07/01/11

Tullio Avoledo, L’ULTIMO GIORNO FELICE

Milano, Edizioni Ambiente, 2008.

La nota conclusiva di questo romanzo non è dell’autore; è intitolata FATTI e firmata da Legambiente: vi si forniscono dati sullo smaltimento illecito e fasullo dei rifiuti tossici in cave.

L’argomento sociale scelto da Avoledo è proprio questo e la storia ruota attorno a un personaggio tipico (per rispolverare vecchi schemi lukacsiani) della borghesia profittatrice contemporanea italiana. Architetto di fama e apparentemente sensibile alla bellezza e all’ambiente nelle opere che intraprende legalmente, è però coinvolto, per pagare debiti contratti per avidità di denaro e di lusso, con operazioni ecomafiose: vende i terreni del padre per ricavarne cave per lo smaltimento illecito, ricevendo laute tangenti in cambio. Spingerà il gioco un po’ troppo oltre, arrivando a uccidere un familiare ostinato a non volergli cedere un terreno e cercando di eliminare anche i suoi complici mafiosi, restandone però smaccato.

Questa struttura di noir impegnato si installa su un quotidiano compromesso e in crisi, anch’esso coi crismi della tipicità dell’Italia berlusconiana: l’amante giovane, il desiderio di beni inutili, l’avidità che porta oltre la coscienza, non facendogli nemmeno provare rimorsi per l’omicidio dello zio.

Si salvano i personaggi in buona fede: la moglie che aveva sperato in un matrimonio d’amore, ma viene delusa dopo dieci anni dal modo di essere del marito; il padre che in punto di morte fa testamento a favore del fratello per non cedere al figlio proprietà che, come questi ha già fatto con altre sostanze di famiglia, dissiperà; lo zio soprattutto, rimasto a vivere in campagna, nondimeno senza coltivare ma scavando e scoprendo tumuli antichi, forse a simbolizzare un passato ridotto a tomba, scomparso, frattanto intento a opere inutili, o meglio giudicate tali dal nipote, qui in allegoria della letteratura dato che si tratta di codici miniati, scrupolosamente composti dallo zio, un autodidatta che ha studiato solo fino alla quinta elementare, e valorizza con la scrittura miniata anche frasi tratte da romanzi d’appendice.

Alla fin fine questo romanzo che si prospetta con un linguaggio corrente e disinvolto, d’intrattenimento, ha un tono chiaro di denuncia attuato con modalità linguistiche e stilistiche tardomoderne, anche mediatiche.

[Roberto Bertoni]