17/11/08

John Le Carré, A MOST WANTED MAN

Londra, Hodder and Stoughton, 2008


Dopo aver narrato la guerra fredda in varie sue connotazioni col personaggio di Smiley e altri e sempre con la complessità necessaria all’argomento, John Le Carrè ha delineato nuove finzioni puntando sulle problematiche più vive del mondo attuale, componendo romanzi che mentre rispecchiano la sua propensità verso la suspense e il giallo a mosaico, in cui le trame del delitto e le reti delle azioni e dei personaggi si rivelano poco per volta, si rivolgono al contempo a temi di grande impegno, come la sperimentazione farmaceutica delle multinazionali a spese di cittadini africani con una mancanza di scrupoli etico-politici che arriva al crimine in THE CONSTANT GARDENER (Londra, Hodder and Stoughton, 2001), e il terrorismo in questo A MOST WANTED MAN, ambientato ad Amburgo, in una Germania post-muro e negli anni successivi all’11 settembre.

Issa, un ceceno figlio di un’ex spia russa che aveva aperto un conto presso una banca inglese operante ad Amburgo, entra clandestinamente in Germania per donare la propria eredità, che gli appare immorale in nome di principi religiosi, a società caritatevoli del mondo islamico, reclamando soltanto la possibilità di studiare medicina. Rivelare di più dell’intreccio serrato di questo romanzo significherebbe impedirne la lettura: è un thriller; e logicamente una buona parte della scorrevolezza è riposta nell’andamento della narrazione che svela le ramificazioni con gradualità.

Si potrà dire, però, che il teatro delle azioni è su piani molteplici. Una linea segue l’operato di Annabel Richter, l’avvocato che difende Issa e lo nasconde per proteggerlo, entrando in contatto col banchiere Breur e con Gunther Bachmann, rappresentante quest’ultimo dei servizi segreti tedeschi. Ben delineata la strategia degli operatori del settore. “Siamo spie e non arrestiamo la gente”, pensa Bachmann a un certo punto, notando che lo scopo è semmai quello di modificare l’atteggiamento dei sospetti, spingerli a collaborare e lasciarli in libertà per allargare la rete delle osservazioni e colpire a livelli più alti. Bachmann dà la propria parola a Annabel che Issa uscirà sano a salvo dalla situazione in cui si trova, sospettato (parrebbe del tutto ingiustamente) di terrorismo: non potrà tener fede non per sua responsabilità; e si tratta di uno dei punti importanti, in quanto delinea un contrasto non solo tra un mondo in rapida scomparsa di chi ancora crede nell’onore e chi è disposto a mancare agli impegni, ma anche, ad altri livelli, di una differenza di impostazione tra la maniera europea e statunitense di affrontare il terrorismo; e c’è una denuncia dei casi di rendition, ovvero di consegna dei sospetti a luoghi di tortura segreti in varie parti del mondo.

Se Bachmann si profila come persona leale, non per questo è idealizzato; ha anzi tratti anche rudi, parla linguaggi gergali, ha un senso dell’umorismo discutibile. Nel teatro globalizzato della contrapposizione tra società occidentali e terrorismo, disegnato sempre con precisione e senza cedere ai clichè (si veda il discorso di Aziz, sul bene al 95% e il male al 5% in Abdullah, un altro personaggio chiave collegato al terrorismo, pp. 253-59), l’elemento umano riceve attenzione; e oltre alla complessità con cui vengono riferite le ideologie, è questo che rende il libro un buon testimone della società in cui viviamo. I personaggi non cedono ai ruoli, che pur tuttavia svolgono, assegnati dalla narrazione e da ciò che rappresentano delle vita reale (il banchiere, la spia, l’avvocato, ecc.), ma hanno frattanto motivazioni umane, su cui la narrazione si sofferma (la figlia di Breur, per esempio; l’affetto di questi per Annabel; l’illusione amorosa di Issa; i rapporti personali tra Issa e la famiglia turca che lo ospita nascondendolo all’inizio del romanzo). L’umanità sembra proprio essere, e giustamente, quanto, assieme a sopravvivenze (individuali e non di sistema) dell’etica, rimane nel nuovo millennio dopo il crollo delle ideologie: come se le nuove solidarietà potessero emergere di qui, dall’investimento razionale-emotivo nella disponibilità verso gli altri accompagnato da una richiesta di legalità e di trasparenza da parte dello stato e da una difesa dei diritti civili. Tali ideali si rivelano inevitabilmente donchisciotteschi in A MOST WANTED MAN come in THE CONSTANT GARDENER; nondimeno vengono descritti e affermati con coerenza e come testimonianza della loro importanza in un mondo distortosi. In tal senso, Le Carré è un autore di impegno, capace di assegnare alla società contemporanea messaggi di responsabilità e di denunciare uno stato di cose insoddisfacente attraverso la sua opera di scrittore.

A MOST WANTED MAN è senza dubbio un romanzo notevole.


[Roberto Bertoni]