12 dicembre 1969 / 12 dicembre 2009. Qualcosa rimane, tra le pagine chiare e le pagine scure
Alla fine e malgrado tutto, ha ribadito recentemente Guido Salvini, il magistrato che per ultimo ha tentato di arrivare ad una verità processuale sulla strage del 12 dicembre 1969, “un preciso giudizio si è radicato comunque nelle carte dei processi. La strage di piazza Fontana non è un mistero senza padri, paradigma dell’insondabile o, peggio, evento attribuibile a piacimento a chiunque, che può essere dipinto con qualsiasi colore se ciò serve per qualche contingente polemica politica. La strage fu opera della destra eversiva, anello finale di una serie di cerchi concentrici uniti – come disse nel 1995 alla Commissione stragi Corrado Guerzoni, stretto collaboratore di Aldo Moro – se non da un progetto, almeno da un clima comune”.
“La giustizia vuole più dolore che collera “, scriveva Hannah Arendt nel 1961, all’apertura del processo al nazista Adolf Eichmann a Gerusalemme. Alla chiusura dei processi per le stragi,” la banalità del male si presenta sotto forma di tentazione a dimenticare per sempre una vicenda con tanti morti, un’insanabile ferita alla democrazia che ha colpevoli, ma non condannati. La verità, nella sua interezza, è affidata ora agli storici. O consegnata ai capricci della memoria, che custodisce i ricordi nel tempo dell’indignazione, e poi li abbandona nel tempo della smemoratezza”.
Non la farò tanto lunga, solo un ricordo personale e una canzone.
Quando ero un improbabile “insegnante di rock” al Liceo Lorenzo Costa, insieme a Paolo, tra i nostri compiti “istituzionali” c’era quello di partecipare ai concerti che le band studentesche tenevano, di solito prima di Natale e a fine anno. Una delle ultime volte, Paolo quella sera non c’era, il concerto si teneva nella sala della Di Alma Ruggero, arrivò a un certo punto sul palco un gruppo di ragazzi giovanissimi, il cantante era uno skin, e attaccarono un pezzo che non sentivo più dagli anni ’70, LUNA ROSSA, degli Yu Kung, un gruppo milanese di folk militante attivo in quegli anni, vicino agli Stormy Six e al Gruppo Folk Internazionale di Moni Ovadia, dove suonava la mia amica Claudia, che il destino ha voluto prendersi presto, troppo presto. Comunque sia, fecero LUNA ROSSA in versione punk ed ero allibito, non capivo da dove gli fosse arrivata. A fine concerto mi precipitai nel retro palco e chiesi al cantante come facessero a conoscere una canzone che non cantava più nessuno da ben prima che loro nascessero. Mi rispose, guardandomi come fossi appena arrivato da un altro pianeta, che l’avevano imparata da un disco della Banda Bassotti, ska-punk romani militanti che rifacevano anche STALINGRADO. Con molti dei ragazzi che suonavano quella sera avremmo poi condiviso la breve stagione del Bunker e con alcuni di loro la frequentazione e l’amicizia durano ancora oggi. A fine concerto me ne andai sorridendo come un idiota, tra me e me pensavo che allora aveva ragione quel tipo che cantava “…e qualcosa rimane, tra le pagine chiare e le pagine scure…”
La memoria, se siamo capaci di trasmetterla. Vai a LUNA ROSSA.
NOTA DELL'AUTORE
Sentivo di "dover" ricordare il 12 dicembre, ma volevo evitare, se possibile la retorica.
Così ho scritto questo breve testo, che si incentra, dopo le citazioni di Guido Salvini e Hannah Arendt, sull'ascolto inaspettato di una canzone e sui pensieri che mi ha suggerito.
Il titolo, che vi sembrerà bizzarro, è dovuto al fatto che da un po' di tempo vado scrivendo frammenti di memoria riemersi da vecchie foto, taccuini, dischi, seguendo la traccia iniziale del libro di Jonathan Coe THE RAIN BEFORE IT FALLS.
Uno di questi frammenti, PALESTINA, è finito su "Nazione Indiana", qualcun altro l'ho messo su Facebook, sempre per "istigare il vento", che è quello che mi viene naturale.
Paolo è Paolo Chang, musicista e critico musicale, con cui ho condiviso la "cattedra di Rock" al liceo Classico di la Spezia. Claudia era Claudia Gallone, una mia cara amica milanese, chitarrista e cantante nel gruppo di Moni Ovadia, morta molto giovane, che insegnò a me e ai miei amici le prime canzoni di Woody Guthrie e di Ewan McColl, provocando così la nascita di un gruppo folk militante che chiamammo Collettivo Franceschi.