11/07/10

Lucetta Frisa, TEATRO DELLA LUCE

Sogna - lei ordina al suo corpo
che contiene ombra e luce -
sogna quello che non sai,
quello che sai dimenticalo.
E si gira su un fianco
le palpebre cominciano a tremare
per una folla di scene lente e bisbigli
di labbra appena mosse da un senso.
Ad ogni tremito passano i secoli.
Quanto dura l’assenza?
Ritornano pezzi di figure, forse
dita sulla fronte, freddo.
Sente gli occhi smarrirsi
nella materia del sogno: è ombra
invasa da un soffio
che va stordita verso l’altra metà della luce.

Quando fu pesce anfibio rettile uccello?
In quale pausa si annida l’estasi?
Nella materia, lampi di un altro mondo:
te ne andrai via – l’avvisano – sii pronta.
Lei torna indietro per le vie del sonno.
Dopo c’è solo un passo: poi saprà?

Veglia le sue immagini che l’ombra
le riporta dalle ombre -
se sogna potrà leggere se stessa.

Nascono tenere le cose.
Da un grembo vanno verso
un grembo.
Luce
stretta
tra due ombre.

Libertà non c’è né elevazione;
la terra sta tra le sue sbarre.
Solo il sogno è respiro.

Si parlano parole parlate da altri
si sognano sogni di altri
i morti vegliano
i vivi per poter parlare.
Limite non c’è tra uomini e astri?
Sotto un cielo mortale
il greve pensiero ottico sembra lieve
se si sogna.

Sfila la luce
nel suo scorrere
come il serpente la pelle.
Il sogno si è conficcato nel midollo
lei sente il calore raggiungere l’osso:
agiterà le immagini
e il flusso delle idee.
Col viso raggrinzito, gli uomini adulti
non hanno scherzi di luce sul collo.

Si cammina o si è fermi? Si ritorna o si va?
Non se lo chiede:
sogna.

Quali cavalle la porteranno sull’orlo delle cose
a sud o a nord del giorno e della notte
rotolando liete nel nulla?
Se capire è essere
privi di vera sapienza sono viaggio e fine
e poi di colpo
un sipario?
Molte domande sospingono
la sua indivisa scrittura.
Per una parola
più flessuosa delle altre
qualcosa sembra fare cenno.

Tra la palpebra e il sonno
come un’onda frenata sta la luce
e non sta.

È lei che sogna
il giorno e la notte.
E giorno e notte sono
i sogni
impigliati fra rétina e nuca.

La luce la legge sul fondo
mentre scrive
la affida al polso emozionato
sale alle labbra
cade assopita sul foglio:
è un bagliore
la poesia.

Le cose non si possono aprire né dire
limpidamente come profezia.
Materia opaca negli spazi mortali
materia sempre scossa
il sogno -
luceombra girovaga.

Cielo e cervello si riflettono
in fiori e figure d’altre lingue
perché il doppio di ogni mistero
è capovolgere il vuoto.

Se sogna l’argilla
sente umida luce prendere forma e fiato,
l’asciutta screpolare le sillabe
la troppo veloce farsi polvere.
Se sogna
può accogliere ogni figura
e ciò che le disfa.

Che altra luce uscirà da questa polvere
a seminare nelle radici secche
la divina meraviglia?
Che altro sogno
si sognerà dopo questo?

Fiato
fiato nel vuoto
talvolta riprende da capo un racconto
che tutto vuole raccogliere e portare con sé
poi si fa frase tremante in gola
balbettìo

Lei non sa da quale punto di sé sta sognando
in quale stanza della casa
in quale tana millenaria
chissà dove ha iniziato quel sogno
che scrive mentre si cancella.