politicians), the Christian Church, and the authority of both the literary author and the historian. The story of BAUDOLINO is told by a liar and impostor who writes his diary in vernacular by scraping clean a stolen parchment. The authoritative account of history written in Latin (Otto of Freising’s Chronica sive Historia de duabus civitatibus) is erased to make room for BAUDOLINO ’s narrative in dialect, crowded with entertaining vulgarities and mocking remarks about Friedrich’s army. BAUDOLINO ’s historical context gives Eco a chance to deride Umberto Bossi’s Lega Nord, a party founded in 1989 and characterized by the idea that the northern regions of Italy should be independent from the south. Bossi demanded that May 29th be made the regional main holiday of Lombardy in order to commemorate the Lega Lombarda which fought against Friedrich Redbeard on 29th, 1176, at the Battle of Legnano. In BAUDOLINO, Eco is sarcastic about the fact that this battle took place fourteen years after the razing of Milan to the ground by Redbeard with the help of the towns which later joined forces in Lega Lombarda in order to fight against him [4].
While reading Eco, we are reminded of Friel’s investigation on the right of the historian to manipulate events for the greater good of the nation. In Eco’s novel, this can be seen by considering the character of Otto of Freising, a strict man of undisputable morality in charge of BAUDOLINO ’s education at Friedrich’s court. He does not condemn BAUDOLINO’s lies but rather justifies them: “se tu vuoi diventare un uomo di lettere, e scrivere magari un giorno delle Istorie, devi anche mentire, e inventare delle storie, altrimenti la tua Istoria diventerebbe monotona” [5]. Otto allegorizes the concept of fictionalization of history (as expounded by Hutcheon) but he also eliminates one of the basic distinctions between fiction and history. Hayden White argues against the idea that history totally differs from fiction. White observes that if on the one hand the historian mostly “finds” while the fiction writer “invents” [6], on the other “invention” plays a relevant role in the historian’s work. In the construction of his narrative, the historian uses a number of literary strategies, such as the arrangement of facts within a story provided with a discernible beginning, middle, and end (White, p. 7).
However, it is significant to point out that in BAUDOLINO, Otto’s reason for changing historical facts is not closely connected with the cause he supports but rather with the desire of making history interesting to raise the reader’s curiosity. This leads to Eco’s theoretical work on popular fiction, visible in essays such as APOCALITTICI E INTEGRATI and IL SUPERUOMO DI MASSA. If, in Eco’s interpretation, the aim of popular fiction is to create a myth, such is likewise the purpose of history in BAUDOLINO, as it would seem to be proved by Otto when he encourages the protagonist to pursue Prester John’s kingdom. The Prester is a Nestorian Christian priest-king descended from the Magi who allegedly offers to help the Church and Jerusalem in their fight against Islam [7]. Otto is a firm believer in the Prester, and he teaches BAUDOLINO that it is not important that all events told are true but only that historians or authors believe they are. To testify falsely something which is believed true is a virtuous act because it compensates for a lack of proof of something that certainly exists (BD, p. 61). What is really important is that in the narrative “tout se tient” in a vortex of differing interpretations (BD, 146). Despite BAUDOLINO ’s wordy heroism, his journey to Prester John’s kingdom cannot be entirely dangerous: he can either find it or make it up as long as the political needs of Friedrich the Great are satisfied.
Thus BAUDOLINO’s invention is compatible with Lombard’s change of historical facts. Both characters consolidate the authority the leader of an internally fragmented community - O’Neill in MAKING HISTORY and Friedrich Redbeard in BAUDOLINO. The latter, however, is almost a grotesque version of the former. While Lombard modifies those aspects of the truth which put O’Neill in a bad light while remaining faithful to the broader context, BAUDOLINO makes up a fantastic story full of monsters and fantastic creatures which cannot possibly be taken for real. Whereas seriousness and drama characterize MAKING HISTORY, BAUDOLINO belongs in the light and mocking atmosphere of parody.
A reason for comedy can be found in Eco’s distrust towards the myth-making characters of popular fiction. In his study on Superman, Eco points out that the readers of this comic belong to a levelled down society characterized by psychological frustrations and inferiority complexes. In this society, man is a number belonging to an organization which decides for him. Superman, a hero coming from outer space, can do almost anything by using his powers. At the same time, through the character’s double personality as earthling Clark Kent, the reader identifies with him. In brief, Eco concludes, any ordinary American man can secretly dream to revenge years of mediocrity by turning one day into a superman [8]. But precisely because that is only a dream, the myth of Superman serves the purpose of maintaining the majority of Americans within the walls of their mediocrity. In addition, Eco points out how Superman’s civil consciousness is split from his political consciousness. By using his powers, Superman could exercise put an end to famine in the world, create wealth for the poor, or free the Chinese from Mao’s dictatorship. Instead, he spends immeasurable energies to organize charity events in his small community. He travels galaxies but does not explore the Earth or even the United States. Despite occasional battles against extraterrestrial evil, Supermam’s fight is against local crime (Eco, 1964, pp. 256-60).
In IL SUPERUOMO DI MASSA Eco argues that popular literature is “socialdemocratico-paternalista”. While the popular novel denounces the contradictions of society, it offers consolation. It is a “macchina gratificatoria” whose purpose is both to please and keep at bay the reader [9]. In Eco’s view, the popular novel offers temporary satisfaction to the oppressed in order to reinstate the rules which it defies. Balzac’s Vautrin, Dumas’ Montecristo and Sue’s Rodolphe are all supermen acting in defense of the poor but their actions are in reality reformist rather than revolutionary. Eco argues against these “supermen of the masses” because they decide by themselves what is good for the humble individual and act on his behalf without consulting him. Those who are fascinated by such myths live in a dream and ask the popular novel to console them with fantasies of justice in order to forget that in reality they are deprived of it (Eco, 1978, pp. 85-87).
To conclude, this paper has attempted to show how both Friel and Eco see in their literary works the opportunity for suggesting changes in society. However, the methods they suggest to change society differ. Friel adopts seriousness of tone in order to plunge into the depths of societal emotions and human complexities. Conversely, it is with humour and irony that Eco demystifies those beliefs which impede progress in Italy. Whereas Friel sees the need for creating a myth in order to unite his nation, Eco suggests laughing at the myth which suggests that the North of Italy should be independent from the South.
NOTES.
[1] A. Conti, PDL VS LIBRI DI STORIA, SABBATUCCI: “POLEMICA FUTILE E PRETESTUOSA”, 21-4-2011, http://www.ustation.it/articoli.
[2] U. Eco, POSTILLE A IL NOME DELLA ROSA (1983), p. 530 of IL NOME DELLA ROSA, Milano, Bompiani, 2000, pp. 507-32.
[3] L. Hutcheon, A POETICS OF POSTMODERNISM, New York and London, Routledge, 1988, pp. 87-89.
[4] N. Bobbio, INTERVIEW WITH UMBERTO ECO ON MIKHAIL BAKHTIN, 13-12-2011.
[5] U. Eco, BAUDOLINO, Milano, Bompiani, 2000, p. 48. Hereafter BD.
[6] H. White, METAHISTORY: THE HISTORICAL IMAGINATION IN THE NINETEENTH-CENTURY EUROPE, Baltimore and London, The Johns Hopkins University Press, 1973, p. 6.
[7] For more details on the historical fake of the letter from Prester John, see Eco’s SERENDIPITIES: LANGUAGE AND LUNACY, New York, Columbia University Pres, 1998 .
[8] U. Eco, APOCALITTICI E INTEGRATI (1964), Milan, Bompiani, 2005, pp. 226-28.
[9] U. Eco, IL SUPERUOMO DI MASSA. RETORICA E IDEOLOGIA NEL ROMANZO POPOLARE (1978), Milan, Bompiani, 2005, p. 14.
La prima parte di questa riflessione è stata pubblicata su "Carte allineate", 17 marzo 2012.
23/04/12
Nabin Sudda, NUMAFUNG (BEAUTIFUL FLOWER)
Nepal, 2001. Con Niwahangma Limbu, Alok Newang, Ramesh Singhak, Anupama Subba, Prem Subba.
Questo bel film in lingua Limbu narra la storia di una ragazza andata sposa per volere paterno a un taglialegna di cui si innamora, poi a un possidente che la tratta con violenza e da cui fugge, legandosi sentimentalmente e per scelta personale a un uomo che la ama, ma dovendo anche, con questa scelta, rompere con la famiglia originaria, che è frattanto costretta a pagare un compenso al secondo marito, con conseguente indebitamento, vendita della casa e trasferimento dal paese sulle alture verso la pianura in situazione di impoverimento e di sradicamento.
Quindi un elemento del film è la messa in questione della società patriarcale e il peso della tradizione con le regole che impediscono l’emancipazione individuale. Il che, tuttavia, non significa l’esclusione dalla prospettiva esistenziale di affinità con altre regole della vita tradizionale, illustrate dal regista con tatto e accostamento antropologico non intrusivo, bensì naturale e fornito di partecipazione ideologica ed emotiva. Così, per esempio, il Consiglio degli Anziani, la presenza dello sciamanesimo, i riti del matrimonio, dell’ospitalità, dei funerali.
L’alleggerimento di questa storia tragica è affidato all’occhio narrante, quello della sorella della protagonista, una bambina, che osserva con perspicacia e al contempo con innocenza i giochi del destino che le si dipanano di fronte.
Il regista ha dichiarato in un’intervista del 2004 che con questo film voleva distaccarsi dalla cinematografia nepalese del tempo, ignorando chi lamentava che il suo film non sarebbe stato commercialmente efficace, mentre a cose fatte ha vinto invece vari premi.
Sudda ammira il cinema asiatico e in particolare quello cinese piuttosto che quello indiano. Definisce consapevole la scelta del realismo e della rappresentazione dei problemi di genere oltre che della minoranza etnica in cui si svolge la storia [1].
NOTE
[1] Intervista a cura della rivista “The Nation” .
[Roberto Bertoni]
Questo bel film in lingua Limbu narra la storia di una ragazza andata sposa per volere paterno a un taglialegna di cui si innamora, poi a un possidente che la tratta con violenza e da cui fugge, legandosi sentimentalmente e per scelta personale a un uomo che la ama, ma dovendo anche, con questa scelta, rompere con la famiglia originaria, che è frattanto costretta a pagare un compenso al secondo marito, con conseguente indebitamento, vendita della casa e trasferimento dal paese sulle alture verso la pianura in situazione di impoverimento e di sradicamento.
Quindi un elemento del film è la messa in questione della società patriarcale e il peso della tradizione con le regole che impediscono l’emancipazione individuale. Il che, tuttavia, non significa l’esclusione dalla prospettiva esistenziale di affinità con altre regole della vita tradizionale, illustrate dal regista con tatto e accostamento antropologico non intrusivo, bensì naturale e fornito di partecipazione ideologica ed emotiva. Così, per esempio, il Consiglio degli Anziani, la presenza dello sciamanesimo, i riti del matrimonio, dell’ospitalità, dei funerali.
L’alleggerimento di questa storia tragica è affidato all’occhio narrante, quello della sorella della protagonista, una bambina, che osserva con perspicacia e al contempo con innocenza i giochi del destino che le si dipanano di fronte.
Il regista ha dichiarato in un’intervista del 2004 che con questo film voleva distaccarsi dalla cinematografia nepalese del tempo, ignorando chi lamentava che il suo film non sarebbe stato commercialmente efficace, mentre a cose fatte ha vinto invece vari premi.
Sudda ammira il cinema asiatico e in particolare quello cinese piuttosto che quello indiano. Definisce consapevole la scelta del realismo e della rappresentazione dei problemi di genere oltre che della minoranza etnica in cui si svolge la storia [1].
NOTE
[1] Intervista a cura della rivista “The Nation” .
[Roberto Bertoni]
21/04/12
Yoon In-Jin, MULTICULTURAL MINORITY GROUPS AND MULTICULTURAL COEXISTENCE IN KOREAN SOCIETY
[At a bus stop (Seoul, 2012). Foto Rb]
“Korea Observer”, XLI.4, 2010, pp. 517-57
L’articolo mette in rilievo in primo luogo i cambiamenti demografici della Corea contemporanea, in cui si è assistito a un significativo calo demografico, con passaggio dal tasso di natalità del 4,5 nel 1970 all’1,15 nel 2004; la cresita della fascia di terza età; la presenza di immigranti a partire dal 1980; il fenomeno dei matrimoni tra coreani e stranieri. I residenti stranieri in Corea, informa Yoon, erano nel 2010 1.200.000, cifra corrispondente al 2,4 della popolazione e destinata, secondo le proiezioni, a salire a 5% nel 2020 e al 9,2% nel 2050.
In funzione di queste dinamiche, si è aperto un dibattito in Corea sul multiculturalismo; e si sono introdotte misure legislative relative al permesso di soggiorno e alle infrastrutture adatte. Ciò nonostante, le inchieste hanno dimostrato che il livello di discriminazione percepito da stranieri e migranti è piuttosto elevato (il 53% circa ha risposto in tal senso in un sondaggio del 2008).
Queste reazioni, prosegue Yoon, dimostrano che il percorso da una società monoetnica a una compagine multietnica è tortuoso e lento, soprattutto se si adotta il principio che una società multietnica non è semplicemente “a place where people of different racial and ethnic backgrounds live together but also a place where people of different statuses and relationships cohabit” (p. 521).
Nell’ambito della presenza straniera, un ruolo particolare è svolto in Corea dalle minoranze multiculturali (“multicultural minority groups”, p. 522), ovvero gruppi definiti da fattori quali “race, ethnicity, nationality” e cultura piuttosto che da genere, disabilità, appartenenza regionale (p. 523).
Yoon esamina da vicino varie minoraneze: “foreign migrant workers”, “female marriage migrants”, “children of multicultural families”, “Korean Chinese”, “overseas Chinese”, “north Korean migrants”, delinenado di ciascun gruppo i dati demografici, la condizione sociale e le problematiche nei confronti della maggioranza della popolazione coreana.
La conclusione è una proposta inclusiva di abolizione di “all kinds of discrimination and social exclusion”; necessità di sostegno ai programmi educativi intesi a superare le difficioltà di apprendimento di figli nati da uno o due genitori appartenenti a culture diverse da quella coreana; soluzioni realistiche al problema dei sans papiers.
Il saggio termina dunque con queste aspirazioni democratiche e di società aperta e con l’auspicio che “cohabitation and denizenship can work as middle-range principles of multicultural coexistence before South Koreans still imbued with strong nationalism adopt universalistic postnational citizenship” (p. 550).
[Roberto Bertoni]
17/04/12
Angelo Pini, CONGLOMERATI FRA ETEROGENEI
[Enigma (Montmartre 2012). Foto Rb]
Conglomerati fra eterogenei a bocca alta
con l'ombra che rapina le ore
un becco pesante non lascia scampo
al simile io, in mezzo, faccio pilastro
per gli sbandamenti
tenendo l'aria grigia staccata
dalle vite altrui,
preparo i penelli
per dei grandi luminosi quadri
questi sordi colori
che miopi fino dal primo sospiro
senza ogni dove,
tra cose disordinate,
un gomitolo di segni grida-amore
contro le segnate avidità
della sfinge che distoglie i pensieri
e viene anche la notte.
Dissimile con una mente piccola
che in estremo abbassa
l'ego,
i video spaccano la catena parentale
dei nodi d'amante
che dormono sui terrori,
il concetto massa entra nei miei sogni.
15/04/12
Jackie Chan e Zhang Li, 1911
[Do not forget! Foto Rb]
Jackie Chan e Zhang Li, 1911. Cina, 2011. Con Jackie Chan, Winston Chao, Li Bingbing
Uscito nel 2011 per commemorare la rivoluzione del 1911 a un secolo di distanza, questo film ha ingiustamente ricevuto critiche piuttosto tiepide in Occidente per l’eccessiva lunghezza [1], il carattere presumibilmente troppo didattico [2], o la mancanza di sfondo esplicativo degli eventi storici.
In realtà il terzo aspetto deriva logicamente dall’essere concepito per un pubblico cinese che conosce presumibilmente l’accaduto; e a ogni buon conto gli avvenimenti sono chiarificati in relazione al dipanarsi delle vite dei protagonisti.
Lo svolgimento dei dibattiti e delle dispute è a nostro avviso, lungi dal difetto, piuttosto un pregio; e si attua su uno sfondo storico ben realizzato quanto a costumi, comportamenti, interni. La recitazione è misurata e di qualità teatrale. Le scene delle battaglie dinamiche e drammatiche. Le relazioni di collaborazione, lealtà e amicizia, oltre che i riferimenti a una relazione sentimentale, sono delineati con simpatia umana.
Il taglio narrativo è quello della cooperazione di intenti e concezioni del futuro democratico della Cina tra Sun Yat Sen, l’artefice della prima rivoluzione cinese sulla base della quale l’ultimo imperatore abdicò, e Huang Xin, suo consigliere e guida militare. Il film inizia alcuni anni prima del 1911 e si conclude con la necessità da parte di Sun Yat Sen di lasciare la presidenza della Repubblica, per inevitabile compromesso, a Yuan Shi Kai, generale della dinastia Qing. Da ciò conseguì la costruzione di una Cina moderna diversa da quella prevista dal leader democratico, che di nuovo esule tornò in Cina nel 1916, riformulò i progetti di rinnovamento e si alleò coi comunisti, morendo poi di morte naturale nel 1925.
NOTE
[1] “It feels about half an hour too long. What begins as something sober and sumptuous, 1911: revolution, quickly becomes stilted” (Stuart Heritage, “The Guardian”, 15-3-2012).
[2]“The cinematographer Huang Wei does excellent work, and some of the early battle scenes are exciting, putting viewers right in the middle of the action. But what should be rousing stuff — a republic is born! the chains of feudalism thrown off! — remains a kind of lavishly illustrated history lesson” (Rachel Saltz, “The New York Times”, 6-10-2011).
[Roberto Bertoni]
13/04/12
Marco Ercolani, SENTINELLA
Bazzano (BO), Carta Bianca, 2011. Con una nota critica di Alberto Bertoni
Suddiviso in varie sezioni, di una delle quali (PER LA MANO SINISTRA) abbiamo memoria in una precedente lettura, si tratta di un libro in cui riflessione sulla realtà e sulla parola si intrecciano in una scrittura caratterizzata, nella maggior parte dei testi, da periodare staccato e ritmato come versi, ma con logica prosastica del discorso.
La figura allegorica della “sentinella” è polivalente: osserva la notte, ma il suo è solo un tentativo (“La sentinella tenta di fguardare la vera luce della notte. Tenta”, p. 7). Come se il reale fosse inattingibile nella sua essenza, al contempo esplorabile di necessità. Dato che “Ogni realtà rinvia a realtà ulteriori”, che a loro volta sfuggono: “tangibili come la polvere nell’aria” (p. 6).
La funzione della “sentinella”, se essa, come presumiamo, allegorizza tra l’altro il poeta, o meglio la funzione “poeta”, non è di difendere dai pericoli circostanti, ma di espandere le conoscenze, senza temere le conseguenze: “La sentinella ha il dovere non di proteggere dal fuoco ma di esporre alle fiamme. Nessuno è immune dalla cenere futura. Nessuno deve esserlo o perderà la sua casa, la sua pagina” (p. 8).
Non sarà tuttavia opportuno cercare il significato univoco di questo termine, “sentinella”, che non delimita, bensì apre verso l’universo-parola e l’alterità. Infatti: “La mia sola profezia compiuta: esistere altrove” (p. 9).
Altre approssimazioni alla definizione della poesia: sul piano psicanalitico, “la poesia è abitare desideri impossibili” (p. 54); sul piano dei metalinguaggi, “l’arte come non-vita che deve essere viva” (p. 52); e unendo queste due dimensioni: “il poeta subisce il mondo come un universo già perduto, che potrebbe ritrovare con l’atto della parola” (p. 52).
Dietro l’esplorazione interiore, appare la tragedia umana e il dovere di esprimerla in modo partecipato, con approccio allusivo più che circoscritto dalla cronaca, come in questo componimento di tre versi: “Si contano le vittime solo da un’ora. / Saperlo e capirlo. / Abbassarsi verso i corpi” (p. 30).
[Roberto Bertoni]
Suddiviso in varie sezioni, di una delle quali (PER LA MANO SINISTRA) abbiamo memoria in una precedente lettura, si tratta di un libro in cui riflessione sulla realtà e sulla parola si intrecciano in una scrittura caratterizzata, nella maggior parte dei testi, da periodare staccato e ritmato come versi, ma con logica prosastica del discorso.
La figura allegorica della “sentinella” è polivalente: osserva la notte, ma il suo è solo un tentativo (“La sentinella tenta di fguardare la vera luce della notte. Tenta”, p. 7). Come se il reale fosse inattingibile nella sua essenza, al contempo esplorabile di necessità. Dato che “Ogni realtà rinvia a realtà ulteriori”, che a loro volta sfuggono: “tangibili come la polvere nell’aria” (p. 6).
La funzione della “sentinella”, se essa, come presumiamo, allegorizza tra l’altro il poeta, o meglio la funzione “poeta”, non è di difendere dai pericoli circostanti, ma di espandere le conoscenze, senza temere le conseguenze: “La sentinella ha il dovere non di proteggere dal fuoco ma di esporre alle fiamme. Nessuno è immune dalla cenere futura. Nessuno deve esserlo o perderà la sua casa, la sua pagina” (p. 8).
Non sarà tuttavia opportuno cercare il significato univoco di questo termine, “sentinella”, che non delimita, bensì apre verso l’universo-parola e l’alterità. Infatti: “La mia sola profezia compiuta: esistere altrove” (p. 9).
Altre approssimazioni alla definizione della poesia: sul piano psicanalitico, “la poesia è abitare desideri impossibili” (p. 54); sul piano dei metalinguaggi, “l’arte come non-vita che deve essere viva” (p. 52); e unendo queste due dimensioni: “il poeta subisce il mondo come un universo già perduto, che potrebbe ritrovare con l’atto della parola” (p. 52).
Dietro l’esplorazione interiore, appare la tragedia umana e il dovere di esprimerla in modo partecipato, con approccio allusivo più che circoscritto dalla cronaca, come in questo componimento di tre versi: “Si contano le vittime solo da un’ora. / Saperlo e capirlo. / Abbassarsi verso i corpi” (p. 30).
[Roberto Bertoni]
09/04/12
Carla Benedetti, DISUMANE LETTERE
Sottotitolo: Indagini sulla cultura della nostra epoca. Roma-Bari, Laterza, 2011
Il presupposto dell’autrice di questo volume è che stiamo vivendo una fase nuova e catastrofica della storia mondiale, in cui è tra le possibilità prevedibili la scomparsa stessa della specie umana per ragioni leopardianamente legate ai conflitti, all’ecologia, all’irresponsabilità.
Da ciò viene dedotta una necessità, anche per la letteratura, di modificarsi, di rigenerarsi:
“Se le umane lettere non vogliono diventare una mera astrazione consolatoria e alimentare uno spaventoso desiderio di obnubilamento, devono uscire dalla dimensione chiusa, antropocentrica, culturalista costruita dalle strutture di pensiero della modernità. Le ‘lettere’ dovrebbero in altre parole farsi più disumane, mettendo dentro alla propria prospettiva anche ciò che non è per l’uomo” (p. 14).
Si individua su queste basi una serie di attriti tra “forze amputanti e rigeneranti” (p. 19), tramite un’articolazione del discorso in capitoli, “in tutto sette, ciascuno governato da un’opposizione: mondo a sfondo chiuso / mondo a sfondo aperto, apocalisse / emergenza, necessità storica / contingenza, morte / nascita, collettivo / singolare, quantità / qualità, orizzontale / verticale” (p. 20).
Questa premessa è interessante e coglie un fatto reale, indicando un impegno verso un mutamento di mentalità.
Ci pare però che, nello svolgimento dell’analisi, cioè nel corso del libro, le intenzioni iniziali non si concretizzino con precisione, restando piuttosto un’aspirazione che la realizzazione di un programma.
Vengono nondimeno rivalutati autori che rispondono a quelle intenzioni dichiarate, soprattutto Gadda. Si deprecano “certi romanzi contemporanei” che “sembrano chiudere il mondo dentro a un cubo di cemento” (p. 23). Giudicato positivamente Saviano. Tra altri autori recenti, sempre in positivo, Moresco, Scurati, Baiani e Mari (p. 67).
[Roberto Bertoni]
Il presupposto dell’autrice di questo volume è che stiamo vivendo una fase nuova e catastrofica della storia mondiale, in cui è tra le possibilità prevedibili la scomparsa stessa della specie umana per ragioni leopardianamente legate ai conflitti, all’ecologia, all’irresponsabilità.
Da ciò viene dedotta una necessità, anche per la letteratura, di modificarsi, di rigenerarsi:
“Se le umane lettere non vogliono diventare una mera astrazione consolatoria e alimentare uno spaventoso desiderio di obnubilamento, devono uscire dalla dimensione chiusa, antropocentrica, culturalista costruita dalle strutture di pensiero della modernità. Le ‘lettere’ dovrebbero in altre parole farsi più disumane, mettendo dentro alla propria prospettiva anche ciò che non è per l’uomo” (p. 14).
Si individua su queste basi una serie di attriti tra “forze amputanti e rigeneranti” (p. 19), tramite un’articolazione del discorso in capitoli, “in tutto sette, ciascuno governato da un’opposizione: mondo a sfondo chiuso / mondo a sfondo aperto, apocalisse / emergenza, necessità storica / contingenza, morte / nascita, collettivo / singolare, quantità / qualità, orizzontale / verticale” (p. 20).
Questa premessa è interessante e coglie un fatto reale, indicando un impegno verso un mutamento di mentalità.
Ci pare però che, nello svolgimento dell’analisi, cioè nel corso del libro, le intenzioni iniziali non si concretizzino con precisione, restando piuttosto un’aspirazione che la realizzazione di un programma.
Vengono nondimeno rivalutati autori che rispondono a quelle intenzioni dichiarate, soprattutto Gadda. Si deprecano “certi romanzi contemporanei” che “sembrano chiudere il mondo dentro a un cubo di cemento” (p. 23). Giudicato positivamente Saviano. Tra altri autori recenti, sempre in positivo, Moresco, Scurati, Baiani e Mari (p. 67).
[Roberto Bertoni]
05/04/12
Luca Doninelli, TORNAVAMO DAL MARE
Milano, Garzanti, 2004
Forse è un’impressione soggettiva e sbagliata, oppure no? Ma ci sembra che tante storie, cinematografiche e narrate su carta, ricordino gli anni dal ’68 al ’79, specie in questi ultimi due decenni, soprattutto con riferimenti al terrorismo. Perché? Forse questo riallaccio è più spettacolare di quella routine dell’impegno quotidiano con cui tanti, chiamamoli, sia consentito, “oscuri protagonisti” di quella stagione politica, lontani miglia dalle soluzioni armate, che anzi criticavano in maggioranza assoluta, costruivano, almeno idealmente, una “società futura”, come avrebbe detto Gramsci, e nella pratica, tra approssimazioni anche estremiste ed elementi invece positivi e creativi, giorno dopo giorno, scuotevano il conformismo, mettevano in discussione le ideologie del potere e rinnovavano la sinistra. La proiezione verso una società più aperta e democratica è in definitiva la vera conseguenza di quegli anni di lotte politiche, di cui il terrorismo fu un elemento minoritario e che venne isolato, anzi quando arrivò al rapimento di Moro creò un cuneo negativo che contribuì in maniera determinante alla caduta del periodo di radicalità, da cui poi la normalizzazione, cosiddetta, degli anni Ottanta.
Questa premessa è per dire che anche il libro di Doninelli rappresenta quegli anni via terrorismo, con una messa in scena degli attori piuttosto scontata. Però viene recuperato il fattore umano nella figura della protagonista femminile, una donna coinvolta in una tragedia familiare di cui è solo parzialmente consapevole, credendo che il fratello, da lei minacciato di morte per amore e fedeltà nei confronti di un fidanzato terrorista di sinistra, si sia ucciso mentre invece era stato eliminato dalla medesima cellula cui lei apparteneva. Gli anni sono passati, la ragazza di un tempo è una direttrice scolastica sui cinquant’anni, con una figlia cui rivelerà poco per volta l’altro suo segreto, di essere nata dal fidanzato precedente al matrimonio e non dal padre creduto tale di cui la madre è ora vedova.
Se guardiamo questa storia sotto il profilo esclusivamente umano, soprassedendo a quanto detto sopra, ha una logica da tragedia antica, sebbene coerentemente con la sua modernità non si risolva in atti più grandi della vita di tutti i giorni, anzi in definitiva in un’accettazione del destino, in un tirare avanti del quotidiano, forse questo è il modo di superare l’eccezionalità vissuta dai protagonisti negli anni caldi della contestazione.
[Roberto Bertoni]
Forse è un’impressione soggettiva e sbagliata, oppure no? Ma ci sembra che tante storie, cinematografiche e narrate su carta, ricordino gli anni dal ’68 al ’79, specie in questi ultimi due decenni, soprattutto con riferimenti al terrorismo. Perché? Forse questo riallaccio è più spettacolare di quella routine dell’impegno quotidiano con cui tanti, chiamamoli, sia consentito, “oscuri protagonisti” di quella stagione politica, lontani miglia dalle soluzioni armate, che anzi criticavano in maggioranza assoluta, costruivano, almeno idealmente, una “società futura”, come avrebbe detto Gramsci, e nella pratica, tra approssimazioni anche estremiste ed elementi invece positivi e creativi, giorno dopo giorno, scuotevano il conformismo, mettevano in discussione le ideologie del potere e rinnovavano la sinistra. La proiezione verso una società più aperta e democratica è in definitiva la vera conseguenza di quegli anni di lotte politiche, di cui il terrorismo fu un elemento minoritario e che venne isolato, anzi quando arrivò al rapimento di Moro creò un cuneo negativo che contribuì in maniera determinante alla caduta del periodo di radicalità, da cui poi la normalizzazione, cosiddetta, degli anni Ottanta.
Questa premessa è per dire che anche il libro di Doninelli rappresenta quegli anni via terrorismo, con una messa in scena degli attori piuttosto scontata. Però viene recuperato il fattore umano nella figura della protagonista femminile, una donna coinvolta in una tragedia familiare di cui è solo parzialmente consapevole, credendo che il fratello, da lei minacciato di morte per amore e fedeltà nei confronti di un fidanzato terrorista di sinistra, si sia ucciso mentre invece era stato eliminato dalla medesima cellula cui lei apparteneva. Gli anni sono passati, la ragazza di un tempo è una direttrice scolastica sui cinquant’anni, con una figlia cui rivelerà poco per volta l’altro suo segreto, di essere nata dal fidanzato precedente al matrimonio e non dal padre creduto tale di cui la madre è ora vedova.
Se guardiamo questa storia sotto il profilo esclusivamente umano, soprassedendo a quanto detto sopra, ha una logica da tragedia antica, sebbene coerentemente con la sua modernità non si risolva in atti più grandi della vita di tutti i giorni, anzi in definitiva in un’accettazione del destino, in un tirare avanti del quotidiano, forse questo è il modo di superare l’eccezionalità vissuta dai protagonisti negli anni caldi della contestazione.
[Roberto Bertoni]
03/04/12
Marina Pizzi, SOQQUADRI DEL PANE VIETO (2010-11, STROFE 6-14)

["The museum of everyday life..." (Les Halles, 2012). Foto Rb]
6.
un giorno finisce il tragico s’inerpica
nella palude sciatta del mio corpo.
in realtà il tempo è un forsennato addio
una credenza con le formiche e le briciole
di quando c’era la spesa di una vita.
oggi mi appoggio all’eremo del buio
alla marina sirena delle regie del sale
perché la pendola è ferma da un mare d’anni
la noia piena di salute senza resistenze.
si stenta invece verso la fenice d’alba
questo abituro che assassina il futuro
dentro le scosse di singhiozzi e ceppi.
la terra è chiusa da sicari sicuri
nessuna pietà ospita la lena
di captare oasi la merenda infante.
così clemente è l’ora di guardarti
dentro la darsena della luna piena
alambicco di cristallo il tuo respiro.
piango assai quando qualunque impegno
mi precipita nel legno della cassa
appena morta forse. se ieri volli la regia del sasso
oggi il canestro è il desiderio più lungo.
7.
nessun domani ignori se stesso
è il passato il dubbio. la quarantena
vizza del rondinino storpio
dentro il nido piissimo delle cimase
chissà qualora uno stridio benefattore.
8.
non farò caso alla malia del timbro vuoto
la possibilità di essere chiunque
lo stallo di un ergastolo
la baraonda di un amante
oggi mi basta il fischio della fionda
la dura prova di chiudere a chiave
le inferriate delle lanterne vizze.
in coda all’alamaro della rotta
perdo la spugna per asciugare il sangue
acquisto le nomee di golfi senza attracco.
9.
la luna vuota sotto il sudario d’inganno
quasi a trasalire per una stoppia in cortile
dove si evince morte ben sicura
e tagli all’avaria del disamore.
questo si ritaglia dalla gaiezza del mare olimpico
quando si staglia la penombra della giovinezza
nell’equoreo barcone di guardarti
tenue balbettio del tic di non averti.
salutò la rima in riva al mare
senza amorazzi di lutto per sopravvivere
al cielo troppo alto da toccare.
in calamità di genesi e verdetto
offro la mira di guardare oltre
almeno oltre la feritoia della rondine.
appena assaggerò il sale ammesso
sarà fatale dimorare il cerchio
verso la falla della palla sgonfia.
il simbolo del cerchio è la bravura
della clausura libera la perfezione d’aria
nonostante il ritorno del medesimo.
alla marea di scarto voglio sottendere
genialità la nuca del bambino
che se ne va in apice di nido.
10.
ho visto un bell’albore quando da piccolo
s’insinuava l’arringa della vita
una vacanza con gli alamari aperti
verso la gioia la corsa anti muraglia.
in trono la lucertola immobile
verso lo scavo di trovar pepite
nel limitar di un’agenda vergine.
oggi nella ciotola che m’imbeve amore
racconto quale fu la mia mattanza
la polvere del rantolo e l’eclisse.
scampato sono stato un bambino d’epoca
con la ciotola del riso e la mitraglia
tra eremi di fanghi e ghiri di ricchi.
calamite di mosche soqquadrano il mio corpo
ora che avvengo da bambino offeso
dentro la darsena che mi soffre madre.
qui mi dannano una marea di lacrime
nel crimine del fasto in cima ad altri
continenti cattivi di ricchezza.
11.
il museo del giorno comune
quando dal fatuo del rimedio
si pinza la foto ad asciugare
a ricordo d’eccezione
svaghi mistici il sollecito dell’abaco.
12.
gli anni passano una radice nera
una miniera di aghi
una tempia suicida.
uno straccio di rondini si rannicchia
sotto cimasa in balìa del vento.
una crudele soglia intasca il cuore
nei valori del serpente che sibila
perpetue le sentenze dell’occaso.
13.
un eremo m’infesta la salute
mordo il crisantemo che mi sceglie
con scaglie ridanciane per uccidermi
contro la festa d’asilo di bambini
felici illetterati. con il filo spinato per bracciale
ingorgo la mia vita traumatica
mentore il sangue che non mi vuole bene.
tra treccine di braci vado a lungo
lungo il fiume per salvarmi l’anima
l’acqua migliore non saprà lavarmi
dai chiodi stonati delle labbra.
la lezione del vicolo se la ride
di me da sempre intenzionata al lutto
alla frode di strapparmi il cuore.
invece di coriandoli lamento
la lira che canzona la mia pace
sotto il circuito di lavarmi il viso
con il colera degli altri che sono tragici.
sbatte la persiana sulla collina fatua
vendetta che da anni si ripete
appena giungono le rondini di pace.
sono martirio e avanzo di me stessa
la resina del miele che non sa sedurmi
nel tramestio del mitico fantasma.
la rendita del fianco è stata arresa
dallo scontro illiberale della fune
dal cipresso che mi aspetta sempre.
14.
scottature di calce questa manfrina
che gioca con i verginei sassi
a ribassare il suolo per far giocare
i bambini. in bilico sul manuale d’ascia
so imparare a fendere il palazzo
sotto le membra che scaldano i papaveri
do diluire un pugno da una carezza.
la forza del messere signore assente
comunichi col brano della preghiera
dica se può magnificare la rendita
della fortuna. con poche eclissi ci
sarà riguardo verso lo scempio
di perdere il viso.
[Le strofe precedenti di sono uscite su "Carte allineate" in data 7-3-2012]
01/04/12
Neil Jordan, MISTAKEN
Londra, John Murray, 2011
I motivi del circo, delle spiagge dublinesi e del vampiro, ricorrenti nell’opera narrativa e cinematografica di Jordan, ritornano in questo romanzo come citazioni d’ambiente e motivi.
È in un circo che si scioglie l’enigma dei due protagonisti, così simili l’uno all’altro da mettere in difficoltà a riconoscerli anche alcune delle fidanzate e intenti a scambiarsi ruoli in un gioco pericoloso che alla fine si svela come la nascita, in quanto gemelli, da un’artista circense che li aveva affidati a due diverse famiglie.
La spiaggia è il luogo della madre della voce narrante: di quello meno abbiente, da bambino, tra i due; il luogo dunque di un’identificazione del femminile e della nostalgia.
Il vampiro è il soprannome di un vicino di casa del medesimo narratore, che appare nei suoi incubi infantili e nelle ironie adolescenziali.
Gli scambi di idendità sono molteplici. Investono anche la sfera sociale se nell’infanzia il più abbiente diventa scrittore, infine in crisi esistenziale e creativa e impoverito va a vivere col padre del precedentemente povero che, ora architetto, vive con agio maggiore.
Il nucleo centrale si rivela poco a poco. L’anagnórisis è lenta e progressiva; e solo da anziani scoprono di essere fratelli.
L’episodio di maggiore rischio nello scambio identitario consiste in un omicidio perpetrato negli Stati Uniti da uno dei due che sostituiva temporaneamente il fratello presso una fidanzata diciamo così scomoda per il gemello scrittore e la uccide per difendersi da un momento di violenza di lei che lo svela come l’altro; ma questo reato non riceve contrappasso, perché fornisce l’alibi proprio il gemello che in quel momento si trovava a Dublino. Col che, ancora secondo il canone di Jordan, i parametri etici vengono messi in discussione fino all’impunità per un assassinio.
Tuttavia è una confessione la scrittura di questo romanzo, dato che il narratore, dopo il funerale del fratello, racconta tutto alla figlia di lui.
Emergono un quadro di Dublino com’era e com’è, una desolazione esistenziale, una possibilità di redenzione per mezzo della scrittura letteraria. (Tra parentesi i giochi di raddoppiamento e sovrapposizioni riguardano anche le immagini en abyme della funzione autoriale: infatti l'autore Jordan intesse questa storia raccontata da un narratore in prima persona in quale, in quanto personaggio, non fa di professione lo scrittore, ma lo diventa con questo racconto dove si parla di un fratello scrittore di professione...).
[Roberto Bertoni]
I motivi del circo, delle spiagge dublinesi e del vampiro, ricorrenti nell’opera narrativa e cinematografica di Jordan, ritornano in questo romanzo come citazioni d’ambiente e motivi.
È in un circo che si scioglie l’enigma dei due protagonisti, così simili l’uno all’altro da mettere in difficoltà a riconoscerli anche alcune delle fidanzate e intenti a scambiarsi ruoli in un gioco pericoloso che alla fine si svela come la nascita, in quanto gemelli, da un’artista circense che li aveva affidati a due diverse famiglie.
La spiaggia è il luogo della madre della voce narrante: di quello meno abbiente, da bambino, tra i due; il luogo dunque di un’identificazione del femminile e della nostalgia.
Il vampiro è il soprannome di un vicino di casa del medesimo narratore, che appare nei suoi incubi infantili e nelle ironie adolescenziali.
Gli scambi di idendità sono molteplici. Investono anche la sfera sociale se nell’infanzia il più abbiente diventa scrittore, infine in crisi esistenziale e creativa e impoverito va a vivere col padre del precedentemente povero che, ora architetto, vive con agio maggiore.
Il nucleo centrale si rivela poco a poco. L’anagnórisis è lenta e progressiva; e solo da anziani scoprono di essere fratelli.
L’episodio di maggiore rischio nello scambio identitario consiste in un omicidio perpetrato negli Stati Uniti da uno dei due che sostituiva temporaneamente il fratello presso una fidanzata diciamo così scomoda per il gemello scrittore e la uccide per difendersi da un momento di violenza di lei che lo svela come l’altro; ma questo reato non riceve contrappasso, perché fornisce l’alibi proprio il gemello che in quel momento si trovava a Dublino. Col che, ancora secondo il canone di Jordan, i parametri etici vengono messi in discussione fino all’impunità per un assassinio.
Tuttavia è una confessione la scrittura di questo romanzo, dato che il narratore, dopo il funerale del fratello, racconta tutto alla figlia di lui.
Emergono un quadro di Dublino com’era e com’è, una desolazione esistenziale, una possibilità di redenzione per mezzo della scrittura letteraria. (Tra parentesi i giochi di raddoppiamento e sovrapposizioni riguardano anche le immagini en abyme della funzione autoriale: infatti l'autore Jordan intesse questa storia raccontata da un narratore in prima persona in quale, in quanto personaggio, non fa di professione lo scrittore, ma lo diventa con questo racconto dove si parla di un fratello scrittore di professione...).
[Roberto Bertoni]
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