19/12/09

SARTRE E L'IMPEGNO

Il concetto sartriano di impegno era già stato espresso nella PRÉSENTATION DE TEMPS MODERNES in termini di responsabilità in oppositione alla “tentazione dell'irresponsabilità” che prima o poi prende tutti gli scrittori “d’origine borghese” [1]. L’autore dell’arte per l’arte “ha come preoccupazione principale la costruzione di opere che non servono a niente”, pertanto “si pone ai margini della società” (p. 9). Il “realista” parla della società ma spesso gli manca la capacità di porsi in posizione alternativa alla borghesia, si tratta anche in questo caso si irresponsabilità, di “cattiva coscienza letteraria”, di persone dedite al mestiere di letterati (“homme de lettres”) (p. 10). Ma anche ciò che sembra più avulso dal mondo ha un senso. Ogni epoca scopre un aspetto della condizione umana. “È nostra intenzione contribuire a produrre determinati cambiamenti nella società che ci circonda”; e la rivista di cui questo è l’editoriale, anche se prenderà posizione sui fatti politici, “non opererà in tale direzione politicamente, ovvero non servirà alcun partito; si sforzerà invece di impiegare la concezione dell'uomo” a cui si ispira e di dare pareri conformemente alle sue direzioni (p. 16). In breve, si tratta di un impegno relativo al sociale, critico verso la “leggenda dell'irresponsabilità del poeta, che denunciamo” (p. 19). Allo "spirito analitico" (“esprit d’analyse”) è preferita una "Visione sintetica (“vue synthétique)”, un’“antropologia sintética” che ha per scopo finale la “liberazione” (p. 23), accompagnando la difesa delle libertà personali e “l’autonomia dei diritti della persona” (p. 28) con la convinzione che l’uomo appartiene alla collettività. Infine, “all'interno della letteratura impegnata, l'impegno non deve, in alcun caso, far dimenticare la letteratura” e “nostra preoccupazione dovrà essere mettersi al servizio della letteratura infondendo in essa sangue nuovo e mettendosi al contempo al servizio della collettività tramite il tentativo di dare alla letteratura quanto a essa è dovuto” (p. 30).

Questa concezione è ribadita in QU'EST QUE C'EST LA LITTÉRATURE? [2]. Qui viene precisato che se l’engagement non è spresso dal poeta, per via del linguaggio usato e delle caratteristiche della poesia, non c’è niente che ne esenti lautore di prosa (p. 11). Anzi il prosatore è un individuo che ha scelto l’azione tramite le parole: “lo scrittore impegnato sa che le parole sono azione” (p. 14). La scrittura non è azione di per sé, ma induce all’azione (p. 123). L’arte non perde nulla tramite l’impegno, anzi lo stile fine a se stesso, l’arte per l’arte, coincide con la vuotezza (p. 17).

Del resto la motivazione principale della scrittura è il sapersi essenziale in rapporto al mondo: “il nostro compito di scrittori è rappresentare la realtà e testimoniarla” (p. 221).

La posizione dello scrittore (come elaborerà in seguito anche Bourdieu) è che lo scrittore, "parassita delle élite del potere", si muove però "in opposizione agli interessi di coloro che lo mantengono in vita. tale è il conflitto che definisce la sua condizione" (p. 62).

Sebbene l’orientamento sia senz’altro marxista, la critica alla rinuncia alla libertà civili della direzione dell’URSS è chiara, parallela anzi a quella del militarismo statunitense (p. 226). Occorre, sostiene Sartre, anche condividendo i fini del socialismo, distanziarsi dai mezzi se questi sono sbagliati (p. 221), da cui il distacco netto dallo stalinismo.

C’è una concezione etica: l’opera è “un'arma nella battaglia degli esseri umani contro il male” (p. 245).

In un libro recente, Alberto Asor Rosa interviene sulla questione degli intellettuali, vede tramontato il modello sartriano e propone quanto segue:

“Bisogna chiedersi se siamo dinanzi alla liquidazione delle forme tradizionali della cultura intellettuale o all’esaurimento della funzione intellettuale tout court. Io propenderei per la prima ipotesi. Sono persuaso che sia andata chiudendosi in questi decenni una storia intellettuale cominciata sotto i Lumi e protrattasi fino agli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, sia pure con le tragiche fratture dei totalitarismi nazifascista e comunista. Mutamenti colossali sono intervenuti in tutto l’Occidente; l’Italia, come spesso è accaduto, rappresenta un laboratorio particolare. È finita una lunga storia intellettuale, ma non la possibilità di un esercizio critico dell’intelligenza, anche se oggi è più difficile vederne le manifestazioni” (p. 4).

Resta, nondimeno, in chi scrive questo breve articolo, una nostalgia per quanto Sartre proponeva, forse un ultimo manifestarsi dell'enciclopedismo intellettuale e del senso di una responsabilità in cui la cultura abbia una funzione specifica.


NOTE

[1] J.-P. Sartre, PRÉSENTATION DE TEMPS MODERNES (1948), in SITUATIONS, II, Paris, Gallimard, 1948, pp. 7-30.

[2] J.-P. Sartre, QU'EST QUE C'EST LA LITTÉRATURE? (1948), trad, inglese WHAT IS LITERATURE?, London, Routledge, 1993.

[3] A. Asor Rosa, IL GRANDE SILENZIO. INTERVISTA SUGLI INTELLETTUALI, Roma-Bari, Laterza, 2009.


[Roberto Bertoni]