24/02/08

Roberto Bugliani, APPUNTI: ROBERTO NATALE

La poesia di Roberto Natale si istituisce su una sorta di commistione che vede la sua poesia di radice ligure lavorata (o, per dir così, contaminata) da un verso di ascendenza lombarda (penso soprattutto a Sereni), e il tutto composto a Roma, città dov’egli da tempo si è trasferito e dove lavora come sceneggiatore. Del resto, è proprio il lavoro di sceneggiatore a conferire alla poesia di Natale il particolare taglio stilistico, come fa ha fatto rilevare Spartaco Gamberini nella Prefazione alle POESIE 1939-2001 dell’autore (Roma, Arlem, 2001), individuando nella “educazione alla sceneggiatura” la misura ultima dello stile poetico di Natale.

Ma è con l’ultima sua produzione, ossia con il poemetto IL SISMA (Lecce, Manni, 2005), che si definisce, come nella cristallizzazione di un precipitato, ciò che nelle opere precedenti formava le singole partiture della polifonia del viaggio e della ricerca (in chiave esistenzial-politica), terzo movimento della trilogia del viaggio (geografico e/o temporale) e del nostos costituita dalle raccolte: LA FOCE DEL FIUME (1993) e LO SPARIGLIO (1997). A queste, si può aggiungere la raccolta mista, di versi e prosa, STORIA DI FAMIGLIA IN SCENE (1998), giacché si tratta pur sempre di un viaggio, quello nel ventennio fascista affrontato a partire da ricordi familiari, e supportato da una serie di fotografie (le “scene”, per l’appunto) dell’epoca.

In ogni caso, la tematica del viaggio in Natale mi sembra si possa iscrivere a ciò che il filosofo francese Alain Badiou ha chiamato con la parola greca anabasi, ossia erranza e ritorno; ritorno che “prima dell’erranza non esisteva come strada del ritorno” (Milano, Feltrinelli, 2006). Viaggio, dunque, che, nel caso del SISMA, si presenta con coordinate alla volta geografiche e metrico-ritmiche sue proprie (alla irregolarità, sia pur relativa, del verso libero delle raccolte precedenti, subentra qui l’ossatura regolare degli endecasillabi di fattura dantesca), ed effettuato in un’epoca in cui la letteratura sembra non avere più niente da aspettarsi dal viaggio.

Iniziata in età moderna con il “folle volo” di Ulisse della COMMEDIA, l’esperienza “di retro al sol”, sostenuta dalla scoperta di nuove terre, ha esaurito nel XX secolo la propria funzione conoscitiva, inizialmente consegnata all’esortazione di Ulisse: ”fatti non foste a viver come bruti / ma per seguir virtute e canoscenza” (INF., XXVI, 119-20). Di modo che un nuovo tipo di esperienza (o Erlebnis), quella del lavoro salariato, è subentrata a contaminare irimediabilmente ogni altro sentire, riducendo a un “morto possesso” (Benjamin) il vissuto, come emblematicamente attestano i versi del poemetto pavesiano I MARI DEL SUD (in particolare i vv. 100-04).

Ora, se le dimensioni dell’alienazione e dell’estraniamento introdotte dal lavoro salariato rappresentano i vettori “conoscitivi” propri del viaggio tardo-moderno, saranno appunto siffatte premesse a condizionare il viaggio del reporter televisivo e della sua compagna nel SISMA. Viaggio configurato fin da subito come ricerca della verità (“verso un vero”; I, 11) effettuata attraverso un movimento continuo di approssimazione (cfr. I, 20-21), e che avviene in un’epoca cruciale corsa da segni di decadimento e di mutamento molto forti, un’epoca infernale che accoglie nelle sue Malebolge nuovi soggetti collettivi: tali sono i terremotati della sequenza XI; i cassaintegrati di XII; gli inviati speciali e i rampanti uomini d’affari di XIV; la schiera dei padroni e boss che si credono dio di VI; l’industriale di XIII, ecc.

Confrontato con quello della COMMEDIA, l’inferno del SISMA è del tutto anomalo, a causa della natura squisitamente etico-politica del viaggio di ricerca intrapreso dall’io poetante che ri-orienta l’experientiam rerum del poema dantesco attraverso il supplemento d’animo e di sentire conferito al reporter-io narrante dal tempo storico in cui si trova a vivere dopo il sisma politico che ha causato il crollo di muri e l’implosione di paesi già lesionati da un pezzo, che il poemetto replica attraverso il sisma insieme realistico ed allegorico di Assisi del maggio 2001. E a questo livello il poemetto di Natale aggiunge un’altra tessera storico-formale al mosaico di riprese, scarti, contrapposizioni che configura il particolare rapporto di certa poesia postmoderna con la tradizione della poesia allegorica.