21/11/08

Mircea Eliade, MITI, SOGNI, MISTERI


[Amouliki (Collezione privata). Foto di Marzia Poerio]

MITI, SOGNI, MISTERI (1957; Torino, Lindau, 2007) contiene vari saggi di Eliade, che si propongono un accostamento alla tematica del sacro dall'angolazione della storia delle religioni e nello stesso tempo indagando elementi archetipici in un dialogo con la psicanalisi, sulla base della convinzione che "non vi è motivo mitico o scenario iniziatico che non sia in qualche modo presente anche nei sogni o nelle fantasie dell'immaginario" (p. 6). Il serbatoio dei miti è il mondo onirico entro la realtà sociale. Ecco la definizione di mito:

"Il mito si definisce per il suo modo d'essere: è riconoscibile come mito solamente nella misura in cui rivela che qualcosa si è pienamente manifestato, e questa manifestazione è al contempo creatrice ed esemplare perché fonda sia una struttura del reale, sia un comportamento umano. Un mito racconta che qualcosa è realmente accaduto, che un avvenimento è accaduto nel senso forte del termine: non importa che si tratti della creazione del Mondo, o della più insignificante specie animale o vegetale, oppure di un'istituzione. Il fatto stesso del dire quanto è accaduto rivela come l'esistenza in questione si è realizzata (e questo come coincide anche con il perché). [...] La cosmogonia è anche una teofania, la manifestazione piena dell'Essere" (p. 7).

Eliade pone la differenza tra mito e sogno nel fatto che il primo è "svelamento di un 'mistero', rivelazione di un avvenimento primordiale" e "non può essere personale, privato", diventa "modello per il mondo intero" (p. 9), mentre al sogno, se non profetico, mancano le caratteristiche di universalità e prevalgono quelle soggettive, nondimeno è proprio dall'inconscio che nascono i simboli e miti delle religioni. Esistono tra i due campi similarità, ma essi restano al contempo distinti.

Nel saggio intitolato I MITI DEL MONDO MODERNO (pp. 17-36), si rileva che nelle società tradizionali il mito non è una favola, bensì un riferimento a qualcosa di reale, "serve da modello" del mondo (p. 19), rivela la realtà, si prolunga nella storia. Così i miti escatologici che dall'Età dell'Oro passano nel pensiero progressista dell'Otto-Novecento. C'è un prolungamento da parte del cristianesimo del "comportamento mitico" (p. 26). La funzione dei miti è "creare modelli esemplari per l'intera società" (p. 27). "Gli archetipi mitici sopravvivono in un certo senso nei grandi romanzi moderni" (p. 30); e "la struttura mitologica della letteratura d'appendice è evidente" e riposta in grandi temi come la lotta tra il bene e il male, o in figure come quello del personaggio perseguitato, della "protettrice sconosciuta" e così via (p. 31).

Come si legge nel MITO DEL BUON SELVAGGIO (pp. 37-57), l'idea di un tempo mitico perfetto, di felicità, di Età dell'Oro è proprio tanto dei tempi moderni come di quelli antichi, percorsi dalla coscienza di "aver perduto un 'paradiso' primordiale" (p. 41): compito del presente allora come ora è ricordare l'accaduto; e esprimerne la nostalgia, come viene chiarificato nel saggio LA NOSTALGIA DEL PARADISO NELLE TRADIZIONI PRIMITIVE (pp. 78-95).

Queste e altre idee circolano anche nei testi restanti, ricognizioni nella primordialità del fuoco (per radici etimologiche legato al furore e alla collera sciamaniche), nel mito della terra madre, nelle ierogamie cosmiche. In MISTERI E RIGENERAZIONE COSMICA (pp. 244-92), il tema affrontato è quello della morte affrontata senza morire nel viaggio di discesa nell'Aldilà o in altri mondi simili come il ventre del mostro e della Balena (in cui "essere inghiottiti equivale a morire", p. 281). Questi viaggi sono riti d’iniziazione, regressioni "nell'indistinto primordiale" (p. 283) il ritorno dai quali, vivi, indica una "valorizzazione arcaica della morte in quanto mezzo di rigenerazione spirituale" (p. 287), così in Orfeo come in Giona, come se l'essere umano morisse e rinascesse continuamente.


[Roberto Bertoni]