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A cura di / Ed. Roberto Bertoni.
Address (place of publication): Italian Dept, Trinity College, Dublin 2, Ireland. Tel. 087 719 8225.
ISSN 2009-7123
05/09/09
Yoko Ogawa, UNA PERFETTA STANZA DI OSPEDALE
[How often do we know what lies behind the see-through glass? (Nice 2009). Foto di Marzia Poerio]
Edizione originale KAMPEKI NA BYOUSHITSU, Okayama, Fukutake,1989. Traduzione italiana di Massimiliano Matteri e Matake Yumiko, Milano, Adelphi, 2009
Di Ogawa, su “Carte allineate” (in data 28-10-2007), era già uscita la recensione dell’ANULARE, una storia di impostazione fantastica.
La recente pubblicazione di Adelphi comprende due racconti, quello che dà il titolo al volume e QUANDO LA FARFALLA SI SBRICIOLÒ, entrambi incentrati su argomenti di carattere familiare e luttuosi o tristi, resi in prima persona da una voce narrativa analitica, orientata sul discorso indiretto libero e con flussi di pensiero.
UNA PERFETTA STANZA DI OSPEDALE è la storia, esile quanto a intreccio, ma densa per le sensazioni e l’analisi dei sentimenti, di una sorella che assiste in ospedale il fratello destinato a perire e cosciente di esserlo. L’amore fraterno, la consapevolezza del lutto, le memorie di un’infanzia difficile, l’affetto per un medico dell’ospedale, la gentilezza ma anche distanza dei rapporti col marito si assommano, ben spaziate da un andamento lento quanto chiaro che espone in modo contrastivo il senso di realtà, spesso anche le convenzioni sociali basate su parole non abbondanti, su un non detto di fondo, e il sostrato dei pensieri e delle riflessioni destinat invece proprio a esprimere quel non detto di emozioni, persino di passioni, così:
“Non so in che modo affrontare la bolla di sentimenti che si forma dentro di me. Sta crescendo vistosamente dietro alle costole come se lì il sangue ristagnasse coagulandosi in un grumo. Allora controllo il respiro per non lasciarla esplodere. E non faccio altro che piangere. Nella speranza di riuscire più facilmente a dimenticare mio fratello, mi immergo nel ricordo della sua quieta camera di ospedale” [p. 12].
Il concetto di ricordo si intreccia a quello di immaginazione; quello della morte a quello dell’assenza; la presenza desiderata dell’affetto si concretizza in realtà solo dopo esitazioni.
La commozione è resa dal minimo del rivelato, sempre significativo e focalizzato, qui come nella storia successiva, più rarefatta, che narra la consegna inevitabile di un’anziana da parte della nipote e del fidanzato a un Centro di assistenza dove viene trattata con riguardo e senza che l’affetto della ragazza si affievolisca, ma con un senso di tristezza che si intesse assieme al personale della voce narrante, infine concretizzato in un gesto distruttivo, simbolico proprio per lo spostamento su un oggetto fragile ed effimero: la rottura delle spoglie di una farfalla, insetto che, apparso in una poesia del fidanzato regalata al personaggio che dice io, era comparso fisicamente tra le mani di una ragazza in una foto dimenticata (o lasciata intenzionalmente) nella rivista che conteneva il testo. Dunque lui aveva un’altra, proprio adesso che lei attendeva un figlio e in questa situazione in cui invece si dimostrava tanto solerte nei suoi confronti, proprio quando la nonna con cui lei era vissuta scompariva dalla quotidianità della casa?
Storie narrate con una reticenza dell’esplicito che rende tanto più partecipi dell’implicito.
Purtroppo anonimo questo commento calzante sull’opera di Ogawa:
“Kenzaburō Ōe has said, ‘Yoko Ogawa is able to give expression to the most subtle workings of human psychology in prose that is gentle yet penetrating’. The subtlety in part lies in the fact that Ogawa's characters often seem not to know why they are doing what they are doing. She works by accumulation of detail, a technique that is perhaps more successful in her shorter works; the slow pace of development in the longer works requires something of a deus ex machina to end them. The reader is presented with an acute description of what the protagonists, mostly but not always female, observe and feel and their somewhat alienated self-observations, some of which is a reflection of Japanese society and especially women's roles within in it. The tone of her works varies, across the works and sometimes within the longer works, from the surreal, through the grotesque and the - sometimes grotesquely - humorous, to the psychologically ambiguous and even disturbing” [1].
NOTA
[1]Da YOKO OGAWA
[Roberto Bertoni]