07/02/11

Pierre Clastres, ARCHÉOLOGIE DE LA VIOLENCE


["Was that a totem revamped from a remote past?" (Brussels, 2011). Foto di Marzia Poerio]

Sottotitolo: LA GUERRE DANS LES SOCIÉTÉS PRIMITIVES (1977), La Tour-D’Aigues, Éditions de l’Aube, 2010

Clastres si trovò, negli anni Settanta, in una posizione di insoddisfazione nei confronti delle due scuole antropologiche dominanti all’epoca: quella strutturalista, soprattutto impersonata da Lévi-Strauss, e quella marxista. Di quest’ultima metteva in rilievo un limite nell’individuare la società arcaica come caratterizzata dalla penuria, indicando al contrario che le comunità primitive, proprio perché autonome l’una dall’altra e prevalentemente autosufficienti, provvedevano il necessario per i loro appartenenti, dunque si sarebbe dovuto parlare, a suo parere, piuttosto di abbondanza che di miseria.

Rispetto al problema specifico della guerra, notatane l’onnipresenza nel mondo preistorico, negava che essa derivasse da una necessità di conquista per l’appropriazione delle risorse, come pure che la guerra, come parevano sostenere gli strutturalisti, non fosse caratteristica di quella fase, bensì dovuta alle necessità dello scambio.

Provvedendo un modello sociologico più variegato, vedeva le comunità preistoriche come entità politiche, in quanto disposte su un territorio geografico e organizzate in modo da individuare ciascuna di se stesse come universo particolare. La guerra sarebbe dunque connaturata a questa necessità particolaristica, frutto della logica centrifuga, necessità che protegge tale logica, mentre lo scambio, soprattutto di rapporti matrimoniali con le tribù prossime, era necessario ai rapporti di alleanza in vista delle guerre col nemico.

Si tratta di uno studio che, a parere di chi scrive queste note, è più integrabile con le teorie che critica che separabile da esse, nondimeno un’inchiesta di notevole interesse nelle strutture sociali e nella mentalità del periodo che prende in esame. Gradita dunque la riedizione di Aube.

[Roberto Bertoni]