05/02/11

Denis Villeneuve, INCENDIES

Quebec, 2010. Adattamento cinematografico del testo teatrale di Wajdi Mouawad. Con Allen Altman, Lubna Azabal, Melissa Desormaux-Poulin, Maxim Gaudette, Rémy Girard

Tre elementi si coaugulano in questo film di impegno e ad alta intensità emotiva: la violenza della guerra, la posizione della donna, riferimenti alla tragedia greca e al contempo freudiani.

L’intreccio è reso in sequenze non cronologiche, come un’inchiesta, o meglio una ricerca che conduce su varie piste fino a che i frammenti si unificano e formano un quadro d'insieme con la complessa risoluzione finale.

All’inizio Nawal Mirwan, residente in Canada, morendo all’improvviso, lascia nel testamento ai figli gemelli Jeanne e Simon il compito di trovare rispettivamente il padre e il fratello che i due giovani non hanno mai conosciuto. La ricerca si avvia nel luogo di origine di Nawal, un paese non identificato del Medio Oriente, che pare ricalcato sul Libano degli anni Settanta per i conflitti sociali e politici che mette in rilievo. Alcuni flashback informano gli spettatori, ora prima, ora dopo le scoperte di Jeanne, cui in seguito di aggrega Simon, degli avvenimenti del passato di Nawal. Veniamo a sapere poco per volta, tramite un coerente meccanismo a episodi, che il figlio che la protagonista da giovane aveva partorito le era stato tolto appena nato dalla propria famiglia mentre il fidanzato era stato ucciso dai fratelli. Emigrata in città, al sorgere di un conflitto armato, Nawal aveva cercato di recuperare il figlio, ma l’orfanotrofio in cui si trovava era stato bombardato. Costretta a fuggire, si era trovata al centro di un massacro ad opera di estremisti cristiani, da cui lei era stata risparmiata al contrario dei suoi compagni di viaggio tutti massacrati. Esterefatta da quella carneficina, infine non avendo più nulla da perdere, Nawal, cristiana, aveva deciso di punire il capo dei cristiani di destra, lo aveva ucciso, era stata rinchiusa in carcere subendo una violenza carnale da parte di un carceriere giovane, che i gemelli, nel corso della loro inchiesta, scoprono infine essere il loro stesso fratello e dunque il padre, cui consegnano le ultime due lettere della madre, che da un segno distintivo inequivocabile lo aveva riconosciuto senza essere riconosciuta una ventina d’anni dopo e questo riconoscimento era stato la causa scatenante del collasso che l’aveva condotta alla morte. Nelle due lettere, da un lato Nawal depreca la violenza del giovane, dall’altro conferma il proprio inevitabile amore di madre.

Ciò che impera è il dolore. Si resta per tutto il film al di là del giudizio positivo o negativo, avvolti in una temperie da tragedia classica in cui gli eventi si verificano per il manovrare del caso e della necessità. L’odio e la violenza vengono logicamente e chiaramente identificati ed esecrati attraverso le azioni, non attraverso parole di condanna.

Wajdi Mouawad, l’autore del testo teatrale da cui è tratto il film, oltre a rivelare il proprio interesse per Sofocle e Kafka, chiaramente due tracce presenti anche nel film, dichiara che quella del Libano “è stata una guerra vergognosa, in cui i padri hanno ucciso i figli, i figli hanno ucciso i fratelli, i figli hanno violentato le madri” e spiega che i familiari “non hanno voluto spiegare alla mia generazione quel che era accaduto. Degli estranei hanno dovuto narrarmi la loro storia”. Rivela inoltre che la figura di Nawal è in parte modellata su una donna che tentò di uccidere un militare libanese e venne imprigionata per questo [1].

Il film si avvale di una recitazione di ottimo livello, soprattutto da parte dell’attrice belga, di origine marocchina, Lubna Azabal nella parte di Niwal Marwan.


NOTA

[1] L’intervista è tradotta dall’inglese. Il testo originale è in M. Morrow, WAJDI MOUAWAD DISCUSSES SCORCHED, HIS SEARING PLAY ABOUT THE LEBANESE WAR, CBC News, 22-9-2008.


[Renato Persòli]