In PSICHE E TECHNE. L'UOMO NELL'ETÀ DELLA TECNICA (Milano, Feltrinelli, 1999), Galimberti sostiene che la soggettività nell'era attuale perisce in quanto "soggetto che, a partire dalla consapevolezza della propria individualità, si pensa autonomo, indipendente, libero fino ai confini della libertà altrui e, per effetto di questo riconoscimento, uguale agli altri" (p. 43).
Sul piano dell'identità, "l'individuo non riconosce la sua identità, ma solo l'appartenenza al gruppo cio cui si identifica" e le sue azioni "non sono più leggibili come espresioni della sua identità, ma come possibilità calcolate dall'apparato tecnico, che non solo le prevede, ma addirittura le prescrive nella forma della loro esecuzione" (p. 43).
L'"autenticità", l'essere e conoscere se stesso prescritto dall'oracolo di Delfi, diventa una forma patologica, centramento di sé, scarto adattamento, senso di inferiorità, ecc. (p. 658).
Si dà "il naufragio dell'identità individuale nella pubblicità dell'immagine" con una caduta di "distinzioni tra interiorità e esteriorità, profondità e superficie, attività e passività" (p. 658).
La "parola diffusa" dell'informazione abolisce la "parola nascosta" della "comunicazione"; "la nostra identità è ormai fuori di noi", l'anima si esteriorizza (p. 659) e si "depsicologizza" (p. 661). Nel "rumore del mondo" si ha una "perdita di interiorità" (p. 663).
Così, dunque, oggi siamo?
[Roberto Bertoni]