21/01/11

Hur Jin Ho, 팔월의 크리스마스 (PALWILUI CHRISTMAS). NATALE D'AGOSTO


[Symbol of something? Allegory? Just a realist sculpture? (Seoul 2010) Foto di Marzia Poerio]


Corea, 1998. Titolo in lingua inglese: CHRISTMAS IN AUGUST. Con Han Suk-kyu e Shim Eun-ha

Jung Won ha un negozio di fotografo ereditato dal padre. Da-Rim, una giovane vigilessa, col pretesto delle foto, lo corteggia ricambiata. I due riusciranno a darsi un appuntamento, tuttavia a un certo punto Jung Won scompare. Gli spettatori, ma non Da Rim, sono consapevoli che egli viene ricoverato in un ospedale, dove morirà. Da-Rim lo aspetta davanti al negozio parecchie volte nei giorni successivi al ricovero, esasperata fino al punto di tirare contro la vetrina una sassata. Infine, senza che il film dia spiegazione se alla fine la giovane venga o meno a sapere della malattia di Jung Won, Da Rim nota tra gli oggetti in mostra un'istantanea che il fotografo le aveva scattato e, rassicurata dall'importanza attribuitale (dato che l'immagine è stata scelta per la vetrina tra pochissime), si rassegna alla fine di quell'amore non progredito oltre il dialogo e le gentilezze che i due si sono scambiati in un arco di tempo limitato.

Se l'intreccio è così intelligentemente malinconico e minimalista, ogni elemento di questo film ne costituisce un degno contenitore.

Il paesaggio è quello semiurbano di una Corea non interamente modernizzata. I personaggi esprimono reticenza, timidezza, considerazione per gli altri, drammi irrisolti che non impediscono loro di continuare a vivere con dignità.

L'innamoramento di Da Rim riapre la possibilità del sentimento in Jung Won, che non si è mai sposato a causa dell'amore per una ragazza che aveva scelto un altro. Jung Won ora pare voltare pagina, proprio quando la morte lo attende con un destino che affronta con coraggio non retorico; e con altruismo, non rivelando a Da Rim il problema per non impegnarla a un legame che si interromperebbe così traumaticamente per lei. Il non detto conta quanto il detto in questo film di sentimenti provati con convinzione, eppure resi con una simpatia umana fatta di silenzio e di parole misurate, di sorrisi e di semplicità, doti che, per contrasto con i nostri anni di eccesso di parola e di narcisismo dominante, tanto più valorizziamo.

Il film ha una dimensione di memoria, il cui agente è la fotografia. Si evidenziano soprattutto le foto di un'anziana che posa per il fotografo per avere un'immagine adatta al proprio funerale quando esso ci sarà. Il rapporto tra la morte e la vita non è solo il ciclo esistenziale, ma anche la relazione tra i ricordi e il presente.

Sia le pose di gruppo che quelle individuali, frequenti nella pellicola, vengono registrate dalla cinepresa con lentezza. La fotografia, in questo film, oltre che simbolizzare la registrazione della memoria, è una metafora metatestuale dell'arte delle immagini, quindi anche della cinematografia. La recitazione è naturale e quotidiana. I rumori della strada si ascoltano tra i dialoghi in esterni come in un documentario.

È un film giustamente citato tra gli antesignani del cinema sud coreano contemporaneo.


[Renato Persòli]