12/08/07

Wendy Griswold, SOCIOLOGIA DELLA CULTURA

Titolo originale: CULTURES AND SOCIETIES IN A CHANGING WORLD (1994, revised edition 2004). Traduzione italiana di Marco Santoro, Bologna, Il Mulino, 2005.


Partendo da concetti ormai stabilizzatisi e travasati dall’antropologia in altre scienze umane, è forse Geerz, più di altri studiosi citati nel primo capitolo da Griswold, a proporre, nel 1973, una definizione complessa e tuttora valida di “cultura”: “un modello di significati trasmesso storicamente, significati incarnati in simboli, un sistema di concezioni ereditate espresse in forme simboliche per mezzo delle quali gli esseri umani comunicano, perpetuano e sviluppano la loro conoscenza e i loro atteggiamenti verso la vita” (p. 24).

Oltre a fornire un manuale piuttosto agile per studenti della materia, il volume di Griswold introduce, per rappresentare ed esporre il campo concettuale esaminato, il diagramma del “diamante culturale”, ovvero un rombo con quattro elementi: “gli oggetti culturali” proiettati nel “mondo sociale”, prodotti da “creatori” per i “ricevitori” (p. 31).

Gli oggetti culturali, definibili come “significati condivisi incorporati in una forma” (p. 26), sono collegati all’interno dei contesti e visti come prodotti più collettivi che individuali, dotati di significati simbolici vari e anche ambigui, nati come riflesso della società ma a loro volta in grado di influenzare la compagine in cui si determinano. Se da un lato, dunque, come nella tradizione marxista, la cultura è “specchio della società” (p. 42), è anche vero che il mondo sociale, come sostiene Weber, riflette la cultura (p. 39).

Sulla scorta di Durkheim, ed esemplificano principalmente dall’ambiente del blues ai tempi di Bessie Smith, Griswold elabora una concezione della rappresentazione collettiva, all’interno della quale l’individuo ha un’evidente funzione, ma che non si esprimerebbe se non si incontrassero aspetti di interazione simbolica, subculture, trasformazioni sociali, innovazioni.

Vengono esaminati aspetti quali l’industria culturale, il postmoderno, l’identità: quest’ultima interpretata, nel periodo attuale, come “costruita”e flessibile, variabile, mutante (p. 143).

Nelle pagine dedicate alla globalizzazione, appare visibile il paradosso secondo il quale l’omogeneizzazione mondiale coesiste con la varietà dei modi di essere personali e di gruppo; il villaggio globale convive con le comunità impostate come “nicchie culturali” (p. 214).


[Roberto Bertoni]