23/09/11

Annamaria Ferramosca, INFRAVOCI

“ti cercherò per questa terra che trema
lungo i ponti che appena ci sorreggono ormai
sotto i meli profusi, le viti in fiamme”.

(Cristina Campo)


PROLOGO

(quasi Near Death Experience)

andata
sono andata
asino che trascina campane
il libro lasciato sull’erba
aperto al vento
pagine che sbattono impazzite
perché qualcuno sta leggendo
sotto una luce zenitale
e comprende

andata
sono andata
tutto così domestico, ora
sospeso eppure tattile
perfino il muro è morbido
mi parla con pacatezza
da un’escoriazione nel bianco
scandaglia note
nella mia voce incerta
finalmente assertive

andata
ché ero sempre in fuga
da stanze sorde
a piccole feroci suppliche
ché avevo dita sporche
per aver scavato con foga in terra
e l’insistenza arrochita del chiedere

reduce da un periplo di universo
ritrovarmi
bambina in stupore
sotto l’ala di un racconto






la lingua che s’ammutina

sto per spegnere la televisione
lo speaker mi precede ammutolisce
immobile inespressiva maschera
si consacra al silenzio

la lingua che s’ammutina
sa
del respiro forte degli alberi
di cui parlano i sordi
una nuvola scivola tra i rami
e maturano allo stesso tempo i frutti
segretamente
alla password soffiata del contagio

la lingua che s’ammutina
sa
del mormorio animale
dei passi infiniti sulla pianura
tagli nell’orizzonte invisibili
la terra ne risuona e i miei polsi
al passo muto del tempo
nella stanza
un dente di latte cade
senza rumore né sangue




il lato tragico di questo ticchettio quotidiano
è che suona operoso quasi musicale
mentre cadono sullo schermo le costellazioni
si è verificato un problema di connessione
singhiozzano i link a monconi
m’incatenano a una terra evanescente
zolle informi dove non distinguo
né radici né solchi nemmeno un lombrico
da far contorcere soffiandogli
il mio terrore sul dorso

di fronte ho interfacce
da periodo cubista sardoniche
ché ogni volta la foto mi svela
dilettante antica dei desideri
se ancora intenerisco
al miagolìo che si struscia alla caviglia
che vibra di voce più di questa battente
oscillazione di falangi
a stordire d’assenza




infravoci ( lungo le Gole di Celano)


come una vestizione rituale
la salita del greto il tremendo
inizia già sulla bocca in alveoli rupestri
antiche ossa d’uomo fuse alla pietra
come per un ritorno

lungo la marcia abbandonate a valle
parole opache di città
galleggiano le vive, torrentizie
nell’odore di muschio i grandi temi
ridursi a domande minime a silenzio

il nostro vuoto è voragine
in verità vorremmo noi risarcire
alberi e pietre per il grande zero
di verbosenso
- il loro è tuono, di fronte a un balbettio -

questa dis-lingua che solo sa asserire
non penetra
il nodo siliceo, il chiaro di linfa
non traduce
la vena d’acqua che riga la terra
la curva dei rovi verso il sole
la perfezione lenta dello scarabeo

infravoci
( le foto svelano
retrosorrisi di foglia, leonardeschi )
voci incompatibili con il cumulo d’angoscia
che deborda dagli zaini, destinate
ad essere soltanto interpretate
per questo amate, per questo essere mute

vi offro ogni mio smunto colore
ogni mio grado termico ogni onda
in cambio imbrattatemi di polline i capelli
fatemi ramo spuntone di roccia
spirito di capriolo sul dirupo


NOTA

I testi sono tratti da LA POESIA ANIMA MUNDI, a cura di Gianmario Lucini, Novi Ligure, Puntoacapo, 2010.

“Near Death Experience” si dice dell’esperienza di chi abbia costeggiato la morte e ne sia tornato con vividi ricordi.