15/06/09

Martin McDonagh, IN BRUGES


[Escape from the roofs. (Tintin mural from the walls of Brussels). Foto di Marzia Poerio]



2008. Con Elisabeth Berrington, Colin Farrell, Brendan Gleeson, Ralph Fiennes, Ciarán Hinds, Željko Ivanek, Anna Madeley, Jordan Prentice, Thekla Reuten, Jérémie Renier




A un certo punto dovevamo andare a Bruges; invece la gita in questa città è stata rimandata tanto che non si è svolta; e l’abbiamo visitata guardando un film di qualità, IN BRUGES, appunto.

Il regista, l’irlandese Martin McDonagh, è autore teatrale oltre che regista cinematografico. Non stupirà dunque trovare un film in parte articolato sull’importanza dei dialoghi tra i due protagonisti principali, oltre che sui riconoscimenti, i mutamenti di prospettiva e le coincidenze della commedia shakespeariana, ma soprattutto in parte basato su THE DUMB WAITER (1957), un’opera drammatica di Harold Pinter, in cui due interlocutori parlano fino a quando uno dei due non riceve l’ordine, si intuisce, di uccidere l’altro, sul che in Pinter si chiude la scena, mentre in McDonagh la situazione continua.

Nel film di McDonagh, l’ordine è stato dato da Harry, un capobanda irascibile e dotato di un senso dell’onore piuttosto distorto (l’attore Ralph Fiennes), per punire Ray, il killer alle sue dipendenze e alla prime armi (l’attore Colin Farrell), che insieme al prete cui doveva sparare ha accidentalmente ucciso, in chiesa, anche un bambino. Dopo aver inviato a Bruges a nascondersi Ray e il suo compagno d’armi Ken (Brendan Gleeson), una telefonata di Harry a Ken spiega il vero scopo della visita, l’omicidio punitivo, appunto, aggiungendo che la visita a Bruges era stata organizzata per dare a Ray un bel ricordo (di una città magnifica) prima di morire, riguardo non esattamente apprezzato da Ray, cui Bruges non potrebbe piacere di meno. Ken non uccide Ray, anzi lo aiuta a fuggire, ma a causa di una rissa cui aveva partecipato, Ray è costretto a tornare a Bruges, dove la partita tra i tre malviventi si risolve in un finale movimentato.

Naturalmente non insistiamo oltre sulla trama per chi non avesse ancora visto questa pellicola ben filmata e che intreccia tanti diversi elementi.

Oltre al noir, c’è un approccio psicologico ai personaggi, che da un lato sono privi di scrupoli come detta la loro professione; dall’altro Ken ha una compitezza e un senso etico che contrastano con la rudezza del lavoro che svolge, Ray è oppresso dal senso di colpa e ha tendenze suicide, Harry in contrasto con la sua violenza ha una famiglia armoniosa.

L’ironia (black humour ben svolto) attenua l’efferatezza dei fatti.

C’è un sottotesto con un’avventura sentimentale.

C’è un film nel film (una pellicola girata tra le nebbie di Bruges e contenente un sogno).

Il lirismo delle immagini della città fiamminga contrasta, ma forse meglio va di pari passo, con la visitazione di chiese consacrate e di postriboli, con la presenza umana di gente comune e onesta (la proprietaria della pensione) e microdelinquenza e spaccio di droga.

È un film che ha giustamente ricevuto critiche positive e riconoscimenti [1].


Note

[1] Parte della critica è a: In Bruges / recensioni. Cfr. anche Wikipedia / In Bruges.


[Renato Persòli]