Rivista in rete di scritti sotto le 2.200 parole: recensioni, testi narrativi, poesie, saggi. Invia commenti e contributi a cartallineate@gmail.com. / This on-line journal includes texts below 2,200 words: reviews, narrative texts, poems and essays. Send comments and contributions to cartallineate@gmail.com.
A cura di / Ed. Roberto Bertoni.
Address (place of publication): Italian Dept, Trinity College, Dublin 2, Ireland. Tel. 087 719 8225.
ISSN 2009-7123
15/06/11
Lionel Obadia, IL BUDDHISMO IN OCCIDENTE
[ Museum of Buddhist Art (Seoul 2010). Foto di Marzia Poerio]
Lionel Obadia, IL BUDDHISMO IN OCCIDENTE. Bologna, Il Mulino, 2009
Dialogando con un’ampia bibliografia, che comprende tra gli altri gli studi francesi di Droit, Faure, Lenoir e Vernette, questo libro di Obadia fa il punto sulla ramificazione occidentale del Buddhismo.
Uno degli aspetti della diffusione in Occidente è l’aspetto di orientalismo (p. 10).
La storia del Buddhismo in Occidente è, almeno in parte, “la storia della costruzione di una sua rappresentazione in un particolare immaginario”, che si può distinguere in tre modalità: “quella esoterico-leggendaria, quella razionalistico-letteraria e quella coloniale-utopistica” (p. 42).
Dall’Ottocento agli inizi del Novecento, “uno dei tratti più costanti delle interpretazioni del Buddhismo consiste nel non riconoscergli lo statuto di religione. Questo argomento, uno dei temi classici dell’orientalismo erudito ottocentesco, si ripresenta con forza alla fine del Novecento per giustificare il successo del Buddhismo nelle società occidentali moderne” (p. 45).
Dagli anni Novanta in poi, la “buddhofilia” occidentale (p. 18) è dovuta a vari fattori, tra cui “l’attualità del messaggio buddhista che ‘parla’ a una società postindustriale e moderna” (p. 19), coincidendo in parte con l’antimaterialismo e il rigetto del consumismo di determinati gruppi sociali e individui (p. 67), e in oarte rispondendo al “diritto alla felicità” espresso dalle ideologie occidentali e in funzione delle quali il Buddhismo si presenterebbe come un risposta che combina l’adeguamento simultaneo al “benessere materiale” e allo “spirito” (p. 93). Se ciò provocò una coincidenza parziale col movimento New Age negli anni Ottanta, si è assistito in seguito a una presa di distanza da parte dei buddhisti (p. 68). Permane comunque una doppia caratteristica: da un lato quello della tradizione, dall’altro quello di nuovo culto tra le religioni intervenute nell’Occidente negli ultimi decenni (p. 79).
Elemento importante degli ultimi decenti è stato il “processo di traduzione”, sia in termini di trasposizione culturale che di resa in lingue occidentali dei testi (p. 41).
Obadia cita il modello di “trapianto” di Martin Baumann e quello di Jan Nattier basato trasporto per migrazione di buddhisti asiatici, importazione da parte di occidentali ed esportazione ovvero opera di diffusione cosciente.
Tra le scuole più presenti, si trovano il theravada (iorca un terzo degli adepti in Francia), il buddhismo Zen e quello tibetano.
La tendenza attuale parrebbe quella verso un “Buddhismo moderno” e “universale”, che dialoga con le altre religioni occidentali (soprattutto il Cristianesimo), ha aspetti di impegno (ecologico, per esempio); e, come sostiene Harvey Cox, rappresenta un “nuovo umanesimo” (p. 113).
[Aurelio Devanagari]