17/06/11

Daniela Raimondi, PENELOPE


["There’s gold pouring in the street". Foto di Marzia Poerio]


PENELOPE

"ma la vecchia salì al piano alto, gridando di gioia,
per dire a Penelope che il suo sposo era in casa; …
Le stette sopra la testa e le diceva parola:
'Sveglia, Penelope, creatura cara, vieni a vedere
con gli occhi tuoi quello che invochi ogni giorno.
È venuto Odisseo, è in palazzo, finalmente tornato.'"


[ODISSEA, Libro ventitreesimo]


Che non chieda di me.
La mia vita non cambia se sento la sua voce.
Le parole non servono quando si è visto il mare.
Le parole d’amore appartengono ai poeti,
ai pazzi, o agli dei.

Non mi cercate
anche se il cane riconosce il passo di un re lungo il sentiero,
anche se tace il canto a lutto degli uccelli.
Per vent’anni ho atteso la sua voce.
Sola
china su un grumo di ricordo.
Stringevo pietre fra le mani,
il sangue mi brillava in viso come una ferita.

Per troppe notti ho cercato la sua ombra.
Mi accarezzavo sognando il movimento dei suoi fianchi,
i lombi che marcavano il cammino del piacere.
E ogni notte pensavo alla sua gloria contro le mie miserie,
alle sue cosce avvinghiate ad una dea di là dell’acqua.

Le capre morirono da tempo sopra i monti.
Gemevano ogni notte, sole
le mammelle fatte sassi, il latte inutile.
Ah il tempo, il tempo!
Le mie ossa piegate,
l’onore che mi legava i polsi.
Ah i fianchi tristi,
la mia bocca di calce!
Meglio crederlo morto adesso.
Meglio cullare l’odio fra le braccia
come fosse un figlio.

Che non chieda di me.
Non ho più nome, io non ho memoria.
Conservo l’armatura, lo scudo, la corona.
E i vasi d’olio, i lini per l’alcova.
Ma è tardi adesso.
La vite è secca,
negli occhi ho pozze di terra.

Sprangate quelle porte.
Tornate quando è l’ora della cena,
quando il falco vola alto sopra la montagna.
Lasciate che mi chiami.
Ho chiuso il corpo
gli occhi
tutte le finestre.
Fuori l’oro cola nelle strade.
Qui è la notte.



PENELOPE


'but the old nurse went up to an upstairs room, shouting for joy,
to inform Penelope that her husband was back in the house…
She stood beside her lady’s head and spoke to her:
"Wake up, Penelope, my dear child, so you can see
with your own eyes what you’ve been wishing for every day.
Odysseus is back, he’s in the house, finally home"'


[ODYSSEY, Book twenty three]


He needn’t ask a thing of me.
My life won’t change just because I hear his voice.
Words won’t do when you’ve seen the sea.
Love words belong to poets,
to mad men, or the gods.

Don’t come looking for me
even if the dog recognizes a king’s footstep along the path,
even if the birds stop their dirge.
Twenty years I waited for his voice.
Alone
slumped over clotted memory.
I clung to stones,
the blood glistening on my face like a wound.

Too many nights I searched for his shadow.
I’d touch myself dreaming of the movement of his hips,
loins that mapped the path to pleasure.
And every night I thought of his glory and my despair,
of his thighs wrapped round a goddess beyond the waves.

The goats on the mountains are long dead.
They whined every night, alone
their udders turned to stone, their milk gone to waste.

Ah, time, time!
My bones breaking,
honour binding my wrists.
Ah, my sad hips,
my calcified mouth!
I’d rather think him dead now.
Cradling hatred in my arms
as if it were a child.

Let him ask nothing of me.
I no longer have a name, I have no memory.
I’ve kept the armour, the shield, the crown.
And the jars of oil, the linen for the alcove.
But it’s too late now.
The vine has withered,
my eyes have become clay pits.

Bolt those doors.
Come back at supper time,
when the falcon flies high over the mountain.
Let him call me.
I’ve shut my body
my eyes
all the windows.
Outside there’s gold pouring in the streets.
In here it’s the dead of night.

[Traduzione di Anamarìa Crowe Serrano]


NOTA

La poesia è tratta da INANNA, Faenza, Mobydick, 2006.