15/04/09

Cristina Cona, DALLA TRADUZIONE ALLA TRADIZIONE

Il “caso” letterario più clamoroso del XVIII secolo prese avvio nel 1760 con la pubblicazione di un volume intitolato FRAGMENTS OF ANCIENT POETRY, COLLECTED IN THE HIGHLANDS OF SCOTLAND AND TRANSLATED FROM THE GAELIC OR ERSE LANGUAGE BY JAMES MACPHERSON. Quest’ultimo era un giovane maestro originario della regione di Inverness che, incoraggiato dalla buona accoglienza riservata a questo primo libro, ne diede alle stampe altri tre nei successivi cinque anni: FINGAL, AN ANCIENT EPIC POEM, IN SIX BOOKS (1762), TEMORA (1763) a THE POEMS OF OSSIAN (una nuova versione con annotazioni critiche) nel 1765. Si trattava, a detta di MacPherson, della fedele traduzione di antiche ballate gaeliche da lui ritrovate in forma manoscritta; in esse l’autore, il guerriero Ossian, divenuto vecchio e cieco, si consola cantando le gesta del padre Fingal e dei suoi antenati sulla tela di fondo rappresentata dai desolati e brumosi paesaggi delle Highlands.

Ossian (l’“Omero celtico”) riscosse un immenso successo in tutta Europa (la prima traduzione italiana, del 1763, fu opera dell’abate veneziano Melchiorre Cesarotti) e divenne un vero e proprio libro di culto per le giovani generazioni. Ispirò, fra gli altri, i poeti romantici inglesi, Schiller, Goethe (è citato a lungo nel WERTHER), Chateaubriand, Mme de Staël, Musset, Lamartine, Foscolo (soprattutto nella prima edizione dell’ORTIS), nonché poeti e musicisti. Suo grande ammiratore fu anche Napoleone, che quando partiva per una spedizione militare non mancava mai di portare con sé la traduzione (italiana!) di OSSIAN e che, diventato imperatore, promosse nel suo entourage la voga dei nomi celtici: valga per tutti l’esempio di Oscar Bernadotte, suo figlioccio e capostipite dell’attuale casa reale svedese, il cui nome è per l’appunto quello di un eroe ossianico. Si era infatti agli albori del Romanticismo, in un’epoca la cui sensibilità estetica soggiaceva al richiamo del primitivo e della natura incontaminata, alla passione per gli ambienti e i personaggi esotici, insomma, al culto del “buon selvaggio”: in questo filone la celtomania poteva inserirsi a buon diritto, tanto più che perfino le Highlands contemporanee, ancora difficilmente accessibili alla maggior parte dei viaggiatori, apparivano come un paese misterioso e pittoresco.

MacPherson morì ricco e celebre nel 1796 e venne sepolto a Westminster Abbey. La fama e gli onori di cui era stato circondato in vita non avevano mai completamente dissipato i dubbi circa l’autenticità di OSSIAN (particolarmente scettico si era mostrato il grande lessicografo Samuel Johnson, che oltre a considerare l’opera una contraffazione non le aveva risparmiato critiche sferzanti anche sotto il profilo letterario). Effettivamente sia le ricerche intraprese dalla Highland Society a pochi anni dalla morte di MacPherson, sia quelle svolte in epoca successiva, permisero di accertare che si era trattato di un’impostura: egli si era basato su (pochi) frammenti di manoscritti autentici, inframmezzandoli con racconti, leggende, canti della tradizione popolare da lui raccolti fra gli abitanti delle Highlands, che se li trasmettevano oralmente di generazione in generazione e, soprattutto, con numerosi brani da lui inventati di sana pianta.

Inoltre i poemi gaelici originali erano non scozzesi, ma irlandesi (gaelico scozzese ed irlandese erano e sono parenti stretti - tanto che il primo veniva spesso designato come “Irish” - perché le Highlands erano state colonizzate dagli irlandesi dal V al IX secolo D.C. e i due paesi avevano vissuto in stretta prossimità politica e culturale fino al XVIII). Si trattava infatti di testi contenuti nei due grandi cicli epici del III secolo D.C.: le saghe del Fenian Cycle e dell’Ulster Cycle, i cui episodi venivano da MacPherson disinvoltamente trasferiti in Scozia e fusi in una narrativa “telescopica” che condensava dieci secoli di storia e faceva sì che gli protagonisti risultassero tutti contemporanei gli uni degli altri. È provato che Ossian si basa principalmente su una quindicina di canti del Fenian Cycle: Ossian è Oisín nella saga irlandese, il padre, Fingal, altri non è che l’eroe Fionn Mac Cumhaill che dà il nome al ciclo, Temora è Tara, o Temair, residenza dei re d’Irlanda. Lungi dal limitarsi a tradurre, MacPherson aveva insomma inserito questa miscellanea di testi in una cornice epica di sua creazione, partendo da scene in essi effettivamente contenute per ampliarle e arricchirle di effetti atmosferici, declamazioni patetiche, sfoghi emotivi e soffondere il tutto dell’intensa malinconia tanto apprezzata dai suoi contemporanei, in uno stile fortemente influenzato da Milton e dall’Authorized Version della Bibbia.

Se il successo incontrato da Ossian sul continente europeo è da attribuirsi al suo essere in sintonia con le esigenze spirituali ed artistiche del tempo, il consenso che si creò intorno a MacPherson e alla sua opera in Gran Bretagna può essere fatto risalire anche a motivazioni di ordine ideologico e politico. L’Atto di Unione fra Scozia e Inghilterra (1707) aveva poco più di mezzo secolo di vita: OSSIAN apparve dunque in un momento storico in cui si veniva forgiando un’identità “britannica”, composta di culture distinte ma unite da un comune progetto, radicate in un comune territorio e in una storia comune, non tributarie dunque di influenze esterne. Al fine di integrare credibilmente la Scozia in questa nuova entità era perciò cruciale rivendicare l’esistenza di una tradizione poetica autoctona nelle Highlands (non solo indipendente da quella irlandese ma, come asseriva MacPherson, addirittura preesistente ad essa), riscrivere la storia e la letteratura in modo da presentare la cultura gaelica scozzese come a sé stante, frutto di una civiltà britannica originaria (“Caledonian”) e, semmai, madre anziché figlia di quella della vicina isola. Paradossalmente, la rivalutazione di questa cultura aveva luogo proprio nel momento in cui la società dei clan che la sottendeva veniva sgretolata e distrutta.

OSSIAN, geniale falso letterario, costituì il punto di partenza di questo processo di riorientamento culturale che, spezzati i legami con il passato gaelico irlandese, avrebbe rimesso in auge (talvolta, come sostengono certi autori, “inventandoli”) simboli, costumi e tradizioni di una Scozia più consona ad inserirsi nella grande compagine britannica e a partecipare, sia pure svolgendo un ruolo subordinato, alla creazione dell’impero coloniale. Allo stesso tempo, però, l’attenzione verso la propria storia e il proprio passato che l’opera di MacPherson ebbe l’effetto di stimolare portò molti scozzesi ad una riscoperta della propria identità non solo culturale, ma anche nazionale, che si pose almeno parzialmente in contrasto con l’avvenuta integrazione politica. Dalla traduzione (fittizia) alla tradizione, variamente interpretata: è un itinerario che non si è ancora esaurito ai nostri giorni.


Fonti:

- H. Trevor-Roper, THE INVENTION OF TRADITION: THE HIGHLAND TRADITION OF SCOTLAND, in THE INVENTION OF TRADITION, a cura di E. Hobsbawm and T. Ranger, Cambridge University Press, 1983.

- Fintan O’Toole, A TRAITOR’S KISS: THE LIFE OF RICHARD BRINSLEY SHERIDAN, Londra, Granta, 1997, pp. 36-38.

- James MacPherson, A BICENTENARY CONFERENCE, “Scottish Studies Newsletter”, 25, 1996.

- Robert Welch , THE OXFORD COMPANION TO IRISH LITERATURE, Oxford University Press, 1996, p. 348.

- Henriette Walter, L’AVENTURE DES LANGUES EN OCCIDENT, Parigi, Robert Laffont, 1994, pp. 97-99.


L’articolo, riprodotto col consenso dell’autrice, è apparso in precedenza sulla rivista ”Inter@lia”.