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A cura di / Ed. Roberto Bertoni.
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ISSN 2009-7123
09/09/07
Gabriella Turnaturi, TRADIMENTO. L’IMPREVEDIBILITÀ DELLE RELAZIONI UMANE
[Insect. Foto di Marzia Poerio]
Vari operatori intellettuali contemporanei hanno tentato di ridefinire non solo gli atteggiamenti e i comportamenti normalmente ritenuti campo proprio della sociologia, quali le collocazioni di classe, gli intrecci tra individuo e collettività e così via, bensì anche altri aspetti, normalmente ascritti alla vita privata e alla psicologia, in un incontro interdisciplinare crescente e fertile tra distinte scienze umane e sull’onda della mutazione che pare si stia verificando, per lo meno nell’Occidente tardomoderno, nel campo dei sentimenti e delle emozioni. Si pensi alle idee di Bauman sull’“amore liquido”, o alle “narrative di vita molteplici” studiate tra gli altri da Giddens, per ricordare solo due degli studiosi che si sono occupati di campi paralleli a quelli tradizionali.
In tale ambito, alcuni anni fa, troppi per proporre una recensione vera e propria, ma non tanti da non vederne ancora l’attualità, il volume di Turnaturi (Milano, Feltrinelli, 2000) punta l’attenzione sul tradimento, proponendosi di interpretarlo in chiave sociologica e come interazione tra due individui o gruppi che hanno creato una condivisione, un “noi” che viene spezzato.
Nei rapporti d’amore e d’amicizia il tradimento può tendere al “mantenimento della relazione” (p. 24), invitando a una ridefinizione di tali rapporti.
“Perché vi sia tradimento bisogna che esso sia percepito e definito come tale da chi è tradito o da chi tradisce” (p. 28).
“Il tradimento è il luogo dell’asimmetria tra le nostre aspettative e la realtà” (p. 32).
La fiducia assoluta e la necessità di lealtà totale dell’adolescenza fanno sì che in questa fase della vita il tradimento venga percepito come tale in casi anche minori come un segreto svelato o una mancanza da parte di amici, ma a meno che non si siano sedimentati come traumi, questi aspetti risultano meno gravi nell’età adulta. Turnaturi fa qui riferimento a Hillman, all’idea di perdere la fiducia primaria e imparare anche a non fidarsi. Il tradimento così diviene parte della crescita e del processo di socializzazione (pp. 35-36).
Tra i tradimenti esemplari in sede storica, l’autrice esamina soprattutto Giuda rispetto a Gesù e il duca di Essex rispetto alla regina Elisabetta; e vede il passaggio teorico verso le concezioni moderne del tradimento in quanto opportunità senza giudizio di condanna, anzi il contrario, in Machiavelli.
Nella tarda modernità il tradimento è diventato più frequente e considerato poco grave, anzi talora non sottoposto a stigmi etici di alcun tipo. Sulla scorta di Sennett, secondo il quale “diminuisce la possibilità di fondare rapporti fiduciari, di sviluppare lealtà e affezione sia verso le singole persone sia verso le organizzazioni e le istituzioni” (p. 127), Turnaturi rileva che si ha una possibilità di tradire più frequente: “il tradimento diventa più diffuso, più accettato e socialmente sdrammatizzato” e “sembra non ricadere in alcun giudizio morale, perso nell’indifferenza […], considerato uno fra i tanti modi di comportarsi” (p. 130); si assiste a una “perdita di rilevanza sociale del tradimento coniugale e del tradimento della fiducia” (p. 131).
Ciò è accresciuto da nuove occasioni di tradimento tramite Internet, ma “già nel modo reale sembra che non ci sia più bisogno di nature leali?” (p. 137).
Non troppo retorico, purtroppo, pare allo scrivente questo interrogativo di Turnaturi in tempi inquietanti come quello attuale.
[Roberto Bertoni]