19/05/10

TAYLOR SWIFT: L'ULTIMA GENERAZIONE DEL COUNTRY

Noi non disprezziamo la musica country, anzi a dire il vero ci piace, non tutta, ma in alcune sue espressioni, con cantanti come Johnny Cash, John Denver, Emmylou Harris, Patty Griffin, Nanci Griffith, Darius Rucker.

Dell'ultima generazione, vogliamo spezzare una lancia a favore di Taylor Swift, nata nel 1989 e arrivata a un successo quasi immediato con un incrocio di country e pop.

Questa giovane cantautrice presenta la propria autobiografia come quella di una fancilla che aveva la vocazione e la determinazione, al punto che a un certo punto della vita ancor breve, da poco più che bambina, ha chiesto ai genitori di trasferire la famiglia a Nashville, trovandosi così al centro della produzione dello stile musicale che ha scelto di interpretare.

I suoi testi sono semplici e orecchiabili, come devono appunto essere le parole del country, con qualcosa che rientra pienamente nell'orizzonte di attese dell'ascoltatore medio; un elemento di malinconia (vedi TEARDROPS ON MY GUITAR); l'immedesimazione nei sentimenti (in YOU BELONG WITH ME); anche la conferma dei cliché, come in uno dei suoi maggiori successi, LOVE STORY, una riedizione di GIULIETTA E ROMEO.

Il country di Taylor Swift è aggiornato al mondo giovanile senza staccarsi dalle tematiche eterne dei predecessori, ma costruendo insiemi strumentali gradevoli in cui, anche come personalità, infonde una vitalità un che disarmante.

Tutto è costruito nel campo della musica popolare, eppure la costruzione di immagine dei video di Taylor Swift non è lesa dalla melensaggine di certi video che a volte capita di vedere, anzi si presenta con una qualche ironia, che ci riporta a quelli che ai tempi del liceo sembravano drammi insuperabili: l'essere amato che si innamora di un altro essere invece che di noi, la semplicità dei messaggi scambiati non col computer ma su carta, la persistenza degli affetti, i pianti in solitudine.

Così, insomma. L'avevamo già detto, no?, di non scrivere di musica da esperti ma da ascoltatori ingenui...


[Renato Persòli]