27/06/08

Francesco Macciò, BLOOMSDAY (GENOVA, 2008)

Si dà qui conto della terza tappa (TELEMACHIA, “PROTEO”, LA SPIAGGIA, Libreria del Porto Antico) delle diciotto in cui si è snodato il Bloomsday, coordinato dal prof. Massimo Bacigalupo nell’ambito del 14° Festival Internazionale di Poesia di Genova. Il Bloomsday, che si è svolto il 16 giugno, ha proposto a un pubblico itinerante la lettura integrale del capolavoro di James Joyce, trasportando i diciotto capitoli dell'ULISSE, che corrispondono ad altrettanti luoghi e tempi dell’ambientazione dublinese, all'interno o a ridosso della labirintica rete di “vichi marini” di Genova.


Una quindicina gli spettatori predisposti all’ascolto, infreddoliti da una pioggia insistente, tutti seduti in un improvvisato mini-teatro contornato lateralmente da scaffali di libri -di là dalla vetrata rigata di pioggia, lo sfondo poco bloomiano di Palazzo San Giorgio, ma, a guardare più attentamente, “uova di pesce e marame, la marea avanzante...” - di là dalla vetrata rigata di pioggia, chi vi fosse passato davanti scrutando all’interno (“ineluctable modality of the visible”) avrebbe potuto scorgere fogli sparsi sul leggio e in piedi, di spalle, i lettori di questa ultima tappa della Telemachia, tappa sezionata prudentemente in otto parti, facendo ricorso nella lettura alla vetusta figura dell’anadiplosi, spuria certo e non joyciana: voce maschile e voce femminile in alternanza, che inizia una ripetendo le parole conclusive dell’altra, in modo da evocare, rifiatando, i tempi remotissimi in cui le opere venivano affidate alla voce e all’ascolto visivo di una voce - numerose le parti cantabili tutte senza partiture nel testo (a iniziare da quel “VUOI VENIRE A SANDYMOUNT/ CAVALLINA MAUD?”) e tutte impudentemente cantate: arie affidate a libere interpretazioni, un po’ traditional Irish, alla Dubliners tanto per dare il riferimento di una linea melodico-musicale, con la stoccata di imprevedibili clausole (“lina Maud”) - di là dai vetri rigati di pioggia “brezze mordenti e frizzanti”, qualche volto sbirciante di passaggio, qualcun altro catturato dalle voci amplificate (o da un verdiano “ALL’ERTA”): una ragazza sorridente appena entrata compulsa libri agli scaffali, uno dopo l’altro... uno accanto all’altro... (“nacheinander”... “nebeneinander”...) traguardando ciò che accade sulla scena - sulla scena invero non accadeva niente, e niente invero doveva accadere, ma ogni cosa nominata prendeva forma (“legno crivellato dal tarlo marino, perduta Armada”) - applausi rincuoranti alla fine (“come un fiotto di vapor di caffè dalla caldaia brunita”) e commenti sorgivi del pubblico a scena inevitabilmente aperta: “viaggio onirico”, “come se la realtà fosse dentro di lui” (dentro Stephen), “nel pieno dello stream”: queste pressappoco le parole di chi aveva voglia di dire, tanto per non finire... rimanendo ancora lì seduto “controcorrente, muovendo silenziosamente, nave silenziosa”.