10/04/08

Santosh Sivan, AŚOKA


[Elephant hunt (Bombay House - from the walls of Cork). Foto di Marzia Poerio]

AŚOKA. 2001. Regia e sceneggiatura: Santosh Sivan. Musica: Anuk Malik. Con Shahrukh Khan, Kareena Kapoor, Ajith Kumar, Milind Soman.

L’imperatore Aśoka (304-232 a.C.) ampliò lo stato indiano e ne unificò i confini dal Pakistan al Bengala e oltre. Ricordato come uno dei maggiori statisti e strateghi, si convertì al Buddhismo in seguito, si narra, a una guerra sanguinosa con lo stato di Kalinga: lo sterminio di quella popolazione, appaiatosi alla vittoria militare, gli fece abbandonare la violenza; e la seconda fase del suo regno fu caratterizzata dalla formulazione di leggi consone al Dharma e a imprese di pace.

Il film di Sivan si svolge in parte secondo lo spartito storico; ma fin dalla premessa, scritta sullo schermo, c'è un’intenzione di leggenda e di epica: i fatti che vedremo non sono strettamente legati alla storia; seguono anzi, notiamo mentre guardiamo la vicenda dipanarsi, un corso di fiaba, scanditi da momenti significativi del destino incrociato con le decisioni personali dei protagonisti.

Aśoka (l’attore Shahrukh Khan) da bambino, nonostante gli avvertimenti del padre che aveva rinunciato al potere per congiungersi a un gruppo di meditanti asceti, impugna la spada e apprende a usarla: qui già si segna una necessità ineludibile, una strada da percorrere.

Pure tenta di sfuggire al richiamo della contesa: da giovane, per compiacere la madre respingendo la violenza che si potrebbe verificare nei confronti dei fratelli e porre fine alle rivalità sfociate anche in loro tentativi di ucciderlo, si allontana dal regno di Magadha da privato cittadino, senza far sapere a nessuno, oltreconfine, di essere uno dei principi di quello stato.

Nel suo peregrinare, somigliante a quello delle storie di formazione, incontra l’aiutante (un valente lottatore, prima suo nemico e poi angelo custode in quanto guardia del corpo e consigliere fedele) e conosce l’amore con una storia struggente quanto impossibile con Kaurwaki (Kareena Kapoor), principessa di Kalinga, rifugiatasi nella foresta, a causa di lotte politiche intestine, assieme al fratello fanciullo, erede al trono. Il matrimonio tra Aśoka e Kaurwaki nasce sotto un cattivo auspicio: si spegne la fiamma durante la cerimonia, nondimeno riaccesa dallo sposo con l’astuzia, una delle sue caratteristiche, decisiva rispetto alla forza bruta. I coniugi vengono separati dalla necessità di Aśoka di tornare a Magadha per la malattia della madre. Una serie di circostanze sfortunate, coadiuvate dalla gelosia di un militare di Kalinga innamorato di Kaurwaki, fa sì che si perdano di vista, lui credendola morta, lei cercandolo come soldato senza sapere che è il principe e prenderà il potere dopo una lotta con i parenti rivali.

Ritenendosi vedovo, e per salvare l'onore di chi gli ha salvato la vita, Aśoka sposerà Devi (Hrishita Bhatt), una buddhista che tenta invano di interrompere il ciclo di brutalità e di guerra che il re di Magadha ha intrapreso per curare la propria ferita esistenziale di amante che ha perso l’amata (Kaurwaki in quanto, anche, Anima, ovvero componente creativa e moderata del Sé), trasformandosi in una macchina bellica e dedicandosi a una smoderata rincorsa della conquista, persa la pietà e il senso dell’equanimità.

Vittorioso su Kalinka, è nella battaglia decisiva che rincontra Kaurwaki; e come negli aneddoti che si narrano sulla sua biografia, dopo il massacro si pente: nel film, con uno snodo interessante, getta simbolicamente nell'acqua di un fiume la spada che aveva raccolto in tenera età. Nasce di qui la seconda vita, di giustizia e riparazione.

È come se tutto si fosse dovuto tentare e provare prima di poter raccogliere dal proprio interno l’equilibrio e la maturità. Come se la brutalità nascesse dal dolore e dall’amore inappagato. Questo sul piano etico esistenziale, che come spesso in Bollywood è serio nonostante la configurazione avventurosa e fiabesca del racconto.

Gli affetti, il fato, il frastuono delle battaglie, il colore, un Shahrukh Khan che domina con sicurezza lo schermo tra buone interpretazioni di tutti i corecitanti, canzoni molto belle, grande spettacolo...

Narrazione non propriamente fedele agli avvenimenti storici, si diceva poco sopra: ma un film dovrebbe davvero esserlo? Grande impatto emotivo, invece: ogni volta che rivediamo quest’opera ci commuoviamo, noi per lo meno, e per qualche tempo ci ripensiamo di continuo.

[Renato Persòli]