1.
L’UOVO DELLA MORTE
Qui l’inizio, qui la fine.
Il sangue si gonfia, la bolla esplode, i miei occhi divorano questo breve giro di attimi, bonaccia, lunga bonaccia del nulla che chiamo Dio e che prego con le mie lacrime, come se in me tutto non fosse che sale, parole o acqua.
L’uomo cerco di chiuderlo in una certa trasparenza, di liberarlo da certi oscuri spessori perché si mostri di colpo e diventi segno, luce, evidenza. Eppure no, lui è nel suo calore, spiato dal freddo, e se la mano dello spirito si avvicina per toccarlo, non sente che la collosità del pesce scappato.
Prima di stendersi nella fonte profonda di mille autunni d’alberi, lui rincorre il suo sesso e il suo sogno, cercando davanti a sé la punta irreale del triangolo.
2.
STUPIRE LO SPAZIO
Avevamo falciato nelle erbe e nei fiori alti una striscia dove far camminare i bambini, vestiti di bianco, che agitavano gli incensieri. Gli incensieri colpivano un papavero, lo appassivano, poi ripassando, inseguivano un’ape e un calabrone, colpivano un garofano selvatico, tornavano in senso opposto strappando uno stelo.
Tanti odori si mescolavano, terra, fieno fresco, fiori, incenso, sole.
Da lontano il corteo scintillava e fumava, sovrumano, fioritura in cammino, passeggera, silenziosa.
Un orco avrebbe potuto, dovuto strangolare questi bambini, lasciar scorrere il sangue, tingere la terra, stupire lo spazio con un grande delitto. Ma non c’era nessun orco.
Un Dio, lentissimo, crudele, stralunato, risoluto, che schiaccia le sue viti, insozza le sue sorgenti, pieno di sonno e d’invidia. Lasciò sciogliere il corteo, la sua pestilenza in agguato, sicuro di vincere.
3.
Il BRUCO SULLA ROSA
Forse è giunto il tempo di uscire dall’infanzia e dal sogno.
Ecco la realtà.
Non si tratta più di occhi che chiacchierano in cima al tetto, lampi nel loro astuccio di pelle. Non si tratta più di parole che incidono una scala attraverso il cielo. Ma di riconoscere questo corpo, respirare questa aria e accettare: ecco la fuliggine del fuoco, ecco l’amara bevanda.
Allora, mani mie, fatevi coraggio, scendete dal fiore allo strumento e tu, anima mia, fragile uccello in cima al ramo, conserva le tue ali non per fendere il cielo, ma la terra.
E’ giunto il tempo di prendere il corpo della donna, farla uscire dagli abiti e di non rattristarsi vedendola in mezzo a loro come un bruco su una rosa.
E tu, larva, anche tu esci dalle foglie, sii nuda, il momento è questo. Affonda il tuo piacere in questa forra, mordi il balbettìo, tocca le fonti del latte.
(da: DEMAIN LA NUIT SERA PARFAITE, Rougerie, 1954)
4.
Non morire. I morsi della terra sono così crudeli che ho bisogno, per le ferite, delle tue mani.
Trattieniti dal morire. Consérvati per me. Non accettarti seme lamentoso, cieco, sparso tra i semi sterili.
Accetta la frusta dell’aria e la ruggine devastata, accetta la mia presenza e di nuovo, dopo, la morte senza occhi.
Accetta gli anni, la spirale delle stagioni, la vertigine delle piante che si disperano, riprendono speranza e finiscono nel fuoco.
Sii pianta, ritorna viva, e insieme, entriamo nel fuoco.
Condividiamo il sole, mangiamo la terra, beviamo la lenta cicuta.
Non ridiamo più. Guardiamo a lungo la bruttezza prima di consumarla e l’assurdo prima di ammetterlo.
Adesso non ci sarà gioia se non nel vino e nel ballo finché non potremo più bere né ballare.
Le giovani saranno solo figlie e non più amanti e le faremo sposare a gente noiosa e il ciclo della noia perfetta di nuovo ricomincerà fino alla fine dei secoli.
(da: LE PLUS DOUX POIGNARD, Chambelland 1971)
Alain Borne, nato nell’Allier nel 1915, ha trascorso la maggior parte della sua vita nella cittadina di Montélimar, svolgendo la professione di avvocato. Compagno e amico di Pierre Seghers e di Louis Aragon durante l’occupazione nazista, è autore di una ventina di raccolte di poesia, tra cui si ricordano: CICATRICES DES SONGES, TERRES DE L’ÉTÉ, POÈME À LISELEI, L’EAU FINE e ENCRES. E’ stato riconosciuto in Francia come uno dei poeti più autentici del dopoguerra. E’ morto in un incidente d’auto nel 1962, lasciando una copiosa opera postuma, di cui presentiamo queste brevi prose. Alain Borne è ancora inedito in Italia. Lucetta Frisa ne sta curando un’antologia personale. Alcune poesie di ENCRES sono apparse in “La Mosca di Milano”, n.16 e in seguito appariranno anche in “Carte allineate”.