17/06/09

Thomas Hardy, THE MAYOR OF CASTERBRIDGE


["Life is a maze of rambling stones". Foto di Marzia Poerio]


Pubblicato nel 1886, THE MAYOR OF CASTERBRIDGE sfidava le convenzioni, ma non al punto di risultare ostico al pubblico vittoriano come altri romanzi di Hardy, ebbe anzi un successo immediato; rappresenta una riflessione sul fato e sulle scelte di vita; delinea personaggi scossi dalle difficoltà e avversità delle relazioni interpersonali e della società in cui si trovano; registra nel dettaglio la vita rurale dell’Inghilterra sud-occidentale (il Wessex che l’autore scelse come nome per quella parte dell’isola, richiamandosi a una denominazione alto-medievale), tramite i mestieri, la descrizione degli ambienti, la vita materiale, il linguaggio, qui con un versante realista; mentre romantico è il crinale dei sentimenti dei protagonisti; infine esistenziale il rapporto col destino.

Si richiama brevemente l’intreccio. Michael Henchard vende all’asta la moglie Susan e la figlia in un momento di ubriachezza a un navigante, Newson. Susan lo segue, ritenendo ingenuamente che la vendita sia legale; e vive con lui per anni, cercata invano da Henchard, il quale giura di astenersi dall’alcol per ventun anni a fine di espiazione e diviene da imballatore di fieno commerciante di grano e sindaco di Casterbridge. Diciotto anni dopo l’episodio iniziale, ad opera del fato che muove gli eventi umani e la storia di questo romanzo, compaiono simultanemente a Casterbridge uno scozzese, Donald Farfrae (che insegna a Henchard a migliorare la qualità del suo grano e viene persuaso a restare alle sue dipendenze invece di emigrare oltremare come voleva inizialmente) e Susan con la figlia Elisabeth Jane. Incanalata da vicende parallele a quella principale, ma in nessun modo secondaria, anzi serrata con questa da ora in poi, si manifesta la chiusura di una storia segreta di Henchard con Lucette, una giovane originaria delle isole della Manica. Henchard risposa Susan (per evitare, ammettendo che era sua moglie, di rivelare il proprio passato al paese) e accoglie assieme a lei Elisabeth Jane, ritenendola la propria figlia e trattandola con affetto paterno fino al giorno della morte di Susan, in cui, poche ore dopo averla adottata, viene a sapere da una lettera lasciata da Susan trattarsi non della propria figlia (deceduta anni prima), bensì di quella di Newson, dal che scaturiscono un cambiamento di atteggiamento di Henchard nei confronti di Elisabeth Jane e la sofferenza di lei per la mancanza di affetto, che non sa spiegarsi, da parte di colui che ritiene suo padre. Nel frattempo Farfrae, pur restando leale nei confronti di Henchard, ma sottosposto all’invidia di quest’ultimo per il successo commerciale che comincia a avere, dopo un rovescio economico di Henchard, sale nella scala sociale, diviene sindaco, sposa Lucetta (la quale dopo la morte di Susan si era promessa a Henchard). È venuta in luce anche la vecchia storia della vendita di Susan. Henchard, ormai rovinato economicamente, cade anche socialmente, tornando all’antico e povero mestiere. Gli resta la sola consolazione dell’affetto di Elisabeth Jane, con cui si riconcilia, ma ecco ricomparire Newson che, non morto come si pensava, si era dato per scomparso al fine di permettere a Susan, quando costei si era resa conto di non poter esser legalmente venduta a un altro, di tornare dal marito legittimo. Dapprima Henchard, per mantenere l’affetto della figlia adottiva, nasconde a figlia e padre l’esistenza l’uno dell’altra, ma alla fine Newson scopre la verità. Henchard se ne va. Farfrae sposa Elisabeth Jane. Henchard muore, lasciando un testamento autopunitivo, da quel “self-alienated man”, come lo definisce Hardy, che era stato.

Abilità del narratore di riuscire, in questo romanzo di forte immedesimazione, a creare simpatia per Henchard, un personaggio che commette errori gravi, riesce in parte a riparare, è offuscato dalla rivalità e dalla difficoltà al compromesso e alla trattativa, è destinato alla solitudine e all’infelicità. Misurata e capace di vivere con equilibrio le avversità, e costante negli affetti, Elisabeth Jane. Meno stagliato, ma delineato con precisione anche Farfrae. Volubile per le circostanze che l’avvolgono, forse, più che per volontà, Lucette. Semplice e stabile Susan.

Sul piano letterario, è un classico quasi fin dall’inizio; e tale è restato.

Sul piano delle idee che esprime e dei contenuti sociali ed esistenziali, è in grado di parlare non solo per la distanza contemporanea da una ruralità scomparsa e per questo vista con nostalgia e desiderio mitizzante, ma per la casualità della vita accompagnata dalla difficoltà a dominare gli eventi con la conseguente caduta nell’errore, fino all’autodistruzione. Sopravvive con serenità chi accetta le cose; e come Elisabeth Jane si accontenta di essere.

[Roberto Bertoni]