Milano, Garzanti, 2004
Forse è un’impressione soggettiva e sbagliata, oppure no? Ma ci sembra che tante storie, cinematografiche e narrate su carta, ricordino gli anni dal ’68 al ’79, specie in questi ultimi due decenni, soprattutto con riferimenti al terrorismo. Perché? Forse questo riallaccio è più spettacolare di quella routine dell’impegno quotidiano con cui tanti, chiamamoli, sia consentito, “oscuri protagonisti” di quella stagione politica, lontani miglia dalle soluzioni armate, che anzi criticavano in maggioranza assoluta, costruivano, almeno idealmente, una “società futura”, come avrebbe detto Gramsci, e nella pratica, tra approssimazioni anche estremiste ed elementi invece positivi e creativi, giorno dopo giorno, scuotevano il conformismo, mettevano in discussione le ideologie del potere e rinnovavano la sinistra. La proiezione verso una società più aperta e democratica è in definitiva la vera conseguenza di quegli anni di lotte politiche, di cui il terrorismo fu un elemento minoritario e che venne isolato, anzi quando arrivò al rapimento di Moro creò un cuneo negativo che contribuì in maniera determinante alla caduta del periodo di radicalità, da cui poi la normalizzazione, cosiddetta, degli anni Ottanta.
Questa premessa è per dire che anche il libro di Doninelli rappresenta quegli anni via terrorismo, con una messa in scena degli attori piuttosto scontata. Però viene recuperato il fattore umano nella figura della protagonista femminile, una donna coinvolta in una tragedia familiare di cui è solo parzialmente consapevole, credendo che il fratello, da lei minacciato di morte per amore e fedeltà nei confronti di un fidanzato terrorista di sinistra, si sia ucciso mentre invece era stato eliminato dalla medesima cellula cui lei apparteneva. Gli anni sono passati, la ragazza di un tempo è una direttrice scolastica sui cinquant’anni, con una figlia cui rivelerà poco per volta l’altro suo segreto, di essere nata dal fidanzato precedente al matrimonio e non dal padre creduto tale di cui la madre è ora vedova.
Se guardiamo questa storia sotto il profilo esclusivamente umano, soprassedendo a quanto detto sopra, ha una logica da tragedia antica, sebbene coerentemente con la sua modernità non si risolva in atti più grandi della vita di tutti i giorni, anzi in definitiva in un’accettazione del destino, in un tirare avanti del quotidiano, forse questo è il modo di superare l’eccezionalità vissuta dai protagonisti negli anni caldi della contestazione.
[Roberto Bertoni]