05/09/11

Marina Pizzi, VIGILIA DI SORPASSO, 2009-2010 [81-90]


[House built according to the swamp code. Foto di Marzia Poerio]


81.

il codice di palude segna palude
una scorribanda di mantice
con vento beffardo.
le avarie del fato dormono letizie
infantili fin dove è dato il possibile.
le dune del silenzio sembrano firme
apocrife dove s’inscriva un dio di
coriandolo alla pozzanghera. una nostalgia
di cremisi rovine misura una scuola
senza bimbi né fontanelle attive.
qui giace la domenica del cappio
con le mattonelle nere. dove sarò
domani è una catastrofe di fifa
per il verdetto nero. la marea
della palude è per i bimbi che giocano
coi rami. la misticanza del sarto mi ha
fatto un vestito arlecchino chino sul sole.
è un accento proclive quasi una preghiera
buttata a segno.


82.

quale sarà la gioia che invaderà
la nocca di bussare? rivederti?
o canzonare la foggia della buca
per i suicidi blasfemi? dove si porrà
la venia della nuvola lungo il binario
sicurissimo? è già domani il resto
della spiaggia spaesata? o t’inventi
un crepuscolo per starci vicini? nulla si
addobba in un computer potentissimo
né la penombra batte la crisalide che aspetti.
nella fandonia che bacia le gimcane
resta la carica di chiamarsi donna
una manciata d’edere vivaci.
il sud, il nord ti accadono con le novene
accanto, col dì che preghi un dono di tesoro
tanto per un presuntolo rantolo solare.


83.

vortice d’occaso l’ultimo sembiante
morente morente. di te ho crudi il fantasma
e l’oasi. l’ora canuta che ti borseggia il sangue.
in mano alla faccenda dell’addio
s’erge la giacca che non indosserai più.
con un gilet di segatura ti credi salvo
straniero e disertore reso imprendibile.
oggi si ammacca la breccia del cielo
il male ossuto che ci fa seguaci
di ìndici senza nomi.
nel mare immenso di cadere in mare
ho chiuso gli occhi con le nuvole imperterrite.


84.

alunno oscuro quando si schianti il verbo
verso anomalie di polipo gigante
il vanto promettendo della declinazione.
le rotte plurime delle donne nude
raccontano le fiabe delle rime
quando il candore modula la giacca
verso le perle di ballerini mitici.
da qui alla pregnanza della giostra
c’è la volpe che ha capito tutto
e non implora per trovare l’apice.
la fanga ragazzina del cimitero nuovo
festeggia nuvolaglie di guerriglie
verso il portone che si spalanca tutto.
già tornano le siepi che germogliano
asfodeli e corsi di maretta i bimbi incolumi.


85.

vortice d’ombra l’avaria di te
quando da l’àncora si pativa
rovina e vita non intendevano
alcuna cosa. autunno il mio
collegio si chiamava. cortesia
di cenni l’acume della ginestra
lungo la strada della cometa nera.
lezione in aula magna la tua
vendetta contro la mansuetudine
del fato. in coro le bambine piangevano
vitali. così la genìa del faro raccontava
frottole e cialde emanavano le sfingi
nei sottoscala d’ansie. invano la veletta
della sposa inventava pacificazioni.
le ronde dell’alamaro militare
calcavano il teatro come dive
di dittature. nulla restava del simbolo
del sogno evaporato portico.


86.

non crollo né vano profitto
dall’atto di contare i giorni.
intacca con me questa pietà
fissa alla tanica del fuoco.
gran pece di marina l’erma fonte
spaccata dalle rondini che gridano
dono su dono una manciata vuota.
apri con me il sogno per entrare in pace
nel governo che fonda le non lapidi
giochi giovinetti e prime cialde.
dal remo che sconfisse le veneri
torna da me in un moto regale
concesso solo al prìncipe dei numeri.
felina giostra dammi per un attimo
nel modo che condona il guaio d’io.


87.

portami un sorso di erba voglio
in apice di morte. consentimi
un teschio che sia ridente
nonostante le buste del discount.
commetti con me una nostalgia
capitale tratta dalle rondini che
migrano il grano nell’addome.
fai di me un anfiteatro giusto
senza gli applausi per i morti.


88.

stanze scoscese verso un sottobosco
gentile per i naufraghi bambini
dove la giungla è inerte dentro il fiato
gentile per la gara della flotta.
in contro al mare ho la resina di dio
il dio viatico che ci incontra sempre
verso notizie paniche e visioni.
oggi e domani la darsena si spande
verso la manna che non sarà di pane
ma ernia della mamma senza figlio.
in te che guardi la rendita del figlio
vive la giara della rotta piena
preda del mare che non sarà furioso.
apprezzo il viale del tramonto delle stanze
scoscese.
là si avverte un sodalizio d’anima
con le tovaglie che aspettano
l’ospite e l’ingrato.
se darmi amore è volere sale
tu resta in sala a chiamarmi sempre.


89.

velame sull’approdo questo scugnizzo
che gioca a palla con la dolente ambascia
con la bisaccia straccia di carbone.
così veliero di remore la sfida
con il malvezzo spirito di spiga
oggi sto a dirti che non viaggio più
nell’ombra delle maniche che scendono.
veletta dell’America vederti
imbuto scaturigine risacca
dentro la banda del comune simbolo
ovvero la multa di scantonar di corsa
questo giochino apolide del sonno
tracciato sulla lapide di sale.


90.

intorno al bavero ho un volto di cometa
minuzie della sabbia l’abituro
non mai sicuro di trovare talamo.
le frodi a mo’ di passero canticchiano
litanie dell’io per una ginestra
astrale oltre il falco impaurito.
e mo’ rimonta la vendemmia amara
quella fanciullaggine vermiglia
odissea di taglia e di favilla.
benigno altare controllare gli occhi
disfatti dalla nenia d’imparare
sempre comunque un lato di verdetto.
così nel giglio della notte statuaria
si erge il pulviscolo morente
la breve stasi di capire l’ombra.


[Le strofe precedenti di VIGILIA DI SORPASSO sono uscite su "Carte allineate" in data 27-11-2010, 17-12-2010, 19-1-2011, 21-3-2011, 7-4-2011, 21-5-2011, 3-6-2011, 11-8-2011]