09/12/08

Santiago Montobbio, L'ULTIMO INCHIOSTRO


[Inked fingers on black. Foto di Marzia Poerio]


Testi di Santiago Montobbio. Traduzioni di Giuseppe Bellini

1.

DESDE MI VENTANA OSCURA

La ciudad que nadie ve, y es la más grande,
es en la que trabajan y están condenados
a ser siempre iguales
todos mis nadies.


DALLA MIA FINESTRA OSCURA

La città che nessuno vede, ed è la più grande,
è quella in cui lavorano e sono condannati
a essere sempre uguali
tutti i miei nessuno.


2.

LA TINTA DE ESTE PAPEL ES LA TINTA ÚLTIMA

Porque vivir no basta al hombre, porque la cárcel
injusta de los días hace que se pudra
la pequeña carne de los sueños
o porque no me quedan calles ya que guarden
alguna risa dentro, o algún nombre,
sobre mi mesita de noche tengo preparado
el final cianuro silencioso. Pues sé que el dolor
cabe en un vaso, aunque no cuándo apurarlo;
será, quizá, la semana que viene, de aquí dos días,
o más pronto acaso. Ante cualquier balcón,
desde cualquier minuto. Cuando los ojos
no soporten más sus látigos y tarde sea
cuando adivinéis el modo en que la sombra
es lobo y me devora.
Pero aunque
no haya dicho adiós a nadie, aunque
para todo ahora sea tarde
sí hubiera querido que cuando leyerais esto
ninguno de vosotros fuera necio y pensara
que aún es un poema. Porque esto no es un poema,
esto ni siquiera es un testamento,
yo nada tengo y nada dejo y así
esto quizá no es más que una memoria o un anuncio
de aquello para lo que ya no hay viento.


L’INCHIOSTRO DI QUESTA LETTERA È L’ULTIMO INCHIOSTRO

Perché vivere non basta al’uomo, perché la prigione
ingiusta dei giorni fa sì che marcisca
la piccola carne dei sogni
o perché ormai non mi restano strade che conservino
dentro cualque risata, o qualche nome,
sul mio comodino ho pronto
il cianuro finale silencioso. Perché so che il dolore
sta in un bicchiere, ma non quando berlo;
sarà, forse, la prossima settimana, tra due giorni,
o più presto forse. Davanti a qualsiasi balcone,
in qualsiasi minuto. Quando gli occhi
non sopporteranno più le sue frustate e sarà tardi
quando indovinerete il modo in cui l’ombra
è un lupo che mi divora.
Ma benché
non abbia detto addio a nessuno, benché
per tutto ora sia tardi
se avessi voluto che quando leggerete questo
nessuno di voi fosse stolto e pensasse
che è ancora un poema. Perché questo non è un poema,
questo non è neppure un testamento,
io non ho nulla e nulla lascio e così
questo forse non è che una memoria o un annuncio
di quello per cui ormai non c’è più vento.


3.

EL ANARQUISTA DE LAS BENGALAS

Yo soy el anarquista de las bengalas,
el anarquista único, el que permanece y pasa:
he tenido nombres en los que dormían las frutas
de los corazones raros. A todas horas trabajo,
y en especial cuando la gente afirma
que no hago nada. Sé lavarme el alma
sobre papel y nada, colocar bombas de relojería
en las ciudades que siento en las espaldas,
buscarle y con olvido las cosquillas a un amor
que prefiguro con distancia y a través de todo eso
seguir estando en todas partes habiéndome
marchado.
Porque yo soy
el anarquista de las bengalas. Cada vez
que enciendo una tu corazón
y mi corazón se apagan.


L’ANARCHICO DEI BENGALA

Io sono l’anarchico dei bengala,
l’anarchico unico, quello che permane e passa:
ho avuto nomi nei quali dormiva la frutta
dei cuori strani. Ad ogni ora lavoro,
specie quando la gente afferma
che non faccio nulla. So lavarme l’anima
sopra la carta e null’altro, metto bombe ad orologeria
nelle città che sento alla schiena,
cercare e con oblio il solletico a un amore
che prefiguro con distanza e attraverso tutto questo
continuare a essere in ogni parte essendome
andato.
Perché io sono
l’anarchico dei bengala. Ogni volta
che ne accendo uno il tuo core
e il mio curoe si spengono.



Giuseppe Bellini, LA POESIA DI SANTIAGO MONTOBBIO [1]

Di Santiago Montobbio è lungo il tempo della mia frequentazione, intendo quale lettore della sua poesia. Un incontro fortuito, dovuto alla generosità dei suoi invii, e infine il recente e rilevante libro EL ANARQUISTA DE LAS BENGALAS (Barcelona, March Editor, 2005), che dà ulteriore sostanza a un periodo decisivo della sua creazione lirica. .

"Licenciado" in Diritto e in Filologia ispanica, professore di Teoria della letteratura e di critica letteraria all’UNED, Montobbio ha al suo attivo una serie di significativi libri poetici: da HOSPITAL DE INOCENTES (1989) a ÉTICA CONFIRMADA (1990) e TIERRAS (1996), cui si aggiunge EL ANARQUISTA DEL LAS BENGALAS (2005), che rappresenta, nella sostanza, una summa della sua filosofia.

Riandando le pagine che il poeta a suo tempo mi ha inviato, ritrovo cose interessanti: non solo valutazioni critiche positive, come quelle di Jean-Luc Breton, pubblicate su "Europe Plurilingue" (24, 2002), dove è sottolineata la nota metafisica della lirica montobbiana, ma una significativa conferenza tenuta dal poeta nel 1999, UN CAFÉ NUNCA ESTÀ LEJOS, che immette nella profondità del suo sentire, nelle sue fonti formative e nell’apprezzamento di poeti, spagnoli ed europei in genere, in una concezione della cultura come un unicum che annulla ogni distinzione fittizia di nazionalità.

E un’affermazione che appartiene a un altro grande poeta ispanico, Manuel Altolaguirre: “Aún no he llegado a ser un buen lector de mi poesía. Aún no he logrado sentir lo que espero haber dicho”. Espressioni alle quali il Montobbio, che le celebra, aggiunge di proprio: "Espero algún día tener el interés bastante por lo que de modo inevitable he escrito, y que tenga para conmigo igual decurso. También yo espero llegar a ser un buen lector de mi poesía, y sentir así entonces cosas en lo que he dicho".

Parole che danno dimensione consapevole alla problematicità del giudizio di un autore intorno alla propria opera, intesa del resto come pulsione insopprimibile, e aprono libera via all’interpretazione del lettore, e del critico. Il grande Miguel Ángel Asturias affermava sovente, con incomparabile modestia, che dalle pagine che si scrivevano sulle sue opere apprendeva sempre qualche cosa di nuovo, che al momento dell’atto creativo non aveva colto. Questo solo per sottolineare come la creazione artistica sempre rappresenti qualche cosa di misterioso, non dominabile razionalmente, anche per il suo autore e lo conduca a formulazioni che, partendo da un nucleo interiore, si manifestano in pluralità di significati le cui sfumature attinge il lettore.

Della propria poesia Santiago Montobbio ha dato saltuariamente anche qualche interpretazione critica, o meglio in qualche modo esplicativa, cosciente, tuttavia, di non chiarire esattamente le cose. Alludo al testo finale di ÉTICA CONFIRMADA, dove suggerisce che il titolo del suo libro iniziale HOSPITAL DE INCENTES potrebbe alludere al manicomio, mentre ÉTICA CONFIRMADA risale al QUIJOTE (I, IX), là dove si dice che Rocinante era “tan hético confirmado”, il che, secondo Martín de Riquer, riverito studioso cervantino, significherebbe colpito da “calentura mortal”.

Scrive Montobbio: "Al emblema yo le quito la h, para que la ética sea la ética, pero mantengo su enunciado, porque el que quede calificada como enfermedad mortal es algo que no deja de hacerme cierta gracia” (p. 75).

Il chiarimento-depistaggio è ora completo e al lettore non resta, fornito di questi dati, che orientarsi con le sue forze, la sua sensibilità, entro l’opera poetica. Un’opera che avvince per nitore linguistico nella formulazione di un messaggio profondo che accentua il disorientamento, o meglio, il disincanto di fronte a se stesso, al mondo e alla vita.

Disincanto che si manifesta fin da EX LIBRIS di HOSPITAL DE INOCENTES, con modalità scioccanti, relative alla creazione poetica: “No es bueno apretar el alma, por ver si sale tinta”. O nella denuncia dell’insicurezza dei giorni e in un’ansia cosciente di annullamento, come attesta il poema “La tinta de este papel es la tinta última”, centrato sul fallimento dei giorni:

"Porque vivir no basta al hombre,
porque la cárcel
injusta de los días hace que se pudra
la pequeña carne de los sueños".

Come prospettiva liberatoria sta “el final cianuro silenzioso”.

Il tempo, come il poeta denuncia in ESE TÀCITO RITO QUE ME HE IMPUESTO, impedisce la realizzazione di grandi cose attraverso una sottile “maraña de trampas y estrategias” e fa sì che non ci si renda conto “que la vida nos aplasta”. Il mondo è un insieme confuso, contorto, intricato, e solo la poesia rappresenta, in ÉTICA CONFIRMADA del libro omonimo, attraverso l’espressione del dolore, la salvezza: “el modo extraño en que alguien se salva”.

Questo è il clima fondamentale delle prime raccolte di Santiago Montobbio, dove anche l’amore è tema quasi in sordina ricorrente. Ma anche di fronte a questo sentimento vince, se non la problematica negativa dell’esistere, la routine, la “desidia” invadente. E’ significativa in tal senso la lirica ESTAMPA RELATIVA A MIS TARDES DE DOMINGO, compresa in ÉTICA CONFIRMADA, che conclude, di fronte alle scontate proteste d’amore della donna, con la sottolineatura di un disinteresse dell’uomo, preso, si direbbe, non solo da altri pensieri, ma dalla frustrazione dei giorni e improvvisamente richiamato alla coscienza della situazione di coppia:

"Luego ya me di cuenta de que estabas preocupada,
que hablabas quizá de amor o de nosotros
y desde luego también de que esta vez
me sgarraste in fraganti. Pero qué
quieres que te diga: las cosas
como salen bien es en su principio, y como
yo ya sé que tú me quieres muchísimo,
y que para colmo yo también te quiero,
entonces quizá sí que lo único
que debemos hacer es – ¿no te parece? -
tener muchísimo cuidado con el perro".

Labilità dell’amore, senso di saturazione per un sentimento passato al rango di dato scontato, privo ormai del calore del primo entusiasmo, ora depositato sul fondo del tedio della vita, dell’indifferenza degli affetti nello scontato percorso, per cui vale più l’animale che la donna.

Nella raccolta EL ANARQUISTA DEL LAS BENGALAS, fondamentalmente la filosofia, la problematica del poeta non muta, anzi si accentua. Il suo verso si arricchisce di risultati cospicui dal punto di vista espressivo, ora manifestandosi nell’essenzialità della notazione, ora incidendo in una sorta di linguaggio colloquiale, di controllato accento, e sempre trattando temi essenziali: l’uomo di fronte al mondo, alla vita, con la dichiarata certezza di una fatale e negativa conclusione, il proprio annullamento.

Ruolo rilevante ha in questo atteggiamento l’amore. Un sentimento si direbbe non tanto straziato quanto consunto dalla monotonia giornaliera. La nostalgia nerudiana per la donna passata ad altri amori, espressa nella CANCIÓN DESESPERADA, ha come per contrasto, nel poema di Montobbio FIN DE AMOR, l’affermazione di una reciproca indifferenza:

"[…]. Pero sí: a mí
se me acababa el mundo –tanto la quise, tanto
y mucho– y cuidé los prólogos y apreté su dolor
y recuerdo que me molestó que la escena
tomara los contornos de una postal
hecha de encargo. (Era una calle
estrecha, y para colmo
llovía un poco).

Tras el cristal del bar se veían pocos coches
mientras yo me odiaba sintiendo que el adiós
puede alguna vez ser la peor
de las humanas, sigilosas tormentas.

—Pero casi no lloré
porque se me corría el rimmel—,
al día siguiente
explicó a una amiga".

La vita è un continuo teatro e solo esiste in essa la solitudine e il nulla (ÚLTIMA CARTA); la menzogna è “el techo” del vivere (YA BASTA) e si afferma la coscienza che né l’amore, né la notte ci uccidono, ma che noi ci uccidiamo, “quizá poco a poco”, perché continue sono le sconfitte (PRINCIPIO FINAL DE LA NOVELA); esistere è un camminare tra la gente e non essere con nessuno (CON BASTANTE OCTUBRE), perché la terra è solitudine assoluta (SÓLO ELLA) e ogni storia è destinata all’oblio (TODA HISTORIA).

Neppure l’opera del poeta sembrerebbe avere, a prima vista, alcun valore (VERSOS A DURO), ma, invece, lo ha, se “el anarquista de las bengalas”, come si esprime il poeta nella poesia omonima, ogni volta che dà vita a un problema comunica angoscia a sé e al suo prossimo:

"Porque yo soy
el anarquista de las bengalas. Cada vez
que enciendo una tu corazón
y mi corazón se apagan".


NOTA

[1] Saggio inviato dal poeta e precedentemente pubblicato in "Notiziario", 18, Milano, I.S.E.M., 2005.